giovedì 30 ottobre 2003

Edoardo Sanguineti su Ulisse

Il Giornale di Brescia mercoledì 29.10.03
Edoardo Sanguineti al S. Barnaba
L’ARCAICO ULISSE CHE VIENE DAL NORD
COLLEZIONI DISPERSE
di Alberto Ottaviano


Inutile cercare in Ulisse anticipazioni dell’uomo moderno occidentale, scorgere nell’eroe di Omero l’interprete di una prima razionalità che tenta di emanciparsi dal mito, vedere nell’Odissea il prototipo del romanzo borghese. Le vicende omeriche avvengono in realtà in un mondo pre-logico, dove ancora non c’è coscienza dell’unità del soggetto; non c’è nulla di razionale nella metis (l’astuzia) di Ulisse, nulla che abbia a che fare con la logica. Addirittura - secondo l’ipotesi avanzata in un recente saggio - le vicende cantate da Omero sarebbero racconti di aedi scandinavi trasposti nel mondo mediterraneo: quanto di più lontano possibile quindi dalla linea di pensiero greco-romana poi sfociata nella razionalità dell’uomo dei nostri giorni. A stroncare qualsiasi valorizzazione della modernità di Ulisse è stato Edoardo Sanguineti, che ha tenuto ieri il quarto incontro dei Pomeriggi in San Barnaba dedicati all’eterno ritorno del mito. Con una densa relazione mantenuta decisamente su toni alti, il poeta e studioso - già protagonista della neo-avanguardia - ha compiuto una cavalcata lungo i sentieri delle interpretazioni di Ulisse, soffermandosi in particolare sul modo in cui l’eroe è stato proposto negli stessi poemi omerici, in Dante e in Joyce. Alla conclusione della conversazione di martedì della scorsa settimana, quando Eva Cantarella aveva parlato di Penelope, avevamo colto in qualche ascoltatore del San Barnaba una certa delusione, perché la relatrice - con alcune battute sulla fedeltà di Ulisse, con le sue ipotesi sugli ambigui comportamenti di Penelope - era parsa banalizzare la vicenda raccontata da Omero: insomma la Cantarella sarebbe stata troppo facile. Potremmo dire che quegli ascoltatori sono stati ieri accontentati: saltando da Adorno a Defoe, da Petronio a Pound, da De Sanctis a Giordano Bruno - e leggendo lunghe citazioni - Sanguineti ha messo a dura prova l’attenzione del foltissimo pubblico (qualcuno ha lasciato la sala in anticipo) con una conversazione di cui è decisamente difficile riferire tutti i passaggi. Il relatore comincia col confutare l’interpretazione che dell’Ulisse di Omero hanno dato Adorno ed Horkheimer: per i due esponenti della Scuola di Francoforte l’eroe sarebbe un anticipato trionfo del logos , l’espressione dell’illuminismo colto nel suo primo concretarsi, qualcuno che mette in crisi il mondo del mito; l’Odissea sarebbe così vicina al settecentesco romanzo di avventura. Ma una lettura romanzesca di Omero è assolutamente deformante,  contesta Sanguineti; non si può guardare a Ulisse come a un Robinson Crusoe. C ome parlare di moderno eroe della razionalità se nel mondo omerico ancora c’è un’assoluta inconsistenza del soggetto: soltanto a partire da Aristotele nascono
nell’antica Grecia le categorie razionali e muore il mondo magico. Dante poi, sottolinea Sanguineti, nel proporre il suo Ulisse
suscita nel lettore un meccanismo devastante e perfido, lo stesso meccanismo che si verifica per Francesca da Rimini nel celebre episodio. Il lettore finisce per commuoversi di fronte all’Ulisse del «fatti non foste a viver come bruti» e per essere anch’egli trascinato a superare le colonne d’Ercole, a violare i limiti per fondarsi sulle sole forze umane. Joyce, da parte sua, è interessato alla struttura del mito, ma del contenuto non resta quasi più nulla. L’Ulisse dello scrittore è in realtà un anti-Ulisse privo ormai di qualsiasi nostalgia per il mito omerico. Con Joyce, nota Sanguineti, l’eterno ritorno del mito si conclude per sempre. Il relatore chiude riferendo della suggestiva ipotesi, cui accennavamo all’inizio, avanzata nello studio di un ingegnere nucleare sulla geografia omerica: è una geografia che non corrisponde al mondo mediterraneo; è inutile cercare dov’era Troia. Il sospetto è che Ulisse venga dal Nord: Omero sarebbe l’espressione nel mondo greco di leggende della Scandinavia. Una conferma potrebbe venire dall’archeologia, ma scavando a Nord, dove aveva vita un mondo arcaico.