venerdì 27 febbraio 2004

eutanasia

La Stampa 27 Febbraio 2004
FA DISCUTERE LA RICERCA PRESENTATA AL CONGRESSO DELLA SOCIETA’ DI PSICOPATOLOGIA
Eutanasia, otto italiani su 10 dicono sì
«Giusto aiutare a morire i malati terminali, ma non serve una legge specifica»
di
Daniela Daniele

ROMA. Due temi forti, ieri, al congresso della Società italiana di psicopatologia: amore (nella variante gelosia) e morte (nel dibattito su eutanasia).
Ha fatto scalpore una ricerca, condotta da Alessandra Sannella, della facoltà di sociologia della Sapienza di Roma, dalla quale risulta che il 78,6% degli italiani è d'accordo con la possibilità di aiutare a morire malati allo stadio terminale, ma solo il 37,1% ritiene necessaria una legge ad hoc. Lo studio si è basato su un campione di 500 individui, di età compresa tra i 26 e i 65 anni. A dire sì a eutanasia e suicidio assistito sono state soprattutto le donne (56%) e, in generale, i soggetti con un grado di istruzione superiore.
Tra i giovani, il 37% ritiene che si tratti di una scelta personale. Si è invece dichiarato «assolutamente contrario» il 35% del campione. Ma se la maggioranza degli italiani si mostra favorevole all'eutanasia, in determinate situazioni, e il 59,4% afferma che sarebbe d'accordo con questa soluzione in caso di malattia terminale di un familiare, meno della metà sente il bisogno di una legge al riguardo.
«C'è poi un altro dato interessante - ha sottolineato Alessandra Sannella -: il 20% di quelli che si dicono d'accordo con l'aborto non lo sono invece con l'eutanasia. Questo perchè entrano in gioco due diverse concezioni dell'individuo. Nel caso dell'aborto, il feto non è ancora considerato un soggetto a tutti gli effetti, mentre nell'eutanasia a essere colpito sarebbe un individuo pienamente inserito e riconosciuto nel contesto sociale». Un dato che dimostra anche, ha fatto notare la sociologa, come «il fattore religioso non sia determinante in relazione alle scelte di fine della vita».
Tuttavia, tra i contrari all'eutanasia, il 47% dice di esserlo proprio per motivi religiosi, mentre il 17% rivela che continuerebbe a sperare in un miracolo fino alla fine. Dalla ricerca emerge anche una dura critica al mondo dell'informazione: l'80% degli intervistati ritiene l'informazione dei media sull’argomento «frammentaria e poco comprensibile», tanto che «è difficile formarsi un'opinione in merito». Un ultimo dato: il 20%, una volta messo al corrente del tema della ricerca, si è rifiutato di rispondere. «Un elemento - ne ha dedotto Sannella - che indica chiaramente come l'eutanasia rappresenti ancora nella nostra società un tabù».
Altra pagina: la gelosia in amore. Un sentimento che, come spiega la psichiatra Donatella Marazziti dell'Università di Pisa, è naturale e da non demonizzare, purchè non oltrepassi i limiti. «Nel corso della storia - ha spiegato - ha rivestito una grande importanza, poichè mira alla conservazione della specie e alla stabilità della coppia: nei maschi è legata alla sicurezza della paternità e, quindi, alla certezza di provvedere a figli propri; nel sesso femminile, invece, è alla necessità di tenere legato un partner in grado di assicurare cibo e protezione alla prole».
Il problema, però, è che non sempre è facile tracciare il confine tra la gelosia normale e quella patologica, «come ad esempio il delirio di gelosia, che può portare anche ad atti cruenti». Da numerosi studi effettuati la psichiatra e la sua équipe sono arrivate a determinare un limite indicativo di soglia tra gelosia normale e patologica: 60 minuti al giorno. Se in una giornata si pensa insistentemente e con sofferenza all'eventuale tradimento da parte del partner per più di un'ora, questo deve essere considerato un campanello d'allarme.