venerdì 1 agosto 2003

«Bellocchio portabandiera: Bertolucci e i grandi film Usa fuori concorso»

La Gazzetta di Parma 1.8.03
Bellocchio portabandiera
Bertolucci e i grandi film Usa fuori concorso

ROMA - Come sempre la visione d'insieme del cartellone della Mostra di Venezia - che sarà inaugurata il 27 agosto da Anything Else di Woody Allen (ovviamente fuori concorso) - fa oscillare tra eccitazione e smarrimento: tantissimi i titoli, molte le suggestioni e le attese, qualche delusione per mancati arrivi e la curiosità di scoprire il capolavoro ancora inedito.

Sono venti i film del concorso e portano in bella evidenza un'Europa ritornata a parlare con le sue tante lingue e cinematografie spesso ignorate nell'ultimo periodo dai grandi percorsi dei festival internazionali. A fianco di una generazione di maestri consacrati come il nostro Marco Bellocchio, il francese Jacques Doillon che ha girato in Marocco, l'israeliano Amos Gitai, il portoghese Manoel de Oliveira, la tedesca Margarethe von Trotta e l'inglese Michael Winterbottom, si affacciano nuovi talenti che parlano jugoslavo come Srdjan Karanovic, il francese come Bruno Dumont o Noemie Lvovsky, l'italiano come Paolo Benvenuti e Edoardo Winspeare. Altra novità da segnalare è che l'Asia, il cui cinema era dato per perduto a causa di un'epidemia capace di isolare un intero continente dal resto del mondo, porta in concorso invece due dei suoi talenti più attesi come il giapponese Takeshi Kitano e il taiwanese Tsai-Ming Liang.

Si potrebbe obiettare che per un solo film americano in competizione, peraltro firmato da un iberico come Gonzales Inarritu, sono tantissimi quelli fuori concorso. Ma questa non è una novità e sempre più spesso, per giudicare il lavoro di un direttore di Festival, è necessario guardare all'intero menu piuttosto che alle singole sezioni del programma. Altrimenti capita che anche nel giudizio su Venezia 2003 una sezione nominalmente alternativa come «Controcorrente» prometta più del concorso ufficiale. Qui infatti si sprecano i nomi famosi da Sofia Coppola a Lars von Trier, da Goutam Ghose a Ciprì & Maresco fino agli iraniani Jalili e Payami e ai veterani Raoul Ruiz, John Sayles e Peter Greenaway. Chi ha memoria dell'ultimo Festival di Cannes sa bene che la distanza critica tra attese e risultati può rivelarsi dolorosa. E quindi allo stesso modo, nel fare un bilancio preventivo della prossima Mostra di Venezia è opportuno non dolersi troppo delle assenze annunciate (Tarantino, Bergman, Angelopoulos, Virzì) perchè è assai probabile che il giorno di chiusura di Venezia il bilancio risulti radicalmente diverso dalle indiscrezioni della vigilia.

E' facile invece garantire che alla Mostra non mancheranno divi famosi e grandi interpreti tra Sean Penn e George Clooney, da Maya Sansa a Luigi Lo Cascio, da Catherine Deneuve a Tim Robbins, da Omar Sharif a Antonio Banderas, da Nicolas Cage a Woody Allen fino a Catherine Zeta-Jones e Nicole Kidman. In buona sintesi, almeno ad ascoltare i bene informati, la numero 60 sarà una bella edizione della Mostra in cui l'Italia rafforza il suo ruolo di «potenza emergente» senza imporre l'arroganza del padrone di casa visto che si limita a tre film in concorso (di cui due a «Controcorrente») più l'atteso ritorno di Bernardo Bertolucci fuori concorso con The Dreamers.

Se Marco Bellocchio pone di diritto un'ipoteca a un premio maggiore con Buongiorno, notte molti sostengono che le vere rivelazioni del programma potrebbero essere Pornografia di Jan Jakok Kolski o ancora il russo Andrey Zvyagintsev con Il ritorno. Più difficile infine tracciare una mappa e trovare la bussola all'interno della sezione «Nuovi Territori» storicamente rivolta alla sperimentazione, ai nuovi linguaggi, ai formati anomali.

Quel che appare certo, nel diluvio di titoli e autori sconosciuti selezionati per l'occasione è che si impone una via italiana al documentario, genere da tempo abbandonato ed ora riscoperto con reale passione dai più giovani talenti ai cineasti affermati come Wilma Labate o Giuseppe Piccioni o Vincenzo Marra. Questa si annuncia davvero come la novità dell'anno, almeno nell'ottica italiana, e potrebbe essere una buona ragione per far passare alla storia il cartellone della 60/a Mostra, capace di guardare al nuovo senza trascurare i valori della memoria come dimostrano il Leone d'oro a Dino de Laurentiis, il Premio Pasinetti assegnato dai giornalisti cinematografici a Luciano Emmer, il Premio Bianchi che andrà a Nino Manfredi e la grande retrospettiva «L'industria dei prototipi» dedicata ai produttori italiani del tempo che fu.