martedì 22 giugno 2004

Argentieri, Bollea, Gatto Trocchi, Parsi
un convegno sui bambini a Roma

La Repubblica 22.6.04
Un´idea nuova di piccoli adulti in un convegno organizzato oggi a Roma alla facoltà di Scienze della formazione. In nome della cultura dell´infanzia
Famiglie, l´ultima rivoluzione è la fine del bambino tiranno
Così mamma e papà non pensano più al figlio-capolavoro
No alle troppe aspettative e alle partite vinte: crescerà meglio
La parola chiave ora è "rispetto": senza pagare prezzi di "unicità"
di MARIA STELLA CONTE


ROMA - Non più figli capolavoro. Non più genitori dalle sproporzionate aspettative. Nasce un nuovo bambino. Forse. Un bambino non più concepito in funzione dei sogni, delle proiezioni o degli immaginifici progetti degli adulti; nasce dal cuore e dalla mente di nuovi padri e nuove madri che sempre più numerosi «cercano di fare del figlio semplicemente quel che è, senza imporgli di pagare il prezzo della sua preziosa unicità».
Una inversione di tendenza - sostiene Marina D´Amato, ordinario di Sociologia all´Università Roma Tre - dalla parola chiave semplicissima: rispetto. Che non significa dire sempre sì, firmando la resa incondizionata ad ogni capriccio; che non c´entra con il mondo delle cose, con le quantità, ma riguarda la qualità delle relazioni familiari: disponibilità, tempo, attenzione. L´idea del bambino tiranneggiato dalle troppe aspettative e al tempo stesso tiranno in un mondo che lo asseconda in tutto; l´idea del figlio che con tutto quel che ha potrà, dovrà diventare tutto quel che è, declina. O così sembra agli studiosi dell´infanzia che (anche) di questo discuteranno oggi nel convegno "Per un´idea di bambini" organizzato dalla sociologa D´Amato presso la facoltà di Scienze della Formazione dell´Università romana dove ci saranno, tra gli altri, la psicoanalista Simona Argentieri, il neuropsichiatra Giovanni Bollea, l´antropologa Cecilia Gatto Trocchi, la psicoterapeuta Maria Rita Parsi.
«La cultura dell´infanzia è l´ultima e unica rivoluzione possibile», anticipa Parsi «e la società che nascerà ponendo al proprio centro il bambino non sarà per questo meno forte poiché ripartirà dalle sue radici. Avanguardie di genitori a parte, nella realtà si è passati da un´educazione oppressiva e violenta al lassismo totale; a bambini "tiranni" che non bisogna far piangere, urlare, disperare; bambini senza regole "perché tanto poi, crescendo, le regole le troveranno da soli"». Bambini che conoscono la solitudine, dice Parsi, «e che spesso sentono di essere un limite alla vita dei genitori».
Cambierà, impercettibilmente sta già cambiando. Le donne sembrano faticosamente uscire dal testa-coda che le vede sbandare tra casa, lavoro, famiglia; ora - sostiene la Parsi - sta agli uomini però fare la propria parte per costruire una «società di padri e non di sole madri; sta agli uomini e alla società, che deve riconoscere alla maternità, ai bambini e alla famiglia il loro valore, e non solo a parole».
Un cammino che visto con gli occhi dell´antropologa Cecilia Gatto Trocchi, sembra quasi impercorribile. Perdita del senso del ruolo, perdita di responsabilità, disinteresse. «I genitori - sostiene severamente Gatto Trocchi - non educano, delegano. Educare significa stare con i figli, cosa che non avviene e non certo per mancanza di tempo: il tempo è una realtà elastica, bisogna solo saperlo usare; educare non significa fornire ai bambini una serie indifferenziata di competenze ma insegnargli la vita, vivendo con loro, conoscendoli, guardandoli e facendosi guardare. Noi abbiamo abolito la "prova", il "rito", il premio e il castigo; abbiamo tolto ai bambini la possibilità di misurarsi con il dolore, la paura, le difficoltà. Nessun esempio da seguire se non i miti virtuali e televisivi... «Sì, presa da qui, un´inversione di rotta sembra improbabile. Improbabile, non impossibile».