sabato 20 marzo 2004

i Greci e l'irrazionale

Repubblica 20.3.04
LA CONCUBINA DI ACHILLE
Lo strano furto di Agamennone

Torna in libreria "I Greci e l'irrazionale" di Eric Robertson Dodds
Un saggio rivoluzionario che rompe gli schemi della visione classica
Pubblicato nel '51 fu tradotto nel '59 con la prefazione di Arnaldo Momigliano
I sogni sono un canale di comunicazione tra uomini e dei
di FRANCO VOLPI


Il padre era alcolizzato cronico e in mancanza di altre cure viveva segregato in casa, tenuto dalla moglie agli «arresti domiciliari». Fortunatamente morì presto. Lui, Eric Robertson Dodds, unico figlio nato dall´infelice unione, aveva appena sette anni. Ragazzo di poche speranze nell´Ulster di fine Ottocento, amante del rugby e del cricket, grazie alla madre trovò l´àncora cui aggrapparsi per dare un senso alla propria esistenza: la filologia classica. Ma la strada non fu facile. «Per staccare un biglietto alla lotteria della vita dovetti pagare un prezzo elevato», confesserà nella sua autobiografia (Missing Persons, Clarendon Press, pagg. 202, 47, 50 sterline). Scritta dopo la morte della moglie nel 1973, più per un impietoso tentativo di autoanalisi che per offrire ai classicisti edificanti ricordi, è un documento avvincente che ci consente di dare un «posto nella vita» al rivoluzionario libro che lo rese celebre: I Greci e l´irrazionale (1951). Un libro che segnò una svolta negli studi sulla cultura greca e che, tradotto nel 1959, è ora riproposto da Sansoni (a cura di Riccardo Di Donato, con la storica prefazione di Arnaldo Momigliano, pagg. 407, 22 euro).
L´educazione di Dodds alla filologia classica non fu limpida né solare: la turbavano non solo il ricordo del padre, ma anche le mille difficoltà a piegarsi alla disciplina di Oxford, dove ebbe comunque maestri illustri quali G. Murray e J. A. Steward, e un compagno come T. S. Eliot. Il bisogno di autenticità induce Dodds a confessarsi e a non risparmiarci nemmeno dettagli per lui scabrosi, e per noi quasi comici: la prima imbarazzante erezione, gli esperimenti con la canapa indiana, la visita in un bordello. Utili comunque a captare l´inquietudine del personaggio.
Terminati gli studi, dopo avere insegnato a Reading e a Birmingham, dove conobbe W. H. Auden, nel 1936 Dodds fu chiamato come regius professor di greco a Oxford. Fu la svolta nella sua carriera. I Greci e l´irrazionale nacque da un invito dell´Università di California nel 1949. Aprendosi ai suggerimenti dell´antropologia, dell´etnologia e della psicologia, Dodds rompe gli schemi e l´ottica disciplinare della filologia classica e, complicando la visione classica della Grecia allora in auge, dischiude uno scorcio profondo sui suoi aspetti «irrazionali», prospettando un´innovativa interpretazione della mentalità greca. Il libro apparve come l´antitesi dell´altrettanto celebre volume di Bruno Snell, tradotto nel 1951 da Einaudi con il titolo La cultura greca e le origini del pensiero europeo, che presentava la Grecia come la culla della razionalità occidentale.
Dodds muove dall´analisi di alcuni comportamenti «irrazionali», inspiegabili alla mentalità moderna, che ricorrono nei poemi omerici. Per esempio quando all´inizio dell´Iliade Agamennone, per rifarsi della perdita della propria concubina, sottrae ad Achille la sua. L´eroe si giustifica asserendo che furono potenze divine, «Zeus, il destino ed Erinni viaggiatrice nelle tenebre», a infondere nella sua mente l´insania: «Che potevo fare io? È un dio che manda a termine tutte le cose». Si è interpretata questa discolpa come un sottrarsi del re acheo alle proprie responsabilità. Si è anche pensato a un espediente poetico usato da Omero per rendere avvincente la narrazione. Spiegazioni troppo frettolose, secondo Dodds: «I Greci non erano selvaggi». Tanto più che dallo studio della cosiddetta «religione omerica» emergono altri esempi di comportamenti irrazionali di questo tipo, in cui le azioni dell´individuo sono ricondotte a una potenza sovrannaturale. La tesi di Dodds è che si tratti di effettivi processi psicologici, e che la struttura della mentalità greca arcaica sia profondamente diversa dal moderno modo di pensare. Egli ipotizza peraltro che vi sia stato un passaggio da una «cultura della vergogna», operante nel mondo degli eroi dell´Iliade, a una «cultura della colpa», affermatasi più tardi. Ma svariati altri materiali alimentano lo studio dell´irrazionale presso i Greci. I sogni, anzitutto, considerati dai Greci come un canale di comunicazione tra gli dèi e gli individui mortali.
Queste idee hanno impresso una svolta agli studi classici, ma hanno anche ispirato ricerche innovative come quelle di J. Jaynes sul Crollo della mente bicamerale e l´origine della coscienza (Adelphi). Se uno solo degli emisferi del nostro cervello, in genere quello sinistro, presiede alle funzioni del linguaggio e della vita cosciente, chi abita l´«emisfero muto» connesso con l´emotività? Rifacendosi a Dodds, Jaynes sostiene che un tempo esso era abitato dalle voci degli dèi, e che la struttura della «mente bicamerale» riflette la divisione fra «l´individuo e il suo dio», tipica della mentalità arcaica. La coscienza in senso moderno è una forma che si disegna staccandosi dal fondo antico della mente bicamerale.
Altro punto su cui Dodds fu pioniere è lo studio dello sciamanismo asiatico con cui i Greci entrarono in contatto attraverso il Mar Nero nel VII secolo. Egli ne rintraccia l´influenza nella concezione greco-arcaica dei rapporti tra anima e corpo, nella credenza nella reincarnazione che fece allora la sua comparsa, nonché in personaggi come Orfeo e Pitagora, che non esita a considerare figure sciamaniche.
E che accadde con la Grecia classica del logos? Se è vero che con il grande sviluppo della razionalità la mentalità arcaica «irrazionale» entra in crisi, è pur vero, secondo Dodds, che l´«irrazionale» non scompare del tutto. Anzi, riemerge prontamente non appena se ne creino le condizioni. Ecco allora che in età ellenistica si assiste a una vera e propria «fuga dalla ragione», a un´efflorescenza di teurgia, astrologia, arti magiche, religioni misteriche e soteriosofiche, di cui Dodds cerca di indagare i motivi. Primo fra i quali «il timore dalla libertà», come lo definisce, con la corrispondente ricerca di profeti e di salvatori. Una situazione che gli appare analoga a quella del disorientato mondo contemporaneo, come rivela lo splendido saggio Pagani e cristiani in un´epoca di angoscia (1965), in cui - ormai in pensione - ritorna sul tema dell´irrazionalismo.
La verità è che lo studio del mondo greco non fu mai per Dodds fine a se stesso. Fu il termine di confronto per interpretare il presente. Interrogato poco prima di morire (1979) su che cosa stesse studiando, rispose che stava «cercando di capire meglio il nostro tempo». Singolare per un filologo classico. Ma non per lui, che usava la sua scienza come mezzo per comprendere l´uomo.