mercoledì 15 ottobre 2003

Henry Miller, un inedito

Corriere della Sera 15.10.03
Un testo inedito dell’autore di «Tropico del Cancro»: «Quale male ha fatto all’umanità l’atto genitale che non osiamo parlarne senza vergogna?»
La letteratura secondo Henry Miller «Perché la vera arte non è mai oscena»

di HENRY MILLER


Mi interessa la vita, tutta la vita, in ogni suo aspetto. E la vita che conosco meglio è la mia. Esaminando la mia vita, descrivendola nei dettagli, mettendola spietatamente a nudo, ho la sensazione di rendere la vita, potenziata ed esaltata, a coloro che mi leggono. E questo mi sembra un degno compito per uno scrittore, un compito nel quale ho degli illustri predecessori. È indiscutibile che il sesso sia una parte fondamentale della vita. È anche un fatto comunemente riconosciuto che il ruolo del sesso, o la sua importanza nella vita di una persona, vari da individuo a individuo. Il problema sembra essere: quanta parte della realtà della vita, per quanto attiene al comportamento sessuale, può essere utilizzata in letteratura? Forse non si tratta neanche di questo ma piuttosto del modo in cui viene introdotto l’elemento sessuale. In breve, forse la questione potrebbe essere formulata in questo modo: Esiste un modo giusto e uno sbagliato di trattare il sesso in un’opera d’arte? E questo ci porta immediatamente alla domanda successiva: Il modo giusto è quello del moralista, del censore, del poliziotto? Ossia, se volete, è lo Stato, attraverso i suoi legislatori, l’arbitro supremo di ciò che è giusto o sbagliato, buono o cattivo, in materia di arte?
A me sembra che l’unico presupposto su cui si basano le attività censorie dei nostri guardiani morali sia che accedere alla letteratura proibita potrebbe spingerci a comportarci come animali. Ma questo significa denigrare il regno animale. E al tempo stesso mettere in caricatura la passione, il maggiore carattere distintivo dell’uomo. La gamma delle passioni umane è quasi illimitata, può raggiungere vette e abissi impensati. E proprio perché abbraccia tali estremi, la passione è la pietra di paragone della nostra umanità, e forse anche della nostra divinità. Tra tutte le creature della terra l’uomo è l’unica il cui comportamento è imprevedibile. C’è in noi qualcosa di tutto il creato. Se ci viene tolta la libertà, anche in minima misura, ci sentiamo spiritualmente frustrati e menomati. È la piena consapevolezza della nostra natura complessa e l'integrazione della miriade di elementi di cui siamo composti a renderci completi, a renderci umani. La religione può fare di noi dei santi, o anche solo dei buoni cittadini; ma quello che ci rende uomini, quello che ci rende umani fino in fondo, è la libertà. È una parola terrificante, libertà, per coloro che hanno trascorso la vita intera con la mente in catene.
In un saggio intitolato «Su alcuni versi di Virgilio», Montaigne scrive: «Che male ha fatto all'umanità l'atto genitale, così naturale, così necessario e così legittimo, che non osiamo parlarne senza vergogna, e lo escludiamo dalle nostre conversazioni più serie e comuni? Abbiamo il coraggio di pronunciare parole come uccidere , rubare , tradire ; e quell’altra parola osiamo solo pronunciarla sottovoce? Significa forse che meno ne parliamo e più siamo liberi di riempirne i nostri pensieri? Perché è buffo che le parole meno usate, meno scritte e più soffocate, siano le più conosciute e le più universalmente comprese. Non c'è persona di qualsiasi età o inclinazione morale che non le conosca bene quanto conosce la parola pane ...».
Sono sinceramente convinto che la paura e il terrore che l'osceno ispira, soprattutto nei tempi moderni, nascano dal linguaggio utilizzato piuttosto che dall'idea. È come se avessimo a che fare con dei tabù primitivi. Il fatto che certe parole, certe espressioni che vengono spesso, anche se non sempre, collegate al sesso, siano considerate «proibite» è in fondo del tutto fuorviante. Anche le persone che restano scioccate, addolorate, ferite o inorridite davanti a questi simboli scritti probabilmente usano quelle espressioni nella lingua parlata. Tutti sentiamo queste parole «immonde», «volgari», «brutte» ogni giorno, dalla culla alla tomba. Come mai, allora, e perché, non ne siamo diventati immuni? Quali sono le proprietà magiche che possiedono e da cui non possiamo difenderci? Faccio rilevare che è in particolar modo contro il loro utilizzo nella letteratura che si levano le obiezioni dei benpensanti. Ma perché mai la letteratura dovrebbe essere più sacra della lingua parlata? Scrivere non è un altro modo di parlare? La gioventù viene corrotta - questo è il venerabile termine che tiriamo sempre in ballo - solo dal linguaggio osceno? I corruttori dei giovani sono stati accusati in tutte le epoche di tante cose, e così diverse tra loro, che è difficile immaginare che la lista di questi «mali» possa essere allungata. Ed è sempre contro lo spirito stesso della vita che queste accuse vengono dirette. Ma la vita, come è stato ripetutamente dimostrato, rifiuta di lasciarsi limitare e contenere da codici morali, da leggi o decreti di qualsiasi tipo. Ciò che governa la vita è lo spirito, e lo spirito dell'uomo, che è essenzialmente divino, rimane inattaccabile. (...)
Non è possibile, mi chiedo a volte, che esista un motivo più profondo per la messa al bando dei libri «immorali»? Ho osservato che in molti casi l'autore di un'opera «oscena» è un uomo di verità. Frequentemente ha fatto uso del suo linguaggio discutibile e «licenzioso» per denunciare i mali della nostra vita. Le sue verità scandalizzano perché la verità è sempre nuda. L'inganno e l'ipocrisia, così come appaiono spesso nel nostro tempo, sono capaci di provocare negli uomini onesti l'uso di un linguaggio aggressivo, sconveniente. A essere sinceri, io stesso trovo che nella vita esiste ben poco che possa essere considerato «ripugnante», a meno che si tratti di male puro, che è una cosa rara. Non riesco veramente a capire come un argomento, uno stile o una trattazione possano essere condannati in sé e per sé. Se la nostra vita quotidiana è piena di bruttezza, è inevitabile che vi siano uomini che la descrivono e la rivelano in tutti i suoi molteplici dettagli. La verità sulla vita non può essere soffocata, così come la diffusione della conoscenza. L'unica cosa che la censura può sperare di ottenere è di rimandare l'inevitabile. Perché i libri, come tutte le altre cose di questo universo, vengono creati per rispondere alle nostre necessità, quelle più profonde. Appartengono allo spirito del tempo. Il pensiero torna sempre a galla. Se non riesce a venire alla superficie, attraverso i vari mezzi dell'arte, scaverà nel profondo, seguirà canali sotterranei e alla fine contaminerà le sorgenti stesse della vita. Inoltre, è abbastanza improbabile che le idee, per quanto ripugnanti, siano il prodotto di pochi individui mostruosi. Le idee sono nell'aria, come si dice, e l'artista non fa altro che usarle. È un fenomeno molto curioso anche il fatto che la cosiddetta letteratura oscena sia la più resistente di tutte le forme letterarie. Esiste dai tempi più antichi, e resiste, senza alcuna protezione, senza tanto baccano, nonostante tutto quello che si dice su di essa. C'è solo un altro tipo di letteratura altrettanto durevole, ed è quella che riguarda l'occulto. La prima evidentemente risponde a un qualche bisogno vitale, che non è possibile estirpare malgrado tutti i tentativi moraleggianti e di criminalizzazione, mentre la seconda risponde a quel senso del mistero che c'è in noi e che nessuna spiegazione scientifica o religiosa soddisferà mai.
Ogni giorno, nella foresta, nelle fattorie, sottoterra, nell'aria, in ogni angolo del nostro pianeta, le creature di questa terra, così come gli uomini e le donne, si abbandonano all'atto sessuale, e, se dobbiamo credere a uno scrittore come Rémy de Gourmont, spesso in modi che ci sconcerterebbero. L'unico linguaggio verbale con cui è ammesso descrivere questo stato di fregola cosmica è, attualmente, quello scientifico. L'allevatore di bestiame può scrivere i suoi opuscoli e trattati; il medico può raccontare in dettaglio i suoi casi di psicopatia; l'antropologo può descrivere le sue ricerche sulle abitudini sessuali dei popoli primitivi - ma al semplice scrittore di narrativa, a chi vorrebbe descrivere la vita che lo circonda in modo completo e libero, è vietato parlare. Eppure è il solo che può scrivere in modo appassionato e significativo, l'unico che è veramente distaccato, spiritualmente libero, che vede la vita nella sua interezza e può dunque essere onesto, veritiero, allegro e in fondo terapeutico .
(traduzione Bruna Tortorella)
Il testo qui pubblicato, inedito in Italia, è tratto dal volume: Henry Miller, «Una tortura deliziosa. Pagine sull’arte di scrivere», edizioni minimum fax, pagine 303, euro 9, in libreria in questi giorni