L'Apollo di Prassitele risorge a Cleveland
Ma è davvero la celebre statua del maestro?
non si sa da dove viene ma la fattura è finissima
tante copie di marmo custodite nei musei
Il museo della città dell'Ohio ha acquisito il famoso bronzo greco del dio che uccide la lucertola
di SALVATORE SETTIS
Il Cleveland Museum of Art ha appena annunciato una sensazionale new acquisition: una statua greca in bronzo, a grandezza naturale, di un giovinetto, nel quale ogni occhio esperto riconosce a prima vista un´opera celebrata dagli antichi, l´Apollo della Lucertola di Prassitele. Plinio il Vecchio, pur dicendo Prassitele famosissimo per le sculture in marmo, menziona varie sue opere in bronzo, «bellissime; e fra queste un Apollo giovinetto intento a colpire con la freccia una lucertola che striscia furtiva: lo chiamano, appunto, Sauroctonos ("che uccide la lucertola")». Gli fa eco un epigramma di Marziale, che invita il dio-ragazzo alla clemenza: «Risparmia la lucertola che sta strisciando verso di te, ragazzo, non colpirla a tradimento: sappilo, non cerca di meglio che morire per tua mano». Marziale si riferisce certamente a una copia in piccolo, in bronzo "corinzio", il più pregiato (e cioè una lega in cui erano presenti percentuali di argento, e talvolta d´oro, per accrescere la lucentezza della superficie). Perché questo Apollo un po´ discolo dovesse tendere un agguato all´innocua lucertola, non sappiamo, nonostante molti tentativi di interpretazione in chiave simbolica o cultuale; né perché la lucertola bramasse perire per mano del dio. Ma la migliore testimonianza della fama del Sauroctonos presso gli antichi sono le numerose copie, quasi tutte in marmo, che si conservano in musei di tutto il mondo: in uno studio del 2002, Renate Preisshofen ne elenca una trentina fra intere e frammentarie, senza contare derivazioni e varianti magari un po´ infedeli, e qualche riproduzione in piccolo, su monete o gemme. Fu appunto in una gemma che lo riconobbe, sulla base della descrizione di Plinio, il barone Philipp von Stosch (1724); e poco dopo Winckelmann lo identificava in una statua della collezione Borghese (oggi al Louvre); altre copie vennero alla luce lungo il Settecento, e finirono in collezioni prestigiose come quella del cardinale Albani, i Musei Vaticani, Ince Blundell Hall e altre country houses inglesi, di Thomas Hope e Lord Lansdowne.
Questa corsa ad accaparrarsi le copie del Sauroctonos via via che emergevano dalla generosa terra italiana si spiega facilmente. Solo da poco si era capito che, fra le migliaia di statue antiche ritrovate a Roma e altrove, alcune erano più preziose, perché vi si potevano riconoscere, grazie alla descrizione delle fonti antiche (specialmente Plinio), i più famosi capolavori dei massimi scultori antichi. Fidia e Policleto, Lisippo e Prassitele erano ormai solo dei nomi carichi di un millenario prestigio, ma evanescenti e inafferrabili in mancanza di opere note. Fra Sette e Ottocento si comprese invece che quei grandi non avevano lasciato solo il nome scritto nelle pagine di Plinio, di Pausania o di altre "fonti": e che la loro gloria era stata tanta, da indurre i ricchi romani a procurarsene, in manzanza del troppo costoso originale, copie da mettersi in casa. Gli archeologi principiarono allora a stilare accurati elenchi di copie, a misurarle e confrontarle a una a una, cercando di ricostruire l´originale perduto, proprio come da tardi manoscritti il filologo tenta di ricostruire una forma del testo il più vicina possibile a quella di Euripide o di Virgilio. Ricerca tanto più intensa e delicata, quando l´originale perduto era (come è il caso del Sauroctonos) di bronzo, e le copie invece in marmo.
Di bronzi antichi, infatti, non se n´è conservato quasi nessuno: alla fine dell´impero romano e nel medio evo quasi tutti furono fusi per ricavarne metallo per monete, armi ed utensili. E se a Roma qualcuno ne rimase (come il Marco Aurelio e la Lupa), i bronzi greci che popolavano a decine di migliaia città e santuari sparirono tutti nel nulla. Nel 1502 un giovinetto in bronzo, scoperto a Rodi, giunse a Venezia e poi, dopo lungo pellegrinaggio in tutta Europa, a Berlino: ma la vera "resurrezione" dei bronzi greci comincia nel 1896 con la scoperta dell´Auriga di Delfi, e prosegue fino ad oggi con scoperte sempre nuove, spesso avvenute in mare. Queste statue (per esempio i Bronzi di Riace) si sono conservate fino a noi solo perché naufragarono le navi che le trasportavano da un luogo all´altro (spesso da un santuario greco depredato a Roma): e insomma il tragico evento del naufragio (come l´eruzione a Pompei e ad Ercolano) ha finito per regalare a noi posteri minime ma preziose testimonianze di quella gloriosa scultura greca in bronzo, che altrimenti dovremmo accontentarci di immaginare solo da tarde descrizioni e copie. Ma non è accaduto finora che uno dei grandi bronzi greci riscoperti corrisponda puntualmente alla descrizione di una fonte antica (perciò non sappiamo chi è l´autore dell´Auriga di Delfi o dei Bronzi di Riace).
Ecco perché, se l´annuncio che giunge da Cleveland è attendibile, la scoperta sarebbe davvero sensazionale. Si tratterebbe, infatti, del primo originale di un grande maestro greco tornato alla luce, e per così dire "firmato" dalla sua puntuale corrispondenza con le descrizioni antiche e con le copie che ne derivano. Ma è davvero così?
Di un originale di Prassitele riscoperto in mare si è parlato di recente anche in Italia, a proposito del Satiro danzante di Mazara, esposto a Montecitorio in una mostra memorabile: ma si tratta con tutta probabilità di un´eccellente copia romana da originale ellenistico non anteriore al 300 a. C. Anche il Sauroctonos di Cleveland potrebbe essere una copia? L´annuncio del museo non lo esclude del tutto, ma propende nettamente per la diagnosi più ardita: anche se le analisi continuano, in vista di un grande congresso internazionale nell´aprile del 2006, i primi esami della lega bronzea daterebbero il bronzo proprio al IV secolo a. C., l´età di Prassitele. Certo, per quanto si può giudicare dalle fotografie disponibili, la qualità di questo bronzo è altissima, sottile e vibrante appare l´epidermide carezzata dalla luce che definisce ed esalta l´anatomia del corpo adolescente, intensa e come sospesa l´espressione del volto, accurati alcuni dettagli-chiave (come gli inserti in rame per i capezzoli e le labbra). La conservazione è quasi perfetta, anche se mancano parte delle braccia e l´albero su cui si arrampicava la lucertola (che invece è conservata).
Ma da dove viene questo bronzo, che il museo di Cleveland descrive con orgoglio come «di gran lunga la più importante scultura classica entrata in America dopo la II guerra mondiale»? La storia ufficiale è presto detta: le analisi scientifiche, dichiara il museo, «provano che la scultura fu scavata ben prima del 1900». La statua sarebbe stata conservata nel giardino di una villa nella Germania Est, sfuggendo all´attenzione perché considerata opera del Settecento, e dopo la caduta del muro di Berlino sarebbe tornata al proprietario, Ernst-Ulrich Walter, che la vendette qualche anno fa. Storia non impossibile, ma nemmeno troppo plausibile: come poteva restare tanto invisibile una statua di tale qualità proprio in Germania, patria dell´archeologia "filologica" e della storia dell´arte antica? In ogni caso, è un vero peccato che non si conoscano le circostanze e il luogo del ritrovamento: la conoscenza del contesto aiuterebbe enormemente a valutare il significato (e anche l´originalità) della statua. Dove fosse in antico l´originale prassitelico, Plinio non dice. Antonio Corso (autore di una monografia su Prassitele che sta per essere pubblicata dall´Erma di Breschneider) ha osservato che il Sauroctonos è rappresentato sulle monete imperiali di Apollonia al Rindaco e di altre città dell´Anatolia, e dunque forse era lì che stava all´origine la statua. D´altra parte, tutte le copie (alcune anteriori a quelle monete) vengono dall´Italia, e dunque è molto probabile che l´originale fosse stato trasportato a Roma, e sostituito con una copia nella prima età imperiale.
Ma quello di Cleveland sarà l´originale di Prassitele o una copia, magari proprio quella che lo sostituì (diciamo) nel tempio di Apollonia al Rindaco? Davvero non saprei dirlo prima di averlo visto di persona (e delle relative analisi). Non dimentichiamo però che già nel Settecento si era creduto di aver scoperto l´originale Sauroctonos di Prassitele: Winckelmann, entusiasta della qualità della statua Borghese, dichiarò dapprima che doveva essere l´originale anche se di marmo (dunque contro la testimonianza di Plinio), ma si ricredette qualche anno dopo, quando un Sauroctonos di bronzo, di dimensioni ridotte, fu trovato sull´Aventino. Il cardinal Albani si recò personalmente a prendere il preteso Prassitele, raccolse personalmente la statua dallo scavo, e la portò religiosamente, sulle sue braccia, fino alla propria carrozza (ritenuta ora una copia del I secolo d. C., la statua è ancora a Villa Albani). Ma anche a Palazzo Barberini, al principio dell´Ottocento, si mostrava ai visitatori una lucertola di bronzo, indicandola come frammento dell´originale prassitelico. Questo lungo inseguimento è ora finito, e il capolavoro di Prassitele risorge a Cleveland, Ohio? C´è da scommettere che se ne discuterà per molto ancora.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»