domenica 29 febbraio 2004

non violenza e storia del marxismo

Corriere della Sera 29.2.04
Convegno del Prc a Venezia
Bertinotti e la non violenza: rivisitare criticamente il ’900 e rivedere le tesi dei marxismi
Revelli critica Trotzky, ma salva la Luxemburg Assenti Casarini e Agnoletto, che sarà candidato
di Gianna Fregonara


VENEZIA - Dice Fausto Bertinotti che non è un’operazione elettoralistica, che il salto dal marxismo ai no global - passando per Gandhi e Marcos - si può fare. Certo la svolta richiede tempo e, una volta proclamata la scelta strategica del rifiuto della forza, bisogna sforzarsi «di cercarne le tracce nella storia delle Resistenze, perché effettivamente - spiega il segretario di Rifondazione - nel marxismo la teorizzazione della non violenza proprio non c’è». Se non è un addio alle origini, è certamente un invito a scavare nel passato, a interpretare, anche a costo di una «revisione della teoria politica dei marxismi e di una rivisitazione critica del ’900».
Parole pesanti, nella due giorni di studio a Venezia, sullo sfondo della prossima campagna per le Europee, con il timore che l’opzione non violenta non sia capita da chi è attaccato all’identità politica di Rifondazione e non ama l’idea del partito della sinistra europea in cui Bertinotti ha impegnato le forze. Al dibattito non c’è Casarini, che polemicamente rifiuta la scelta bertinottiana, e non c’è neppure Vittorio Agnoletto che a giugno sarà in lista con Rifondazione.
Finora Bertinotti, nella sua marcia di rinnovamento, aveva rifiutato lo stalinismo salvando tutto il resto, cercato di puntare l’attenzione più sulla Rifondazione che sull’aggettivo che l’accompagna (il titolo dell’ultimo congresso recitava «Rifondazione, rifondazione, rifondazione» i militanti ci hanno aggiunto a mano «comunista, comunista, comunista»). Ieri si parlava del marxismo in generale o, per dirla con Bertinotti, dei «marxismi»: la relazione teorica della giornata è stata affidata a Marco Revelli, che ha impietosamente tracciato la strada che porta dal fallimento del modello rivoluzionario marxista alla non violenza. Ha spiegato che «sulla Russia del suo tempo Marx la pensava come oggi Rumsfeld sull’Iraq» non ha lesinato critiche a Trotzky (la minoranza del partito non ha approvato): si salva l’icona di Rosa Luxemburg. Nel dibattito c’è chi contesta il partito gerarchico, chi il leninismo. Un giovane militante prende la parola per dire che «tutto questo discutere su Stalin e Lenin non mi appassiona».