venerdì 16 gennaio 2004

Damasio su Spinoza
«la nostra mente si nutre di emozioni»

Repubblica 16.1.04
un saggio su Spinoza del neurofisiologo Antonio Damasio
LA NOSTRA MENTE SI NUTRE DI EMOZIONI

Il motore primario delle nostre reazioni al mondo esterno, le pulsioni come le definì Sigmund Freud, sono gioia e dolore
Le straordinarie intuizioni del filosofo olandese possono essere stimolanti anche alla luce delle scoperte scientifiche attuali
di FRANCO PRATTICO


Ancora una volta bisognerà ammettere (un´ammissione che potrebbe dare fastidio ad alcuni scienziati) che talvolta la filosofia fornisce alla scienza strumenti affilati per la sua indagine sul mondo. Anche se in questo caso si tratta di uno dei più grandi filosofi del Seicento, Baruch de Spinoza, che può essere considerato un padre dell´Illuminismo e del pensiero moderno europeo in generale, e di uno scienziato un po´ particolare, il portoghese americano Antonio Damasio, neurofisiologo e cognitivista, che dopo aver liquidato anni fa Descartes e il suo dualismo in L´Errore di Cartesio, sceglie adesso l´anticartesiano per eccellenza, Baruch de Spinoza, suo lontano compaesano (Spinoza discendeva da una famiglia di ebrei portoghesi, naturalizzati in Olanda) per costruire una originale riflessione su ciò che l´indagine scientifica, condotta con gli strumenti più raffinati delle neuroscienze moderne, può dirci sull´eterno problema del rapporto tra cervello e mente. E in quale misura le straordinarie intuizioni di Spinoza, che investivano anche appunto il rapporto tra mente e cervello umano - e che al filosofo seicentesco di Amsterdam fruttarono non solo la scomunica della comunità ebraica portoghese-olandese alla quale apparteneva, ma anche la condanna e l´interdizione di cattolici e luterani (i suoi scarsi libri, e in particolare l´Ethica, pubblicata postuma, poterono circolare liberamente in Europa solo nella seconda metà dell´Ottocento) - possono oggi essere illuminanti anche nel quadro dei risultati delle neuroscienze attuali, o almeno delle ipotesi di lavoro dello stesso Damasio.
In questo caso - ossia nel testo dedicato a Spinoza (Alla ricerca di Spinoza: emozioni, sentimenti e cervello, Biblioteca scientifica Adelphi, pagg. 424, euro 30) - Damasio parte dalle sue già affermate ipotesi sul rapporto tra cervello e mente e Spinoza rappresenta qui il riferimento forte (e a suo tempo «scandaloso») a una idea «monista», che nonostante le persecuzioni si radicò profondamente nella cultura europea già nel Settecento, che postulava la identificazione tra il corpo (ossia il cervello) e quella sfuggente entità o quel processo ove si formano i nostri pensieri e che chiamiamo mente, andando cioè al di là del dualismo cartesiano tra mente (res cogitans) e materia (res extensa). «Nella mente - affermava Spinoza - non c´è nessuna volontà assoluta, cioè libera, ma essa (volontà) è determinata da una causa, determinata (a sua volta) da un´altra e così all´infinito» (Ethica, prima parte, proposizione 48).
Il reale motore delle nostre volizioni sono gli affetti elementari, che riguardano direttamente o indirettamente lo stato delle regioni del nostro corpo, e che Spinoza riassume in «letizia o tristezza» e che sono l´effetto della nostra interazione col mondo. Schiavi quindi di determinazioni esterne. Ma «ciò che ci rende schiavi sono gli affetti», la nostra dipendenza appunto da letizia e tristezza, ossia da stimoli a cui non possiamo non rispondere. Siamo parte di un´unica sostanza dalle infinite determinazioni, il famoso Deus sive natura spinoziano, che rappresenta l´unica sostanza priva di determinazioni, che è causa di se stessa, e di cui ogni fenomeno è manifestazione, in un labirinto di cause ed effetti dal quale non possiamo uscire. Un Dio che non dobbiamo temere perché non ci punirà né ci premierà: «Quando non siamo gentili con gli altri - scrive Damasio - puniamo noi stessi e ci neghiamo l´opportunità di raggiungere la pace e la felicità interiori». Perché il dio di Spinoza è natura e si manifesta nelle creature viventi, e perciò le nostre azioni dovrebbero essere conformi alla natura di questo dio: ossia una vita virtuosa e rispettosa degli altri, possibilmente in una società libera e democratica, temperando le proprie passioni grazie alla conoscenza.
Punto di partenza della lettura spinoziana di Damasio sono quindi le emozioni, o quanto meno quelle fondamentali, proprie a tutto il mondo animale: vale a dire le reazioni agli stimoli e alle percezioni che ci vengono dal mondo esterno e che sono fondamentali per la sopravvivenza e sono state perciò conservate e potenziate dall´evoluzione per selezione naturale. Vale a dire paura, fame, rabbia, appetiti elementari e anche condizioni più generali, come la tristezza e persino la felicità (la «laetitia» appunto di Spinoza). Perché il motore primario delle nostre reazioni al mondo esterno - quello che Spinoza definiva il «conatus», e che per Damasio equivale in una certa misura alle «pulsioni» freudiane - sono appunto gioia e dolore. Le emozioni, nella nostra specie come in altre, rappresentano le risposte primordiali utili alla sopravvivenza dell´organismo (localizzabili, insiste Damasio, nell´amigdala, nel cingolo, nel lobo temporale, nel tronco encefalico), risposte che hanno alla base dolore e piacere. Su queste emozioni primarie - biologiche - si innestano poi le «emozioni sociali», che si trasformano in dictat comportamentali: empatia, senso di colpa, compassione, imbarazzo, vergogna, orgoglio, gelosia, invidia, gratitudine, ammirazione, indignazione e disprezzo. E´ su di esse che nel corso della storia della nostra specie verranno poi costruiti i meccanismi elementari della regolamentazione sociale.
Ma, osserva Damasio, va tenuto presente che alla base delle emozioni, primarie e sociali, non vi è semplicemente il cervello, anche se oggi la ricerca neurologica riesce a individuare le regioni cerebrali interessate, ma l´intero organismo, i cui messaggi e segnali il cervello registra ed elabora. E´ quindi il corpo, che rappresenta l´humus su cui si costruiscono le emozioni, o meglio l´origine delle sonde che attraverso la rete dei nervi informano le aree deputate del cervello dello stato di ogni singola regione del nostro organismo. Le emozioni perciò afferiscono al corpo, sono le «frasi» che le singole regioni dell´organismo trasmettono al cervello, perché alla fine costruisca la mente: «La mente esiste - scrive Damasio - perché c´è un corpo che la rifornisce di contenuti». E a loro volta è dalle emozioni, dai messaggi corporei, che nascono immagini, sentimenti, stati mentali. Quegli stati mentali che definiamo sentimenti nascerebbero quindi dal controllo delle mappe neuronali del corpo rappresentate nel cervello. «Sulla base della moderna neurofisiologia - prosegue Damasio - possiamo dire che le immagini (mentali, n.d.r.) sorgono nel cervello grazie ai segnali afferenti dal corpo». E la coscienza (quindi la consapevolezza della propria identità) è il prodotto del processo in base al quale sentimenti e pensieri si intrecciano con le informazioni e le richieste che sgorgano dal nostro corpo. Il teatro dei nostri sentimenti - e per deriva anche dei nostri pensieri, delle idee - è quindi il corpo. Ma i sentimenti, una volta elaborati, rappresentano risposte non stereotipate alle informazioni corporee fornite dalle emozioni. Da questo, ossia dalle emozioni come segnali di regioni del corpo che informano il cervello, o meglio le regioni cerebrali a ciò deputate, Damasio approda alla elaborazione delle emozioni compiuta successivamente dal cervello, e alla loro trasformazione in pensieri, in idee, in scelte di strategie di risposta al mondo esterno, insomma in eventi mentali, che quindi infine così costruiscono la mente, che di questo complesso processo è il risultato. «Oggi - osserva il neuroscienziato portoghese-americano - è possibile indagare le aree neuronali dove sono localizzati i sentimenti», costruendo quindi una neurobiologia delle emozioni e dei sentimenti.