lunedì 13 settembre 2004

due articoli dal web:
disagi psichici nei preadolescenti e invecchiamento

www.kataweb.it 12 settembre 2004
Milano, 16:43
Disturbi psichici per 1 bimbo su 10

Secondo l'Istituto Eugenio Medea di Milano, in Italia un preadolescente su dieci è affetto da disturbi psichici. Il dato è emerso dal progetto Prisma (progetto italiano di salute mentale adolescenti) finanziato dal ministero della Salute, i cui risultati sono stati resi noti mercoledì scorso.
Lo stesso istituto, in seguito ad alcuni articoli usciti sull'argomento, interviene per meglio precisare i vari aspetti dell'inchiesta. Questo anche per ribattere a certe valutazioni sui metodi seguiti nell'indagine e a ipotesi sulla possibilità che lo studio fosse indirizzato anche all'introduzione del Ritalin, un medicinale molto discusso.
Nel suo intervento, l'associazione "La Nostra Famiglia" dell'Istituto Medea di Milano, ricorda che "il nuovo padiglione che verrà inaugurato si occuperà di ricerca, cura e riabilitazione di bambini affetti da sindromi rare, esiti di traumi cranici, tumori cerebrali, malattie neuromuscolari e paralisi cerebrali infantili".
"Non si tratta - si sottolinea nella nota - di "padiglioni da inaugurare e scatole di medicinali da acquistare", ma di una struttura che accoglierà bimbi gravissimi, quei bambini sui quali, purtroppo, la società ha deciso di investire poco o niente. Da tener presente che il nostro Istituto Scientifico è il maggiore in Italia per quanto concerne la riabilitazione in età evolutiva".
L'intervento prosegue rilevando che "gli strumenti utilizzati per l'indagine non sono un'invenzione dei nostri ricercatori, ma si tratta della CBCL 6-18 (Achenbach & Rescorla, 2001) [Child Behaviour ChekList], in assoluto la checklist più utilizzata nel mondo per studi sul disagio psicologico in età evolutiva, e della DAWBA (Development and Well Being Assessment), intervista semi-strutturata preparata dal Prof. Goodman, ricercatore del gruppo di maggiori epidemiologi inglesi (Rutter)".
"Le famiglie "campione" - continua la nota - non sono state irretite da "banditori di mercato": c'è stato un primo contatto dei nostri ricercatori con le scuole, che erano ovviamente libere di accettare o meno la proposta di indagine. Sono seguiti poi due diversi step con le famiglie disponibili a farsi intervistare: anche qui c'è stata, naturalmente, la piena libertà di accettare o abbandonare lo screening in ogni diversa fase".
L'intervento contesta quindi la tesi "preconcetta" secondo cui la ricerca sia stata effettuata per introdurre il Ritalin in Italia, rilevando che così facendo si manipolano i risultati dell'indagine, confondendo ansia, depressione e adhd: "Se il totale dei disturbi ammonta a circa il 9 per cento, l'adhd si attesta sul 2 per cento. I dati in questo senso sono nettamente inferiori alla media europea e americana: quale ricercatore in malafede andrebbe mai contro l'aspettativa stessa della sua ricerca?".
Nel suo intervento l'Istituto sollecita a non confondere "i bambini affetti da adhd con i bambini "distratti e a volte irrequieti": una diagnosi corretta, invece, differenzia quelli che sono "semplici" problemi di attenzione o di irrequietezza (la sindrome del bambino "pierino") dalla vera e propria malattia che si presenta con un corteo di sintomi ben identificabile".

Yahoo!Salute lunedì 13 settembre 2004, Il Pensiero Scientifico Editore
L'ottimismo rallenta l'invecchiamento

L'ottimismo e una visione positiva della vecchiaia, scevra di idee stereotipate che rimandino alla terza età come a un periodo di generale declino, sono linfa vitale sia per la mente che per il corpo aiutando entrambi a reggere bene il peso degli anni.
Lo hanno dimostrato due studi indipendenti entrambi apparsi questo mese sulla rivista Psychology and Aging pubblicata dalla American Psichology Association (APA).
Il fisico è mantenuto intatto da una visione ottimistica della vita secondo i risultati della prima indagine svolta dal team coordinato da Glenn Ostir della Università del Texas Medical Branch presso Galveston. La loro analisi ha infatti provato che il rischio di fragilità e infermità fisica in tarda età è tanto più elevato quanto meno ottimistica è la visione della vita e del futuro dell'individuo.
La mente, in particolare la memoria, è stata oggetto invece dell'altra indagine intrapresa dai ricercatori della North Carolina State University. Le performance dimostrate nello svolgimento di test cognitivi sono ridotte quando nella testa delle persone hanno messo forti radici idee negative della vecchiaia, frutto di stereotipi e luoghi comuni, ha rilevato il team-leader di questo studio Thomas Hess.
L'analisi svolta presso l'ateneo texano è durata sette anni durante i quali gli esperti hanno monitorato costantemente la salute fisica di un gruppo di 1558 adulti quantificando il suo declino negli anni. È vero che complessivamente vi è stato nei sette anni un aumento dell'incidenza di infermità, pari a quasi 8 punti percentuale. Ma i ricercatori hanno posto attenzione al grado di infermità o più semplicemente debolezza fisica di ciascun volontario constatando molte differenze individuali: il livello di infermità cresceva differentemente in base alle emozioni dominanti el singolo.
L'infermità, hanno precisato gli esperti, era misurata con una batteria di test fisici tra cui la misura della velocità nel cammino, della forza con cui si afferrano gli oggetti, della perdita di peso e dell'affaticamento. Invece la predisposizione ottimistica e non del loro stato d'animo era quantificata sottoponendo i volontari a una serie di questionari settimanali. A ogni individuo campione era stato chiesto di annotare scrupolosamente quante volte nell'arco dell'ultima settimana la sua mente era stata sfiorata da pensieri o frasi come "non sono da meno degli altri", "vedo il futuro con ottimismo", "mi godo la vita", "sono felice". Confrontando le misure di infermità e i livelli di ottimismo è emerso che più gli individui erano pervasi da emozioni positive minore era il grado di infermità individuale accumulata negli anni. Il rischio di infermità diminuiva del 3 percento per ogni "unità" in più sulla scala dell'ottimismo.
Nella seconda indagine i ricercatori hanno proposto un gioco di memoria a quasi 200 persone in due gruppi di eta', 17-35 e 57-82 anni. I volontari durante gli esercizi erano esposti a serie di parole con connotazione positiva o negativa ma tutte legate a concetti stereotipati di invecchiamento, per esempio invecchiamento come sinonimo di nervosismo, affaticamento, scontrosità oppure di saggezza e acume. Le loro performance mnemoniche venivano misurate con giochi di parole. Il gruppo dei più anziani mostrava performance mnemoniche ridotte quando era sotto lo stimolo di vocaboli che rimandavano a un'accezione negativa degli anni d'oro. Invece giovani e anziani avevano performance comparabili quando erano esposti a vocaboli dall'accezione positiva.
L'invecchiamento è un processo complesso dietro il quale sicuramente si muovono le fila di molti fattori ereditari e ambientali, hanno ricordato gli scienziati. Ma entrambi gli studi mettono l'accento sulla possibilità offerta a tutti noi di ritardare il decorso di questo processo facendo proprio un senso della vita intriso di ottimismo. È difficile per ora capire quali siano i passaggi molecolari, di certo molti e complicati, di raccordo tra età e umore, hanno concluso gli esperti, ma molte ricerche in precedenza hanno dimostrato come il tono dell'umore incida sul sistema immunitario e su altri meccanismi biologici critici per il nostro benessere.

Bibliografia. Ostir G, Ottenbacher K, Markides K. Onset of frailty in older adults and the protective role of positive affect". Psychology and Aging 2004; Vol. 19, 3.
Hess T, Hinson J, Staham J. Explicit and implicit stereotype activation effects on memory: do age and awareness moderate the impact of priming? Psychology and Aging, 2004; Vol. 19, 3