martedì 2 settembre 2003

Nietzsche

(citato al seminario del lunedì, ringrazio Paola D'Ettole)
Sole24ore Domenicale 31.8.03
Friedrich Nietzsche - Esce, a cura di Sossio Giametta, la traduzione delle opere del filosofo tedesco, dallo «Zarathustra» all'«Anticristo»
Contraddizioni da Superuomo
Ma il presunto colpo di grazia inferto al cristianesimo in realtà è caduto nel vuoto - Dando il meglio di sé in frammenti e aforismi, i suoi libri sono «una grande avventura della conoscenza e della morale all'insegna della negazione della conoscenza e della morale»
di Giovanni Reale

Escono, editi dalla Utet, due imponenti volumi contenenti opere principali di Nietzsche: La gaia scienza; Idilli di Messina; Così parlò Zarathustra (pagg. 728, 69,00); Al di là del bene e del male; Genealogia della morale; Crepuscolo degli idoli; L'Anticristo (pagg. 602, 57,00).
Il traduttore e curatore delle introduzioni e degli apparati è Sossio Giametta, ben noto agli studiosi, in quanto, a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso aveva tradotto numerosi scritti nietzschiani per la collana Opere di Friedrich Nietzsche diretta da G. Colli e M. Montinari delle Edizioni Adelphi: Umano, troppo umano; Richard Wagner a Bayreuth; La nascita della tragedia; Considerazioni inattuali e ben quattro raccolte dei Frammenti postumi, del 1984-1985, del 1985-1987, del 1987-1988, del 1988-1989. Di recente ha raccolto i suoi numerosi scritti su Croce, Schopenhauer, Nietzsche e altri filosofi nel volume I pazzi di Dio (Istituto per gli Studi Filosofi - La città del sole). Giametta ha quindi alle spalle decenni di esperienza e di lavoro, che gli permettono di dominare la materia, sia come traduttore sia come interprete, in modo egregio.
Nietzsche è un autore fra i più letti, anche da persone di differente estrazione e con differenti interessi, e di conseguenza interpretato nei modi più opposti, largamente frainteso e utilizzato anche per motivi politici blasfemi. Ricordo, ad esempio, che all'inizio degli anni Cinquanta, recatomi a Marburg per ragioni di studio, trovai in varie bancarelle moltissime opere di Nietzsche a costi irrisori. Il professore che mi insegnava la lingua tedesca e che mi accompagnava, mi spiegò che il nazismo imponeva la lettura del filosofo come essenziale per la formazione culturale. Di conseguenza, quelle opere venivano stampate a tiratura assai alta. Dopo la caduta del regime, gli acquirenti si erano molto ridotti di numero, e le bancarelle avevano ricevuto sottocosto un gran numero di quelle opere.
In realtà, si tratta di un autore il cui pensiero è fra i più difficili da intendere in modo convincente, e quindi da ricostruire. La qualifica che gli è stata data di è sotto un certo aspetto vera, sotto un altro fortemente deviante. La stessa cosa, infatti, sia pure in maniera più temperata, si potrebbe dire (ed è stata detta) anche di Platone. La poesia, infatti, in uomini geniali di questo tipo, ha una funzione e un valore altamente conoscitivo.
É vero che Nietzsche non ha scritto neppure un'opera sistematica. Jaspers diceva che le opere nietzschiane sono un Trummerhaufen, un «ammasso di frammenti». Ma le cose più belle egli le ha dette proprio in frammenti e in sentenze. Egli lo sapeva bene, e lo ha anche confessato con un elogio alla sentenza di questo tenore: «Una buona sentenza è troppo dura per il dente del tempo e non viene consumata neanche da tutti i secoli, benché serva da nutrimento a ogni epoca: in tal modo essa rappresenta il gran paradosso della letteratura, l'imperituro in mezzo al mutevole, l'alimento che rimane sempre apprezzato, come il sale, e mai, come persin questo, diventa insipido».
Solo con Heidegger si è incominciato a trattare il «paradosso» del pensiero di Nietzsche in modo adeguato, pur senza raggiungere interpretazioni definitive e condivisibili dal punto di vista storico-ermeneutico.
Intanto, proprio con Heidegger si può dire che i punti-chiave - o i «titoli capitali» come egli li chiama - del pensiero nietzschiano sono cinque: 1) il «nichilismo», 2) la «trasvalutazione dei valori», 3) la «volontà di potenza», 4) «l'eterno ritorno dell'uguale» e 5) il «superuomo».
Questi cinque concetti-chiave hanno fra di loro un nesso strutturale assai preciso, e precisamente il primo, ossia il nichilismo come svalutazione dei valori supremi, in connessione con la volontà di potenza, che è ciò che corrisponde al divenire delle cose (in senso eracliteo). «I valori e la loro trasformazione - scrive Nietzsche - stanno in rapporto con la crescita di potenza di chi pone i valori».
In questa ottica Heidegger e molti con lui ricostruiscono e interpretano il pensiero di Nietzsche in modo sistematico. Ma Giametta capovolge lo schema interpretativo: Nietzsche non va affatto inteso in modo filosofico-sistematico, perché non è un filosofo, ma è un moralista, un poeta-moralista, e quei concetti-chiave sopra indicati sono da considerare delle vere e proprie cadute e deviazioni. Giametta scrive: «Nietzsche era dotato non solo di ingegno, ma anche di genio. Come filosofo puro, cioè sistematico, non lo era: gli mancava quell'iniziativa e quell'inventiva in campo concettuale che fanno l'originalità e l'autonomia del filosofo. Le prove filosofiche che fu comunque costretto a fare - perché occupandosi di filosofia si sentiva costretto a riempire i vuoti che egli stesso produceva con la sua scepsi dissolutrice - furono un fallimento generale e degenerarono in cattivi miti (a cui molti nietzschiologi, che non sanno di essere dominati dagli idola theatri, ancora dedicano saggi e libri): il superuomo, l'eterno ritorno, la grande politica, la grande salute, la volontà di potenza e, nei suoi esiti ultimi, nefasti, anche la trasvalutazione di per sé geniale (per non parlare dell'"allevamento" e della "selezione matrimoniale"); furono, queste, escogitazioni risonanti, e caratterizzanti ma povere, o veri e propri traviamenti, indotti peraltro dalla cultura del tempo (evoluzionismo) e dalla crisi della storia».
Per Nietzsche, come per Pascal, bisognerebbe essere «moralisti», e non «filosofi».
Due sono le opere che Giametta ritiene particolarmente rivelative del pensiero nietzschiano. In primo luogo, Così parlò Zarathustra, che è «una grande avventura della conoscenza e della morale all'insegna della negazione della conoscenza e della morale». In secondo luogo e in modo particolare la Genealogia della morale. Quest'opera, secondo Giametta, si potrebbe paragonare allo scritto di Gorgia Del non essere o della natura. Mentre Gorgia rovesciava l'ontologia eleatica, Nietzsche rovescia in modo analogo i Pensieri di Pascal. La Genalogia della morale è il paradigma dell'antisistema nietzschiano. Giametta scrive: «Frutto di un profondo senso storico, di una genialità psicologica e moralistica senza pari, la Genealogia della morale è il colpo di grazia vibrato al cristianesimo già da secoli languente e ormai rinsecchito, non tanto come religione (al riguardo Nietzsche è ingiustamente violento e unilaterale) quanto come motore della bimillenaria civiltà succeduta a quella pagana antica».
Ma si tratta di un colpo di grazia che - a nostro avviso - sulla base del nichilismo nietzschiano cade nel vuoto: infatti, sul nulla non si può costruire nulla. Siamo convinti che - contro ciò che dice Nietzsche - valga ciò che T. S. Eliot ha ben rilevato: «Solamente una cultura cristiana avrebbe potuto produrre un Voltaire e un Nietzsche. Non credo che la cultura dell'Europa potrebbe sopravvivere alla sparizione completa della Fede Cristiana. E ne sono convinto non solamente come cristiano, ma come studioso di biologia sociale. Se il cristianesimo se ne va, se ne va tutta la nostra cultura. E allora voi dovrete ricominciare faticosamente da capo e non potrete indossare una cultura già fatta. Dovrete attendere che l'erba cresca perché nutra le pecore che daranno la lana di cui sarà fatto il vostro nuovo vestito. Dovrete attraversare molti secoli di barbarie. Non vivremo per vedere la nuova cultura, e neppure i nostri nipoti, né i loro nipoti: e quand'anche lo potessimo, nessuno di noi sarebbe in essa felice».