mercoledì 12 novembre 2003

recensioni: mente e corpo

(ricevuto da Paola D'Ettole)

Il Sole 24ore, Domenicale del 9.11.03
La materia dell'anima - Non è stato solo un "errore di Cartesio". Tutta la filosofia occidentale ha privilegiato le facoltà intellettive dell'uomo
Così il pensiero prende corpo
Oggi il soggetto e l'identità personale sono entità studiate a partire dal cervello e dall'intera costituzione fisica e neuronale
di Nicla Vassallo


"Dunque, lo spirito e il corpo sono realmente distinti. E bisogna osservare che io mi sono qui servito della onnipotenza di Dio per trarne la mia prova; non che vi sia bisogno di qualche straordinaria potenza per separare lo spirito dal corpo, ma perché, non avendo trattato che di Dio nelle proposizioni precedenti, non potevo trarla altro che da lui. E non importa da quale potenza due cose siano separate, purché noi conosciamo che sono realmente distinte". Chiudendo in questo modo le repliche alle seconde obiezioni rivolte contro le Meditazioni metafisiche, Cartesio ribadisce un punto cruciale e critico del suo pensiero: il dualismo mente/corpo. Non per nulla il suo ultimo lavoro filosofico, Le passioni dell'anima, rappresenta il tentativo di comprendere definitivamente come il dualismo possa consentire l'unione fra la mente e il corpo. Un tentativo che doveva tormentarlo: lo attesta anche la sua corrispondenza sia con la principessa Elisabetta del Palatinato (particolarmente insoddisfatta delle risposte cartesiane), sia con la regina Cristina di Svezia (che poi lo invitò a Stoccolma, obbligandolo a discuterne ogni mattina alle cinque). A partire da Cartesio, molto si è scritto sul problema mente/corpo, al punto che quasi tutti i filosofi moderni e contemporanei si sono schierati a favore o contro il dualismo. E non lo hanno fatto solo i filosofi, ma anche gli scienziati: si pensi, ad esempio, all'antidualista Antonio Damasio, osannato dal grande pubblico (e non solo) per i suoi volumi L'errore di Cartesio, Emozione e coscienza e Alla ricerca di Spinoza (tutti pubblicati da Adelphi).
Nonostante le incursioni degli scienziati nel dibattito, il problema della distinzione tra sostanze mentali e sostanze fisiche è stato prevalentemente discusso in filosofia della mente, una disciplina che si interroga sulla metafisica della mente, sull'epistemologia della mente e sui fenomeni mentali e che, quando ha rivolto un'attenzione al corpo, l'ha spesso limitata a una delle sue parti, il cervello. Oggi la filosofia della mente ha conquistato una posizione privilegiata nel panorama intellettuale, mentre assai raramente si sente parlare di "filosofia del corpo". Tutta colpa di Cartesio? Direi di no. Come già notava Nietzsche nella Genealogia della morale, la svalutazione del corpo a favore della mente è un tratto peculiare di tutta la cultura occidentale: essa, fin dalle sue origini, ha imposto alla filosofia una tendenza quasi ascetica, in cui si accordano molteplici privilegi alla ragione, mentre si denigrano il corpo, le sue funzioni, i suoi piaceri. Si tratta, sempre secondo Nietzsche, di un tratto fanciullesco, e quindi non sorprende leggere in Così parlò Zarathustra che "il risvegliato e il sapiente dice: corpo io sono in tutto e per tutto, e null'altro; e anima non è altro che una parola per indicare qualcosa del corpo".
Da qualche tempo, si stanno superando questi tratti fanciulleschi e la riflessione filosofica sul corpo sta acquisendo la dovuta importanza, grazie alla concomitanza di diversi fattori: ci si chiede sempre più di frequente cosa distingua un essere umano da un computer; si sviluppa un crescente interesse per il problema dell'identità personale (si veda, per esempio, il bel volume di Michele Di Francesco, L'io e i suoi sé. Identità personale e scienza della mente, Cortina); si assiste a una rivalutazione (anche in ambito analitico) del pensiero di Merleau-Ponty; la letteratura sulla filosofia delle emozioni è in continua espansione; l'impostazione femminista sul sesso, sul genere e sul cosiddetto embodiment (quest'ultimo oggi discusso in molte discipline, tra cui anche le "computer sciences") sta conseguendo risultati significativi; in filosofia della mente si accendono discussioni sulla mente incorporata o estesa.
Un quadro utile e stimolante di questa situazione è ben condensato nel breve volume curato da Mike Proudfood, in cui filosofi di prestigio (Quassim Cassam, Max de Gaynesford, Alison Adam, Sean Kelly, Hubert Dreyfus, Iris Marion Young, Michael Brearley) si interrogano sulle conseguenze teoriche dell'embodiment degli esseri umani, con una prospettiva aperta che, pur mescolando impostazione analitica e continentale, si attiene al rigore argomentativo. Ci si chiede sostanzialmente "qual è il ruolo che dobbiamo assegnare al corpo?" (domanda di sicuro interesse non solo per i filosofi, ma anche per medici, psicologi e sociologi, considerata quell'ossessione generale per il corpo che governa la nostra epoca; una buona lettura in proposito è il romanzo Il corpo di Kureishi, uscito presso Bompiani) e si cerca di rispondere alla domanda analizzando l'impatto del corpo sull'io, le percezioni, le intenzioni, le azioni, la sessualità, oltre che su scienze quali l'intelligenza artificiale, la psicoanalisi e la sociobiologia.
The Philosophy of Body sorprende non solo per il numero di tematiche trattate, ma anche per la misura in cui si riferisce ad alcuni filosofi; ad esempio, Frege vi viene nominato tanto quanto Foucault, la cui "Storia della sessualità" avrebbe forse meritato una maggior considerazione; Evans vi ha lo stesso spazio di Sartre; Wittgenstein vi gioca una parte onorevole; scontate, invece, le discussioni delle tesi di McDowell e di Shoemaker. Ci troviamo comunque di fronte a un libro pionieristico che, come tale, oltre a parecchi pregi, presenta alcuni difetti, come la mancanza di contributi scientifici, o di capitoli incentrati sul ruolo del corpo in etica, in filosofia della medicina e in filosofia della religione. Si tratta di un difetto grave, ma perdonabile; a esso dovranno necessariamente rimediare altri volumi che il presente avrà collaborato ad alimentare, grazie alla sua chiara rivendicazione dell'imprescindibilità di una filosofia del corpo che, lungi dall'essere appiattita sulla sola filosofia del cervello, si nutre di tante diverse riflessioni.
A rimediare prontamente, seppur parzialmente, c'è ora un bel simposio internazionale "The Body and the Sense of Self", organizzato dalla Fondazione Carlo Erba. Vi si parlerà di biologia del corpo, di filosofie della corporeità, di rappresentazione teatrale del corpo, così come degli aspetti etici e religiosi della corporeità, in un clima multidisciplinare che vedrà intervenire famosi scienziati, filosofi, teologi, attori. Ciò suggerisce che la filosofia del corpo si sta rivelando (anche nel nostro Paese) una novità di considerevole interesse, grazie alla capacità di coagulare attorno a sé molte discipline: questa filosofia è destinata a trasformarsi in un solido terreno di confronto e a restituirci una visione dell'essere umano più ampia, ragionevole e attinente al senso dell'esistenza che andiamo cercando, rispetto a quella che ci idealizza come semplici menti disincarnate.

Mike Proudfoot (a cura di), "The Philosophy of Body", Blackwell, Oxford 2003, pagg. 130, € 17.99.
"The Body and the Sense of Self", International Symposium, Fondazione Carlo Erba, Centro congressi Fondazione Cariplo, Milano, 14 novembre 2003, www.fondazionecarloerba.org.