giovedì 13 marzo 2003

La Repubblica 13.3.03
GIOVEDÌ, 13 MARZO 2003
Edizione di Milano Pagina IX
L´INTERVENTO
Un compromesso tra pessimismo e orgoglio
La psichiatria da salvare

Il recente articolo di Franco La Spina e la risposta del dottor Mencacci sulla psichiatria ci hanno lasciato l´impressione che nè la visione senza speranza del primo né quella orgogliosamente ottimistica del secondo corrispondano alla reale complessità e problematicità dell´attuale fase di sviluppo della psichiatria, in particolare a Milano. In entrambi gli interventi viene infatti trascurato che gli psicologi, gli educatori, gli infermieri e gli assistenti sociali - insieme agli psichiatri - debbono tuttora essere tutti considerati parte essenziale di uno strumento di lavoro irrinunciabile, l´équipe multiprofessionale, che corrisponde ad un necessario approccio multidimensionale e integrato alla complessità biopsicosociale della sofferenza mentale.
Ci sembra dalle loro parole che, nell´azione di tutela della salute mentale, la posizione centrale non sia più occupata dall´équipe, bensì dallo psichiatra. Crediamo che si stia così realizzando una progressiva psichiatrizzazione del vasto campo della salute mentale, dove lo psichiatra si confronta sempre più spesso solo con se stesso e, con difficoltà, solo con gli interlocutori “esterni” (le associazioni di famigliari ecc.).
La monocultura psichiatrica, lasciata a se stessa, è esposta, anche secondo gli psichiatri più avvertiti, al rischio che prevalgano approcci ancora più ristretti(ad esempio quelli biologici), che indicano nel farmaco, più o meno ben proposto al paziente, come l´intervento di elezione, rispetto al quale il resto dell´attività è puramente accessorio.
Non solo. A quest´approccio riduttivo, che rinuncia alla possibilità di una presa in carico effettiva e globale del paziente in relazione a tutti gli aspetti compromessi della sua esistenza, corrisponde, il ricorso sempre più diffuso – e costoso - al ricovero in strutture residenziali che, a sua volta, porta alla separazione definitiva del paziente dalla sua rete di rapporti sociali e familiari. Riteniamo pertanto che questa pratica della psichiatria vada interrotta e corretta. Occorre attuare un profondo ripensamento nel campo della assistenza alla sofferenza mentale, sulla base di una ri-valorizzazione delle diverse componenti professionali presenti, attraverso un lavoro centrato più sui progetti che responsabilizzino le figure più idonee a condurli e meno sulle singole strutture (che si stanno ormai ipertrofizzando e irrigidendo).
Roberto Bergonzi (Ordine degli psicologi), Franco Merlini (Associazione unitaria psicologi italiani), Riccardo Telleschi (Società italiana di psicologia clinica e psicoterapia)