venerdì 13 giugno 2003

ripubblicata la "bibbia della razionalità occidentale"

Corriere della Sera 13.6.03
L’«Organon» curato da Colli
I miracoli di Aristotele contestati da Bobbio
di ARMANDO TORNO

Non è facile spiegare in parole semplici cosa abbia rappresentato l’Organon (in greco strumento) di Aristotele, i sei libri dedicati dal filosofo greco alla logica. Si potrebbe dire, senza tema di esagerare, che queste pagine sono la Bibbia del ragionamento occidentale. Per duemila anni a esse è stata chiesta ogni possibile risposta; non c’è brano, segno, dubbio qui scritto che non sia stato discusso e commentato. Gli studiosi, tuttavia, non riescono ancora a stabilire con sicurezza la cronologia dei trattati; molti affermano che non rappresentano un tutto ordinato. Va anche aggiunto che la parola «logica» non acquistò il suo senso moderno che mezzo millennio dopo l’apparizione dell’Organon, grazie al commentatore Alessandro di Afrodisia; ma l’ambito degli studi poi chiamati di logica fu determinato dal contenuto di queste pagine. Il greco con cui è stato scritto l’Organon è, in numerosi casi, di una difficoltà che sgomenta. Già i chiosatori antichi ebbero perplessità nelle interpretazioni. Molte nascono anche dal fatto che al tempo di Aristotele mancavano due espedienti che poi verranno in soccorso ai logici per chiarire le loro asserzioni: le virgolette e la libera invenzione di termini astratti con cui isolare un significato. Per fare un esempio, basterà notare che Aristotele aveva un segno solo, ovvero anthropos, per rendere gli italiani «uomo», «la parola "uomo"», «umanità». È un problema che tormenta anche alcuni passi di Platone. I dubbi che assillano le pagine dell’ Organon entrano nelle traduzioni latine e si ritrovano nelle dispute medievali sugli universali. È pur vero che il filosofo usa talvolta l’articolo neutro , seguito da una parola, per designare proprio quella parola, ma non lo fa sempre.
Il ritorno in libreria di questa traduzione italiana - fu la prima integrale - dell’Organon, realizzata da Giorgio Colli per inaugurare i «Classici della filosofia» di Einaudi (una delle nostre migliori collane, in cui uscirono solo quattro titoli), va segnalato. Il merito è di Adelphi (pp. 1096, € 22). Il testo in questione non era scomparso, perché continuamente ristampato nella raccolta delle Opere di Aristotele di Laterza, ma in tale veste mancano le 300 pagine di note che corredano l’originale di Einaudi del 1955, indispensabili per capire le scelte di Colli (va precisato che Laterza stampò nella collana «UL» in tre volumetti quest’opera nel 1970, ma poi non la ripropose più con tutto l’apparato). Ora, dicevamo, Adelphi la ripubblica, aggiungendo anche il primo paragrafo dell’introduzione omesso nel 1955 (su invito di Norberto Bobbio, che con Colli e Felice Balbo dirigeva la collana) e la lettera che lo stesso Bobbio scrisse al curatore il 9 ottobre 1953 spiegando le ragioni del suo dissenso.
Due inediti che rivelano aspetti e sottolineano il valore dell’impresa. Colli, in queste pagine ritrovate nel suo archivio a Firenze, parla senza mezzi termini dei meccanismi della civiltà greca come qualcosa di «miracoloso». Soltanto così si spiega quello che Aristotele ha scritto e che i suoi discepoli riuscivano a capire naturalmente.
Ma il termine «miracoloso» all’inizio degli anni 50 suonò strano, anzi fuorviante. Bobbio, dopo aver qualificato il lavoro «prodigioso», «imponente», «sbalorditivo», notava nella missiva: «Quelle che mi sono piaciute meno, invece, sono le prime pagine della introduzione... Troppo spesso ricorre la parola "miracoloso" e quando si viene alla spiegazione le poche righe che vi dedichi sono a mio avviso inadeguate all’attesa che hai suscitato nel lettore...». Colli, diligentemente, tagliò i miracoli.
Noi osiamo aggiungere, in margine ai fogli inediti e a un’opera fondamentale ora restituita nella sua interezza, che Colli e Bobbio avevano entrambi ragione. I miracoli greco-pagani del primo si capivano tenendo conto del suo amore per Nietzsche, che di lì a poco si sarebbe sostanziato nel grande lavoro di edizione del filosofo. Per il secondo, per Bobbio, i miracoli avevano invece il retrogusto di incenso: non era il caso di evocarli in una collana laica di una casa editrice laicissima. Tutto qui. Resta però l’Organon, un’opera che prova l’esistenza anche di altri miracoli. Quelli non religiosi. A volte la ragione sa compierli.