mercoledì 14 luglio 2004

due libri sulla mente

Corriere della Sera 14.7.04
ELZEVIRO Tra semiotica e biologia
Che hanno in comune Van Gogh e l’amore
Solo un’entità naturale oppure qualcosa di simile a poesia e arte?


L’uomo si è prima interrogato sul mondo e sulla sua origine, costruendo miti e leggende alle quali nessuno probabilmente ha mai creduto veramente. Poi si è occupato della morte e della vita dei viventi oltre la morte, proponendo una varietà di soluzioni alle quali ha creduto e crede. Infine, soprattutto da quando la vita media si è allungata, si è occupato della mente, della sua forza e delle sue contorsioni. Intorno a questo tema si sta ancora dibattendo e sono sempre più numerosi i libri che trattano di questo argomento, tanto sul versante della psiche e del comportamento quanto su quello del cervello e del suo funzionamento. Alcuni (pochi) di questi libri hanno una base scientifica riconoscibile che fa riferimento alle scoperte fatte dalle neuroscienze in questi ultimi anni; altri (e sono la maggioranza) propongono una visione più speculativa, a volte anche molto ardita ed elaborata.
Il pregio delle opere di questo secondo tipo è quello di essere in genere di più agevole lettura e spesso più interessanti. E interessanti e stimolanti sono certamente due libri di recente pubblicazione: Mente, segno e vita di Felice Cimatti (Carocci) e L’esca amorosa di Paolo Crocchiolo (Stampa Alternativa). Cimatti che insegna a Scienze della Comunicazione ha prodotto un piccolo libro che si presenta come un manualetto per gli studenti, ma come dichiarato esplicitamente fin dal sottotitolo, ha l’ambizione di proporre una particolare visione della filosofia della mente, anzi una «ridefinizione complessiva del campo dei problemi di questa disciplina».
Che cosa propone il nostro autore, un esploratore solitario e vagamente iconoclastico della mente e della non-mente? Propone una visione collettiva della mente, anzi delle menti, iscritta nel quadro di riferimento di una semiosi universale. Pur avendo un fondamento nella biologia e quindi nella materia, le funzioni mentali ne esorbitano. Sono un fenomeno «naturale senza essere materiale». Sono qualcosa d’altro, come dicono in tantissimi senza dirci quasi mai bene in che cosa consiste questo altro. Cimatti non tergiversa: la mente è una «entità naturale» capace di cogliere il significato dei segni nel quadro di una semiosi collettiva esplorata dalla semiotica.
La sua via regia è quindi la semiotica. Ma che cos’è un segno? Nel suo Trattato di semiotica generale (Bompiani, 1975) Umberto Eco propone «di definire come segno tutto ciò che, sulla base di una convenzione sociale previamente accettata, possa essere inteso come qualcosa che sta al posto di qualcos’altro» aggiungendo con Peirce «sotto qualche aspetto o capacità». Per evitare alcune critiche di base Eco aggiunge anche che l’interpretazione, come l’interprete, non deve essere necessariamente reale; basta che sia anche solo possibile, cioè concepibile. Il vantaggio di una tale posizione è evidente: la mente e il mentale vengono liberati da ogni tipo di meccanicismo e dalle strettoie di un approccio riduzionistico di stampo fiscalista.
Il prezzo pagato è però molto alto. Se la mente umana è altra, anche le menti animali sono altre, quindi anche il comportamento e infine l’essenza stessa della vita si pongono al di là di ogni considerazione di natura materiale. Si approda così ad una contrapposizione «animato-inanimato» che sembrava sepolta una volta per tutte. Cimatti non ha paura di trarre fino in fondo queste conclusioni. Prima afferma che la parata di corteggiamento di un maschio in amore «è un fenomeno pienamente naturale senza essere riducibile ad un fenomeno fisico». Poi sostiene che «nessuno ha mai trovato, dentro una cellula, la particolare entità materiale che la rende viva; di più, se si volesse scoprire l’entità materiale che rende viva una cellula analizzandone l’interno, si otterrebbe il solo - desolante - risultato di ucciderla». Conclude infine inneggiando ad un «inestricabile intreccio fra fenomeni semiotici, mentali e biologici».
Quasi opposto è invece l’approccio scelto da Crocchiolo che sposa una visione biologica marcatamente evoluzionistica degli esseri umani e del loro mondo. Si tratta di un piccolo e leggero libretto scritto più per intrattenere che per istruire o indottrinare. La cosa che mi ha colpito di più leggendolo tutto d’un fiato è stato che, nonostante un certo ardimento speculativo, è praticamente esente da errori biologici, una cosa molto rara nelle pagine dei non addetti ai lavori, e a volta anche in quelle dei cosiddetti esperti. Con lucidità e con spirito, il nostro inquadra una serie di fenomeni umani - dai misteri del sesso e dell’amore a quelli della bellezza e dell’apprezzamento dell’arte, dalla concettualizzazione alla prospectiva pingendi , dal senso morale alla predisposizione al diabete, per finire con la mente e le emozioni - in una prospettiva evoluzionistica illuminata e incredibilmente aggiornata.
«Che cosa hanno in comune - si chiede Crocchiolo all’esordio - un quadro di Van Gogh, una passeggiata nel parco, un amore che finisce e la progettazione di un ponte? La risposta è: la mente umana, la mente di ciascuno di noi, ovvero la mente della specie umana». Come si vede, infinite sono le vie che portano alla mente e ci si può arrivare anche senza sacrificare né il rigore né la poesia.