giovedì 11 dicembre 2003

Emanuele Severino

Corriere della Sera 11.12.01
L’INTERVISTA / Il filosofo: l’anima del nostro tempo non pone limiti all’agire dell’uomo, non mi piace ma è una tendenza inarrestabile
Severino: c’è il rischio degli opposti dogmatismi
«Alcuni laici e cattolici hanno la stessa logica: la volontà di trattenere per sempre nel nulla ciò che deve esistere»
intervista di Gian Guido Vecchi


«La logica dei laici, guardata con attenzione, finisce con l’essere la stessa dei credenti. Si confrontano due dogmatismi che non vedono ciò che accade. E come gli uni, ad esempio, sostengono che un essere malformato non debba nascere, così i cattolici dicono: se deve nascere con una procedura contraria ai principi della nostra morale, la fecondazione eterologa, allora è meglio che non nasca. Capito? L’opposizione fra questi due mondi è sottesa da una fondamentale omogeneità di posizioni». Il filosofo Emanuele Severino, 74 anni, come suo costume infrange gli schemi e punta alla radice, «si naviga in un groviglio di contraddizioni, e il nichilismo ne è l’orizzonte comune». Cerchiamo di dipanarle, professore. Lei ha detto che quanto sta accadendo è l’esito degli ultimi duecento anni di pensiero filosofico. In che senso?
«Si tratta di non tanto di vederne il volto, ma di scendere nella sua anima. Passare dalla superficie al sottosuolo. Se si resta al volto, allora si può credere che i "Valori", la "Natura", il pensiero tradizionale da Platone a Hegel ne esca vittorioso. Ma il sottosuolo terribile nel quale ci fanno scendere Leopardi, Nietzsche, Gentile e molte grandi correnti del Novecento mostra che Dio è morto, che non può esistere nessun ordinamento immutabile, nessuna natura immutabile, nessun limite all’attività dell’uomo: ecco l’anima del nostro tempo».
L’«orrendo volto della nuda verità» di cui parla Leopardi?
«Già, la filosofia del nostro tempo porta alla luce un risultato senza dubbio angosciante: morto Dio, autorizza la tecnica a procedere e manipolare a suo piacimento, senza tener conto alcuno di tutte le remore, i moniti, i limiti che la tradizione le rivolge - piaccia o no».
E a lei piace?
«Per niente. Se chiamiamo nichilismo la storia dell’Occidente, la filosofia contemporanea ne è la forma più forte e rigorosa. Ma il mio discorso è ben diverso, c’è una dimensione inesplorata del pensiero in cui tutto questo viene messo in questione. Solo che trovo vano, patetico che un intellettuale o un gruppo di intellettuali vogliano saltar fuori dal proprio tempo. È già tanto capirlo: c’è una tecnica che si serve dei valori del passato anziché servirli, ed è un processo i-ne-vi-ta-bi-le!».
Sarà, ma c’è una paura diffusa dell’«homunculus» goethiano, la tracotanza dell’uomo che vuol creare la vita...
«Oggi la gente può aver paura perché comincia a prendere coscienza di quanto le élites intellettuali hanno anticipato. Ma la paura non avrà mai la forza di far rivivere la tradizione, è un sentimento senza sbocco».
E i laici? Gli appelli degli scienziati? Loro avrebbero capito dove va il mondo?
«Per la verità, trovo che il laicismo contemporaneo si mantenga al volto, alla superficie del pensiero contemporaneo. Per dire "no" alla grande tradizione teologica non bastano i discorsi che la cultura laica sta facendo con eccessiva disinvoltura, come fosse una cosa semplice. Occorre fare i conti con la grandezza del passato e metterci lo stesso impegno di chi abita il sottosuolo del pensiero. E invece il laicismo è dogmatico quanto dogmatico è il mondo cattolico: non vede la potenza del pensiero che distrugge il passato, si limita ad aver fede nella morte di Dio ma non a pensarla, a fondarla».
Le contraddizioni di cui parlava nascono da qui?
«Chiaro. I laici dicono che un embrione non è un essere umano, punto. Troppo facile: se a determinate condizioni diventa un bambino, a differenza per esempio del seme d’un abete, se a questa potenzialità aristotelica credono tutti, allora sopprimerlo significa uccidere un essere umano, non ci piove».
E allora?
«Il discorso non è chiuso. Anche la Chiesa accetta l’omicidio in certe situazioni, la morte dell’individuo che difende la patria ingiustamente aggredita, il "sacrificio" in favore della comunità. Ma allora così è anche per gli embrioni: quando non servono per essere venduti ma a salvare altre vite, anche in questo caso si configura il sacrificio d’un individuo per la comunità, o no?».
In che cosa consiste, in fin dei conti, questa omogeneità fra laici e cattolici?
«Nella volontà comune di trattenere per sempre nel niente ciò che deve esistere. Vale per chi non crede in Dio. E per chi crede: anche il Dio cristiano trattiene nel niente ciò che non vuole creare. Però un individuo fisicamente malformato, o procreato contro la morale cattolica, sarà sempre più felice di esistere piuttosto che rimanere un nulla».