domenica 4 aprile 2004

il prof. Umberto Galimberti in trasferta:
Amore e Psiche, l'Erotica di Platone, greci e cristiani (e Freud)

Libertà 4.4.04
CASTELLARQUATO
Pubblico folto alla conferenza su “Amore e Psiche”, col regista Munaro
«L'Erotica, il sacro che abita l'uomo»
Il filosofo Galimberti dagli antichi greci a Freud
di Eleonora Bagarotti


Amore e psiche: dall'esperienza sensoriale del teatro corporeo dello spettacolo del Lemming di Massimo Munaro all'approfondimento filosofico di Umberto Galimberti, che l'altra sera, in un gremitissimo Museo Archeologico di Castellarquato, cattura l'attenzione del pubblico per ben due ore e mezza, riscuotendo calorosi applausi. E per parlare di Amore e psiche, così come di qualsiasi altro ipotetico argomento, Galimberti parte dai greci, che oltre ad aver inventato di tutto hanno anche frequentazioni con l'irrazionale, con quella dimensione che Freud chiamerà, molto tempo dopo, “inconscio”. I greci hanno a che fare con il sacro, un sacro che nulla ha a che fare con Dio ma con la sessualità e l'aggressività, che si fondono e confluiscono (Freud parla di “fusione delle pulsioni” ma i greci già ne parlano fin dall'antichità). Queste due forze - Amore e Morte - sono potentissime e, infatti, è la “natura” a decidere per l'uomo: decide quando ci innamoriamo e quando moriamo; decide a prescindere dalla struttura dell'Io e della ragione umana. Lo spettacolo del Lemming, al quale Galimberti ha assistito prima della conferenza, si colloca in questa dimensione del sacro, a differenza di altri generi teatrali che oggi non hanno nulla a che vedere con il sacro, come ribadisce il regista Munaro che affianca il filosofo sul finire della conferenza. Un sacro che, per i greci come per Galimberti, non ha a che fare con Dio. Gli uomini, che sono lacerati e divisi, quando compiono atti sessuali si pongono nell'ottica di una maggior conoscenza: questo è fare l'amore. A partire da Platone, che viene erroneamente riletto come cristiano, e invece l'“amore platonico”, comunemente usato per intendere qualcosa di astratto, è molto erotico poiché per il greco (e dunque per Platone) prima di tutto c'è la natura, non Dio, e la natura è più forte di tutto. Mentre per i cristiani è Dio che dà i comandamenti e gli ordini, dai quali derivano il concetto del peccato e della trasgressione, per il greco la trasgressione è vista come l'“oltrepassare il limite”. L'Erotica di Platone, dunque, è seria... altro che “amore platonico”! Tanto che Platone iscrive l'amore nella follia (manía): ciò è molto importante poiché Platone costruisce la razionalità dell'Occidente. Nel Simposio, egli dice che i beni più grandi ci vengono dati dalla follia: la “divina follia” (theîa manía), dove «le cose trasgrediscono le loro definizioni e si offrono come irradiazioni di immagini rinvianti a quell'ulteriorità di senso che anche le più comuni esperienze non cessano di diffondere, quando sfuggono al controllo dell'anima razionale». Per questo la profetessa di Delfi e le sacerdotesse di Dodona, quando smaniano, fanno un gran bene alla Grecia, più di quanto possano fare col ragionamento. Quindi Platone sospetta che l'Erotica appartenga alla follia e alla sacralità. Anche il “popolo” lo sa: quando dice «mi fai perdere la testa» nel far l'amore, dice qualcosa di platonico. Socrate, noto perché dice di non sapere e che in realtà sa di non sapere, fa comprendere che il filosofo, a differenza del sapiente, è “colui che non sa e cerca”. Le cose d'amore, Socrate le impara da una donna, Diotima, nonostante la filosofia nasca in un circolo di omosessuali. Quindi la “donna” ha una qualità di conoscenza sacra e folle che gli uomini non hanno. E Galimberti insiste parecchio sul fatto che affiderebbe alla “donna”, e non all'“uomo”, la frequentazione con l'Erotica e con le cose sacre: dall'aggressività alla dimensione dionisiaca poiché amore e psiche sono in stretto contatto con il femminile. L'amore di cui parla Socrate non ha la forma di sentimento umano, bensì quella della possessione: con la passione, infatti, l'Io subisce e non agisce, cade in possesso di Amore. E ancora Socrate, nella casa di Agatone, narra la nascita di Eros da Penía e Póros. Di Eros, Platone dice che è filosofo e come i filosofi non possiedono conoscenza e cercano, così gli amanti non possiedono l'amato. Questa è una struttura tragica dell'uomo, però è anche la condizione per cui si vive: secondo Galimberti, infatti, si muore perché non si desidera più. L'amore conosce il dono ma non il contratto (che è sociale) e l'Erotica desidera solo l'assenza. Il conosciuto smette di essere erotico. L'Erotica ha una funzione di interprete e traduce agli Dei le parole degli umani e agli uomini le parole degli Dei. A condizione che noi pensiamo in modo greco e non cristiano, gli Dei non stanno alle regole della ragione, non hanno neppure un'identità (Zeus è ora vento, ora fulmine, ora toro...) mentre l'identità è il principio della ragione. Gli Dei appartengono al sacro e gli uomini hanno paura degli Dei, del sacro: per questo offrono loro dei sacrifici, per tenerli lontani, così come noi temiamo la follia che ci abita. Solo l'Erotica ci mette in contatto con gli Dei che abbiamo, numerosi, dentro di noi. E per “erotica” s'intende anche il linguaggio tra una madre e il figlio, che è basato su una comprensione erotica, non decodificabile né riconducibile ad altro. Infine, Galimberti sottolinea l'errata immagine dell'erotismo e del corpo che oggi ci bombarda, influenzandoci e rendendoci altro da noi, ribadendo l'importanza di scegliere individualmente un differente pensiero: dallo spegnere la televisione al rifiuto di una ricerca estetica massacrante e finta, secondo i cliché imposti dalla banalizzazione che oggi impera ma nulla ha che fare con la natura, quella dell'uomo. E, di conseguenza, con la sua parte erotica, dunque sacra.