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L'Unità 17.01.04
«Il crocifisso non può stare nelle aule». Il Tar del Veneto si rivolge all'Alta Corte
di red
Il Tar del Veneto ha rimesso alla Corte Costituzionale la decisione sulla rimozione o meno del crocifisso dalle aule scolastiche, chiesta da una madre di Abano Terme, provincia di Padova, che aveva inoltrato ricorso per annullare una delibera emessa dalla scuola media dei figli. La sentenza è stata emessa dalla prima sezione del tribunale amministrativo, cui la donna, Lautsi Soile, si era rivolta nel 2002, assistita dall'avvocato Luigi Ficarra.
Contro l'istanza della donna si era costituito l'Avvocato dello Stato, in rappresentanza del ministero dell'Istruzione. I giudici - presidente Stefano Baccarini, consiglieri Marco Buricelli e Angelo Gabbricci - affermano che l'istanza «non appare manifestamente infondata» e solleva una questione di legittimità costituzionale, sulla base del principio di laicità dello Stato.
Nella lunga motivazione, i giudici pongono l'accento sulla tesi sostenuta dal ministero, secondo la quale l'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche è espressamente prescritta da due decreti regolamentari del 1924 e 1928 relativi agli istituti medi ed elementari, norme che seppur datate «sarebbero tuttora in vigore» perchè non abrogate dalle disposizioni del Testo unico delle leggi sulla scuola del 1994. Cioè con le stesse motivazioni adottate per la vicenda di Ofena impugnata da Adel Smith.
Il Tar veneto sostiene invece che «il crocifisso rappresenta la massima icona cristiana, presente in ogni luogo di culto e più di ogni altra venerata». Ma nelle aule, affermano i giudici, «non si può essere certi che sia compatibile con i principi stabiliti dalla Costituzione repubblicana, nell'interpretazione che la Corte ha nel tempo delineato». Perché? Essendo un simbolo strettamente legato a una confessione, quella cristiana, «non pare pienamente conciliabile con la posizione di equidistanza ed imparzialità tra le diverse confessioni che lo Stato deve comunque mantenere, tanto più che la previsione si riferisce agli spazi destinati all'istruzione pubblica, cui tutti possono accedere - e anzi debbono per ricevere l'istruzione obbligatoria - e che lo Stato assume tra i suoi compiti fondamentali, garantendo la libertà d'insegnamento».
Non solo. Diversamente da quanto avviene per l'insegnamento della religione, che gli studenti e i loro genitori liberamente possono accogliere o meno, la presenza del crocifisso - fanno notare i giudici del Tar del Veneto - «viene obbligatoriamente imposta agli studenti e agli stessi insegnanti». Perciò, continuano, la norma che prescrive l'obbligo di esposizione del crocifisso sembra così delineare «una disciplina di favore per la religione cristiana, rispetto alle altre confessioni, attribuendole una posizione di privilegio che secondo i ricordati principi costituzionali non può trovare giustificazione neppure nella sua indubbia maggiore diffusione». Ciò può semmai giustificare nelle singole scuole - si ribadisce - il rispetto di tradizioni religiose come quelle legate al Natale o alla Pasqua, «ma non la generalizzata presenza del crocifisso».
La decisione oggetto dell'impugnazione venne presa il 27 maggio 2002 dal consiglio dell'Istituto Comprensivo "Vittorino Da Feltre" di Abano, dopo che la donna, di nazionalità finlandese, madre di due ragazzi, aveva chiesto di togliere il simbolo religioso dalle pareti.
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