sabato 31 gennaio 2004

Luigi De Marchi e la "pastorale dei depressi" vaticana

Avanti 30.1.04
IL CONVEGNO VATICANO SUL “MALE DEL SECOLO”
Il depressione-business
di Luigi De Marchi


Da vent’anni segnalo il dilagare della depressione (che definivo “il male del secolo”) e cerco di spiegare - nel quadro della mia nuova teoria della nevrosi e della cultura - come essa sia un corollario del crollo delle certezze religiose. Quella teoria, sulla base di un’ampia documentazione storica e preistorica, conclude che, con la emersione della coscienza nel quadro dell’evoluzione umana, l’uomo era divenuto l’unica creatura vivente consapevole del proprio destino di morte ed era stato assalito da una devastante angoscia esistenziale contro cui aveva reagito negando la morte e sviluppando fantasie e credenze in una vita d’oltretomba. La difesa religiosa, quindi, era stata la prima e più durevole difesa della psiche umana contro l’angoscia primaria dell’uomo, appunto l’angoscia della morte. Ma il pensiero filosofico e scientifico moderno aveva messo in crisi le promesse e le certezze d’immortalità della religione esponendo la psiche umana a nuove ondate di angoscia esistenziale. Di recente, una conferma della mia analisi è venuta da un Convegno mondiale sulla depressione indetto dalla Chiesa cattolica anche per candidare se stessa alla terapia di questo “male del secolo”, che colpisce una quota sempre più ampia di popolazione. Le parole con cui il cardinale Xavier Lozano Barragan, presidente del Pontificio Consiglio per la Salute, ha analizzato il problema della depressione sembrano tratte di peso dai miei scritti degli anni Ottanta e Novanta: “La causa della depressione sempre più diffusa - ha detto il cardinale inaugurando il gigantesco Convegno, cui hanno partecipato oltre seicento tra scienziati, ambasciatori e ministri della Sanità provenienti dal mondo intero - va cercata nell’angoscia della morte che affligge l’uomo postmoderno. Nonostante le sue grandi scoperte scientifiche e tecniche, infatti, l’uomo non è riuscito a esorcizzare il fantasma della morte e l’angoscia esistenziale è divenuta il suo incubo insormontabile”. E a questo punto il Cardinale ha formalmente candidato la Chiesa e la sua industria assistenziale al ruolo di grande terapista dell’umanità contemporanea. “Solo chi, come Santa Romana Chiesa, possiede la risposta al problema drammatico della morte, solo chi può dare alla coscienza tormentata dell’uomo mo-derno la promessa dell’immortalità e della felicità eterna - egli ha detto - può anche dare una soluzione piena e definitiva al problema della depressione dilagante”. E proprio in questi giorni si è saputo che la macchina organizzativa del mondo ecclesiastico intende candidare migliaia di parrocchie e di centri cattolici all’assistenza dei depressi o, per usare il gergo ecclesiastico, “all’accompagnamento pastorale del depresso”. Insomma, come ha fatto dinanzi al problema dell’immigrazione, anche dinanzi a quello della depressione il Vaticano sta forse annusando un affarone. Purtroppo, però, con buona pace del cardinale e dei suoi seicento convegnisti, la terapia proposta dal Vaticano ha sempre portato a tremendi stermini di massa e oggi, con le moderne armi chimiche, biologiche e nucleari, rischia di uccidere l’umanità intera. La difesa religiosa dall’angoscia esistenziale, che oggi il Vaticano vuole ricostruire, è stata anche il fattore centrale della carneficina che ha insanguinato tutto il corso della storia umana, perché ogni gruppo umano ha creduto che le sue divinità fossero le uniche capaci di assicurare l’immortalità e ha percepito i seguaci delle altre fedi come miscredenti o addirittura come agenti del Demonio che minacciavano il suo Paradiso. La situazione si è aggravata con le grandi religioni monoteistiche (ebraismo, cristianesimo e islamismo) per il loro carattere spesso dogmatico e intollerante. Non quindi per caso, ma per intrinseca necessità la storia delle religioni monoteistiche è storia di guerre e di odi infiniti, non solo tra seguaci di religioni diverse (come la Crociate cristiane del XII e XIII secolo o le guerre sante islamiche, che tuttora ci deliziano) ma anche tra seguaci di sette diverse all’interno d’una stessa religione (per esempio cattolici e protestanti nel mondo cristiano, o sciiti e sunniti nel mondo islamico). Pretendere di risanare la depressione col ritorno a questa o quella fede dogmatica è quindi due volte insensato: non solo perché risuscitare la fede con le pressioni esterne è molto difficile, ma soprattutto perché, quand’anche l’operazione vaticana riuscisse, i depressi rischierebbero di passare alla mentalità dogmatica che da secoli produce solo conflitti e stragi tra gli umani. Al rimedio proposto dal Vaticano, quindi, si può solo applicare l’antico, beffardo proverbio veneziano: “Pejo el tacon del buso” (Peggio il rammendo del buco). Già cinquant’anni fa una brillante allieva di Freud, Melania Klein, dimostrò che il malessere psichico si esprimeva secondo due fondamentali modalità: quella depressiva e autodistruttiva o quella paranoidea e eterodistruttiva. La “terapia” della depressione che il Vaticano si accinge a prestare assicurerà certamente alla sua industria assistenziale nuovi giganteschi finanziamenti pubblici e privati ma potrà tuttalpiù riattivare le vecchie modalità paranoidee di pensiero e di comportamento, trasformando l’autodistruttività dei depressi in una distruttività uguale e contraria a quella che oggi imperversa nel mondo islamico e preparando così quello scontro di civiltà che a parole si vuole scongiurare e che, con le armi oggi disponibili, approderebbe ad un’apocalisse planetaria. Le speranze individuali e generali di serenità e di pace non stanno dunque in un ritorno ai vecchi dogmatismi paranoicali ma nella diffusione di un nuovo umanesimo liberale che, al di là delle contrapposizioni confessionali, promuova la solidarietà di tutti i popoli nella comune avventura esistenziale e cosmica.