venerdì 13 giugno 2003

il manifesto 13.6.03
Un libro-osservatorio sul dolore psichico
Oggi a Napoli, la presentazione del volume di saggi sugli «Stati caotici della mente» edito da Cortina
Alberto Lucchetti

Se la psicoanalisi, per usare una notissima definizione freudiana del 1922, è «il nome 1) di un procedimento per l'indagine di processi psichici cui altrimenti sarebbe pressoché impossibile accedere; 2) di un metodo terapeutico (basato su tale indagine) per il trattamento dei disturbi nevrotici; 3) di una serie di conoscenze psicologiche acquisite per questa via, che gradualmente si assommano e convergono in una nuova disciplina scientifica», non è infrequente che le critiche nei suoi confronti oggi la bersaglino contemporaneamente su tutti e tre i versanti, anche perché fortemente solidali tra loro. Anzitutto, le sue «conoscenze psicologiche» resterebbero ancorate a una visione psicologista delle cause e dei meccanismi attraverso i quali si producono e si manifestano i disturbi mentali, non tenendo conto delle sempre maggiori e variegate evidenze di una dominante, che alcuni considerano schiacciante, del substrato neuronale e delle loro disfunzioni. Inoltre, il trattamento psiconalitico non terrebbe conto o si sottrarrebbe a una verifica empirica e oggettiva della sua efficacia terapeutica. Di conseguenza, la psicoanalisi non rappresenterebbe più uno strumento scientifico per la comprensione dell'agire umano. A dire il vero, già Freud ebbe modo di rispondere a queste critiche con argomentazioni tuttora valide, e del resto in qualche caso parzialmente condivise, a ragione, anche all'interno del mondo psicoanalitico: ad esempio, come non criticare un ingenuo riduttivismo al rovescio che trascuri i deficit percettivi, cognitivi ed emozionali che possono interferire con le relazioni primarie, o l'assunto secondo cui necessariamente un disturbo più grave coincide con un disturbo più precoce? Tuttavia questi rilievi possono oggi basarsi su nuove e interessanti acquisizioni neuroscientifiche, e forse alimentarsi a un diverso Zeitgeist, che sembra sempre più dissuadere l'essere umano dal confronto con la propria storia e la propria soggettività incarnata: una storia e una soggettività che sono impregnate di affetti, fantasie, parole, incontri, relazioni. È anche comprensibile come queste critiche, pur estendendosi al più canonico campo del trattamento psicoanalitico (nevrosi ossessiva, nevrosi d'angoscia etc.), riguardino in particolare quei disturbi mentali che più mettono in gioco registri basilari della costituzione dell'essere umano, o che più direttamente ne coinvolgono il substrato corporeo (cerebrale e non) o possono beneficiare di un trattamento farmacologico: come l'autismo, i disturbi depressivi, bipolari e schizofrenici, i cosiddetti disturbi borderline, psicosomatici e le dipendenze, specie quelle da sostanze.
In realtà queste critiche, benché rischino di sfociare, all'interno ed all'esterno del campo psicoanalitico, in una banale e ingenua liquidazione della psicoanalisi, e dunque dell'inconscio sessuale che abita l'essere umano (unica specie simbolica ed unico animale linguistico) costituiscono un'ottima occasione storica affinché la psicoanalisi, anche approfondendo il confronto con le altre discipline concentrate sullo psichismo dell'essere umano, focalizzi ulteriormente il proprio oggetto: ribadendo le possibilità esplicative e concretamente trasformative del proprio metodo, e dello specifico livello inconscio del funzionamento psichico cui esso permette appunto di accedere.
Anche per questa ragione appare opportuna la pubblicazione del volume Stati caotici della mente, curato da Luigi Rinaldi per Cortina - che oggi verrà presentato alla libreria Feltrinelli di piazza dei Martiri (ore 18) da Domenico Chianese, Giovanni Hautmann e Antonio Vitolo, insieme ad alcuni degli autori. Suddiviso in tre parti, «Modelli di comprensione», «Clinica e teoria», «Psicoanalisi e istituzioni di cura», raccoglie saggi di Arrigoni Scortecci, Barale, Berti Ceroni, Boccanegra, Borgogno, Conrotto, Correale, De Masi, De Sanctis, Ferruta, Hautmann, McDougall, Magrini, Milella, Petrì, Racalbuto, Resnik, Thanopulos oltre che dello stesso Rinaldi e prosegue la linea di indagine e approfondimento di due precedenti raccolte (anch'esse uscite da Cortina), dedicate al trattamento psicoanalitico della psicosi e agli apporti della psicoanalisi alla prassi psichiatrica.
Il libro, oltre a costituire un utile approccio all'attuale ricerca psicoanalitica su alcuni disturbi psichici, sia nella stanza d'analisi che nei contesti istituzionali di cura, cerca più in generale di fare il punto, da diverse angolazioni teoriche, sulla ricerca riguardo le cosiddette «aree asimboliche» della mente e sui problemi connessi alla comprensione e spiegazione dei processi di significazione e simbolizzazione umani, che la situazione analitica permette di osservare da una prospettiva che resta ineludibile. Come ribadiscono alcuni dei saggi, le particolari modalità in cui si svolge la relazione analitica si rivela, infatti, un potente apparato di simbolizzazione che prende ad oggetto i processi stessi di simbolizzazione, le loro lacune come i loro irrigidimenti e le loro impasse, e soprattutto le loro premesse e i loro fondamenti. Specialmente nei disturbi considerati nel libro, oltre e più ancora che una «regressione» del paziente (concetto che nei contributi di alcuni autori del volume è problematizzato e diversamente articolato), quel che viene richiesto riguarda un funzionamento simil-onirico di ricezione e di holding (sostentamento) sensoriale da parte dell'analista. Inoltre, spesso è utile l'apporto di un gruppo di psicoanalisti per ampliare l'area «sensibile» alla relazione col paziente, e forse perfino (come ci si chiede in uno dei contributi) un contatto corporeo, in condizioni molto particolari e limitate. In questo modo la situazione analitica può eventualmente catalizzare delle trasformazioni dando figurazione e significazione anche a ciò che non ne ha mai potuto avere, a causa di deficit che si sono prodotti, nel corso della storia di una persona, nel complesso intreccio tra le relazioni affettive e il funzionamento emozionale, percettivo e cognitivo.
I saggi del volume tuttavia non si limitano ad illustrare efficacemente particolari situazioni cliniche e a mettere in rilievo le possibilità di una trasposizione non piatta del setting analitico al di fuori della stanza di analisi (nel lavoro di un'istituzione e di una équipe di cura, nonché nelle attività riabilitative e perfino nell'urgenza psichiatrica), per definire le dimensioni essenziali che la cornice di ogni forma di trattamento deve avere. Descrivendo nella clinica alcune dinamiche psichiche e relazionali, i saggi ambiscono anche a delineare dei meccanismi patogenetici per alcuni dei disturbi mentali presi in considerazione. Resta però chiaramente assodato come non si possa parlare di causalità in senso stretto (lineare e unidirezionale) in un ambito, come quello dello psichismo umano, in cui tracce di particolari esperienze possono assumere significato e avere efficacia psichica causale e talvolta traumatica solo in un secondo tempo, quando vegono integrate ed elaborate in un diverso contesto significativo, e - come evidenziano alcuni saggi - acquistano una complessità solo eccezionalmente riducibile a una causa univoca.
Altrettanto ribadita è la necessità di preservare l'essenziale distinzione tra livelli di concettualizzazione e di spiegazione, nonché l'intricato crocevia «psicosomatico» che, come scritto in uno dei saggi, è «matrice della pulsionalità e quindi dell'integrazione del sentimento dell'esserci e del desiderio». Giacché la psicoanalisi si interessa proprio di questa articolazione, salvaguardandola da ogni tentativo di irrigidirla o collassarla in un senso o nell'altro, nonché delle sue turbolenze: che talvolta esitano appunto in un'organizzazione caotica della mente, angosciosa sia quando si rivela fragile che quando è refrattaria a ogni trasformazione.