lunedì 10 maggio 2004

psichiatria sul territorio
una polemica a Napoli

Repubblica, ed. di Napoli 10.5.04
LA POLEMICA
Le due linee della salute mentale
di MAURO MALDONATO


In principio era il manicomio. Bisogna partire da lì, da quella perfetta metafora della conditio inhumana che superava ogni concetto giuridico di crimine; da quel luogo dove migliaia di uomini vagavano per tutta la giornata, nudi, sporchi, spesso rannicchiati in un angolo dello stanzone, intirizziti, con lo sguardo perso nel vuoto; bisogna partire da lì, da quello spazio d´eccezione fuori dall´ordine giuridico normale, abitato da esseri spogliati di ogni diritto e ridotti a nuda vita, per capire qualcosa della discussione attuale sulle istituzioni per la "salute mentale".
Non si tratta di ricostruire - in questo mesto compleanno della legge 180 (26 anni) che nessuno sembra voler celebrare - le circostanze storiche, giuridiche e politiche, di un esperimento (per molti versi ancora impensato) che ha consentito a un manipolo di idealisti senza illusioni di chiudere i manicomi e rimediare, almeno un po´, alla nostra colpa e alla nostra vergogna con la restituzione alla libertà di migliaia di vite sommerse e salvate. Non è nostro compito. Né questa la sede. È però tempo - contro il rifiuto intollerante dei semplificatori a buon mercato - di fissare alcuni punti fermi. Dando la parola ai fatti. Ma, soprattutto, tenendoci alla larga dalla retorica aggressiva di chi si pretende titolare della verità. Mai come su questo argomento ogni parola che scriviamo è già una sottomissione, una caduta in questa retorica.
Insidia temibilissima, questa, a cui Sergio Piro non sembra far caso quando ingaggia le sue strane e ricorrenti battaglie contro coloro che in questa città stanno portando avanti il difficile (e interminabile) compito di costruire una rete di strutture per la salute mentale, sporcandosi le mani nel lavoro del giorno dopo giorno e fuori dalla ribalta mediatica. Insomma, facendo le cose, più che enunciarle o annunciarle.
Battaglie strane, dicevo. Perché? Per almeno due ragioni. La prima è che alzando la voce, moltiplicando le parole e agguerrendo il pensiero (con l´illusoria pienezza di chi afferma se stesso) si imbocca la via della rassegnazione, dell´immobilità e della disperazione. Una discussione pubblica, anche quando è fortemente agonistica, è sempre un incontro con gli altri, un entrare in rapporto con gli altri: dunque, un mettersi in condizione, di nuovo, di agire. La seconda ragione è che, ingaggiando questa battaglia, si trascurano i fatti, gli indigeribili fatti che, invece, bisogna tenere in massima considerazione.
Vediamo. A Napoli, il primo gennaio ?94 nell´ospedale psichiatrico Leonardo Bianchi c´erano ancora 777 pazienti, nel Frullone circa 200. Perché a 16 anni dalla legge 180 che sanciva la chiusura dei manicomi la situazione era ancora quella? (Sbaglio o in quegli anni Piro svolgeva un ruolo istituzionale e scientifico di primissimo piano in città e in regione?). Inoltre, nell´arco di pochi anni si è passati in città, nonostante la scarsità di risorse, da 3-4 a più di 20 Sir (strutture intermedie residenziali: cioè quelle che ospitano le centinaia di persone liberate dal manicomio, più di una in ogni unità operativa). Fu proprio "Repubblica" (sul "Venerdì" di un anno fa) a fare un ampio e positivo servizio su una delle vituperate strutture.
Nei suoi toni intransigenti Piro sembra far rivivere l´antica idea della linea rossa che delimitava la rivoluzione permanente dalla linea nera, quella dei poveri funzionari che difendono l´esistente. Nel suo furore (non si capisce bene motivato da cosa) egli decide di ignorare che un´istituzione è una tensione inesausta e spesso contraddittoria tra "istituito" e "istituente", una complessità vivente costituita da una pluralità di livelli e di individualità. Inoltre, come fa a lamentare l´assenza e la latitanza delle istituzioni e poi, quando le istituzioni ci sono e magari funzionano, squalificarle. Ancora, non è un´enormità far diventare il normale trasloco di un servizio (da via Morghen a non so dove) un rischio per la civiltà e la democrazia? Nientemeno. Per quanto è dato capire il trasferimento ad altra sede non è dipeso dalla Asl, ma dalla decisione del proprietario di affittare i suoi locali a un commissariato di pubblica sicurezza. Dove, però, Piro appare incomprensibile è quando elegge a modello da imitare la realtà della "salute mentale" della Asl di Aversa. Conosco un po´ quel mondo per aver lavorato, per 7 anni e in prima linea, nella zona di Casal di Principe-Villa Literno. Ciò a cui Piro fa riferimento è solo una bella fantasia. Lì si è consumata un´opera di colonizzazione sistematica che ha solo umiliato la professionalità di tantissimi operatori.
Nessuno, caro Piro, crede di vivere in un mondo ideale. Figuriamoci! Ma una cosa è la faticosa e paziente costruzione di soluzioni alle questioni reali, altro ancora la sottile crudeltà di chi brucia con la penna tutto ciò che non è conforme ai propri desideri.