lunedì 19 gennaio 2004

fratelli

Repubblica 19.1.04

Esce un saggio della psicoanalista Juliet Mitchell che contesta perfino Freud: "È il nuovo arrivato a scatenare il complesso d'Edipo"
Aiuto, mi sta per nascere un fratello
Uno studio indaga sulle paure dei bambini. "La rivalità? Aiuta a crescere"
Si sentono spodestati, eppure sono anche attratti dalla scoperta di qualcuno simile a loro
In Italia sempre più figli unici, una perdita grave anche in termini di rapporti umani
di MARIA STELLA CONTE


ROMA - Un modo per uscirne lo troverà di sicuro. Ma come è dura, per lui piccolino, accorgersi di non essere l´unico principe di un mondo che, improvvisamente, si inchina ad un intruso dispensando privilegi e onori che aveva lasciato intendere esclusivi: nulla per il primogenito sarà mai più come prima, dopo la nascita di un fratellino, di una sorellina. Lo sanno i genitori. Tutti. Anche in questo nostro Paese così poco fecondo, così riproduttivamente esangue, ma nel quale i figli unici sono comunque meno numerosi rispetto a chi ha fratelli. Eredità di stagioni che non sono, ma sembrano tanto lontane.
Nel 1998 aveva un fratello o una sorella l´89% di chi stava tra i 25 e i 34 anni; l´87% di chi aveva tra i 15 e i 24 anni e il 75 di quelli 0-14 anni (percentuale destinata ad aumentare data la fascia di età considerata). In ogni caso, il futuro appare demograficamente in declino: il numero medio di figli per donna che era di 2,4 nel 1961 e nel 1971, e potrebbe arrivare, dicono le previsioni, ad un figlio virgola quattro per donna nel 2010. Una perdita grave non solo - come ci ripetono - in termini di ricambi generazionali, di concreti interessi economici, sociali, produttivi. Ma in termini umani.
Ce lo ricorda un saggio della psicoanalista Juliet Mitchell, I pazzi e le meduse, che uscirà il 20 gennaio per La Tartaruga-Baldini Castoldi. «La relazione tra fratelli è importante perché, a differenza di quella con i genitori, è la nostra prima relazione sociale... Con l´arrivo di un fratello più piccolo, o la consapevolezza di della diversità di un fratello (o di un suo sostituto) più grande, il soggetto si trova spodestato, senza più il posto che prima gli apparteneva: egli/ella dovrà trasformarsi totalmente, nel rapporto sia con la famiglia sia con il mondo esterno», scrive Mitchell che proprio al rapporto orizzontale tra fratelli, più che a quello verticale con i genitori, fa risalire, contrariamente a Freud, il complesso di Edipo. «Un altro bambino rimpiazza il bambino che egli era fino a quel momento»: l´omicidio - sostiene - è nell´aria come bisogno di eliminare chi è entrato a occupare il suo posto, «esiliando il bambino da se stesso». Eppure il piccolo è anche attratto dalla scoperta di qualcuno simile a sé, «dall´idea di avere vicino un proprio sosia. Molti bambini si inventano gemelli o compagni di gioco immaginari, che nel loro desiderio incarnano la copia di se stessi».
I rapporti orizzontali generano pericoli e gioie. Il loro rarefarsi, a livello socio-familiare impone di «ripensare il quadro della vita - sostiene Linda Laura Sabbadini, direttore centrale dell´Istat - poiché i bambini vivono sempre meno in un mondo di pari. I genitori ne sono consapevoli e cercano strategie compensative, favorendo la socializzazione del figlio unico con attività sportive, collettive, amicali, per colmare lo svantaggio relazionale nel gruppo familiare». Anche perché chi è figlio unico ha meno cugini, meno parenti. Come una piramide dalla base sempre meno larga e via via più alta.

L´INTERVISTA
Tilde Giani Gallino, docente di psicologia dello sviluppo
"Ma in realtà sono i secondogeniti quelli che rischiano di soffrire di più"
Il più grande ha sempre le attenzioni che si riservano al primo nato, chi viene dopo deve conquistarsele


ROMA - Professoressa Tilde Giani Gallino, restare figli unici non è l´ideale. Ma certo, come spiega la Mitchell, l´arrivo di un secondogenito può avere risvolti drammatici.
«Sì, la situazione è piuttosto complessa ma bisogna dire che non è la prima volta che questo aspetto della relazione tra fratelli viene affrontato, aspetto che in effetti non veniva considerato da Freud. Tuttavia, credo sia riduttivo concentrare l´attenzione solo sulla figura del primogenito. Il quale è vero, sentendosi spodestato, può attivare quell´istinto omicida di cui parla la Mitchell. Noi lo vediamo da certi disegni dei ragazzi nei quali improvvisamente compaiono cumuli di rifiuti, bidoni della spazzatura... E´ il modo in cui il bambino esprime il "desiderio" di far fuori l´intruso, di gettarlo via, di disfarsene».
Il secondogenito invece quali "prove" deve affrontare?
«Spesso scopriamo che è più aggressivo lui, del primogenito: egli si affaccia alla vita con il desiderio di conquistare una terra che non è di nessuno, un territorio già occupato. E la situazione può essere ancora più complicata se arriva il terzo figlio, perché il grande è quello che riceverà tutte le attenzioni che si riservano ad un primo nato; il terzo sarà il piccolo di casa, arrivato forse inaspettatamente e quasi certamente l´ultimo; ma il secondo... il secondo è il più sacrificato poiché arriva in una situazione consolidata, nella quale i genitori sono meno preoccupati, dove tutto è più normale. Le relazioni sociali cambiano, e cambiano anche a seconda del sesso dei figli e della situazione ambientale. Può essere che un secondo nato diventi un capro espiatorio, o che un primogenito non soffra della nascita di un fratello. Ci sono sfaccettature infinite da considerare».
Lei ritiene comunque fondamentale per lo sviluppo del bambino avere un fratello o una sorella con i quali crescere?
«Non saprei. Quando si scoprì che saremmo diventati "l´Italia del figlio unico", si diceva che questo bambino sarebbe stato un figlio difficile e che il suo inserimento a scuola sarebbe stato problematico perché avrebbe scoperto lì di non essere il centro del mondo, che fuori di casa cessava di essere "re". Eppure non è accaduto. I bambini crescono abbastanza bene in questo periodo. Non hanno fratelli, ma vanno alla materna a due anni, imparano presto ad avere rapporti sociali, a confrontarsi, a sperimentare relazioni di amicizia».
Insomma, quale potrebbe essere la scelta migliore?
«Questo non si può dire. Posso invece suggerire ai genitori di fare attenzione alla variabile età: è più facile per un bambino accettare l´arrivo di un fratello a 2 o 3 anni che non quando comincia ad essere grandicello. Più sono vicini di età, più potranno giocare insieme, senza che il piccolo si manifesti come il "distruttore" del mondo del grande. Ma ancora una volta, molto dipende dal sesso del primogenito e da come si pongono i genitori. Vorrei però considerare anche la situazione nelle coppie ricostituite».
Nelle coppie ricostituite cambia il rapporto tra fratelli?
«Avere un fratellino o una sorellina da genitori separati, figlio dunque del proprio papà, ad esempio, ma non della propria mamma, non è facile. Il bambino che vive con la madre, ma lontano dal padre, perde quella sensazione di controllo affettivo, di vigilanza, di "potere" sul genitore che invece ha, e che lo tranquillizza, quando è in arrivo un secondogenito in una coppia unita. Anche qui, però, direi che tutto dipende da come i genitori, ex marito e moglie, sapranno gestire la situazione. Ma certo, è dura».
(m.s.c.)