venerdì 13 giugno 2003

caos e mente

Il Mattino 13.6.03
Caos e mente, la diffusione dei disturbi psichici più gravi
In un libro l’analisi dello stato della ricerca psicanalitica
di Antonio Vitolo

Instabilità catastrofica, freddo glaciale, disperazione bloccante, ogni passione spenta: ecco le dure componenti del disagio mentale più acuto, la psicosi. Con tale termine, due secoli fa, si designava un’animazione dell’umore, poi dalla fine dell’Ottocento si intese una disorganizzazione sia psichica, sia organica.
Gli psicotici appaiono disinteressati al mondo esterno, vivono cupi e separati, benché nelle guerre e nei disastri naturali mostrino spesso notevoli risorse di fattività e solidarietà. Talora si isolano nell’autismo. Ma, pur essendo la prova vivente dell’alienità, sono terrestri, di fronte a noi, con noi, dentro noi. L’eminente psicoanalista Frances Tustin sostenne addirittura che nella normalità sussistono sacche di autismo. Verosimile, ma quanti di noi sono disposti ad ammetterlo? Nella psicologia del profondo vige ancora il criterio democratico proporzionale, pertanto la risposta è: pochi e pensosi. Dopo Kraepelin, furono Freud, Jung, Eugen Bleuler a disserrare l’orizzonte, con un epocale salto del sapere e della cura. Poi Karl Abraham, Sandor Ferenczi, Melanie Klein, Qilfred Bion, Jacques Lacan, Donald Winnicott, Michael Fordham hanno disegnato una mappa della terapia. Oggi la questione psicotica richiede ancora e sempre infinito rigore, umiltà e attitudine simbolica.
Arriva in libreria, da Cortina editore, Stati caotici della mente, ideato e curato da Luigi Rinaldi, psichiatra, psicoanalista e docente, autore della fondamentale introduzione e di due accurati interventi, uno a quattro mani con Fiorella Petri. Il volume è maturo e complesso, lo stile chiaro e avvincente. Il libro sarà presentato stasera alle 18 alla Feltrinelli di piazza dei Martiri. Dalla nozione di caos, che aggiungo, per mia parte, discende dalla mitologia e dalla fisica, si dipana un filo teorico-clinico che attraversa le psicosi schizofreniche, i disturbi border line, le dipendenze. Nasce così un consistente breviario, prezioso per analisti, psichiatri, infermieri, studenti. Sullo sfondo vive la lezione di Franco Basaglia e Franca Ongaro Basaglia, che trent’anni fa produsse in Italia una svolta storica, ad onore della psichiatria italiana e mondiale: l’apertura delle porte manicomiali, fatta di coraggio e consapevolezza dei grandi, inevitabili rischi insiti nella visibilità delle basi della malattia mentale, attivi ben oltre la reclusione, il pregiudizio, le misure vessatorie, di una cura inquietante non meno della malattia. Può valere, in forma paradossale, quel che Freud scriveva del presidente Schreber, nel 1910 e che Sarantis Thanopulos premette al suo bel saggio: Ciò che era stato abolito dentro di noi, ritorna dal di fuori. L’angosciante, paranoico delirio del presidente Schreber, lo apparenta a Kafka, non a Hitler o Stalin, né ai dittatori telematici, pronti a minacce e ghigni stereotipi. E ciò accresce la solida dignità dei magistrati e di tanti esseri calpestati, svisati, zittiti, di cui Giorgia, l’attrice Jasmine Trinca, è buon esempio nell’epopeo filmica di M. Tullio Giordana, La meglio gioventù. Nel libro Anna Ferruta, Antonello Correale, Rinaldo de Sanctis, Francesco Barale e il curatore, guidano di fatto a ricondurre ai maiali, senza offesa per gli animali, la pertinenza originaria dell’elettrochoc di Bini e Cerletti e a Pasquale, paziente nel gruppo istituzionale di Rinaldi, il bisogno di lavorare e amare. E Luigi Boccanegra ben raffigura dell’analista che conduce il gruppo la funzione di filtro creativo (A.G. Gargani) sulla scia di Th. S. Eliot: alla fine dell’esplorazione / saremo al punto di partenza / sapremo il luogo per la prima volta.
È proprio l’origine il nodo della cura delle psicosi. Emblema di aridità e regressione sulla soglia mai varcata della parola e della rappresentazione ricorda Francesco Conrotto; tessera di negazione e morte, avverte Minà Arrigoni Scortecci; cripta fallace di sintomo somatico, afferma autorevolmente Joyce McDougall; turbolenza di chi non crea, né distrugge significazione, scrive uno dei padri della psicoanalisi, Giovanni Hautmann; antefatto di frontiere mobili come sabbie, ribadisce Agostino Racalbuto; prima e ultima roccia di chi sopravvive alla morte psichica, sostiene Franco Borgogno. Quanti clinici, tante prospettive: bisognose di una riconsiderazione delle ipotesi sulla psiche inconscia, secondo Franco De Masi, preoccupato con Rinaldi della deriva biologistica e delle scorciatoie cognitiviste e comportamentiste.