lunedì 11 ottobre 2004

BergamoScienza

L'Eco di Bergamo 11.10.04
La scienza non è fiction ma fa il pieno

«Abbiamo colmato un'esigenza», ripete con semplicità Gianvito Martino, presidente di Sinapsi, a chi gli chiede le ragioni dello straordinario successo di BergamoScienza. Nei primi tre giorni della manifestazione, la risposta della gente, accorsa in massa ai convegni e a far visita alle mostre, è stata travolgente, di gran lunga superiore a ogni aspettativa. Un fiume in piena che ha sorpreso gli stessi organizzatori e ha costretto televisioni e grande stampa ad intervenire in forze per accendere i riflettori su Bergamo. Una buona idea, perseguita con tenacia, si è trasformata in un vero e proprio avvenimento, dando vita a un fenomeno culturale che a Bergamo non si ricordava dai tempi della grande mostra su Giovan Battista Moroni.
A sconvolgere in senso positivo la città, che «improvvisamente è apparsa più viva, più simpatica e più proiettata verso il futuro» - come ha sintetizzato il presidente del comitato scientifico della manifestazione, lo scienziato Edoardo Boncinelli -, è stato un drappello di amici, alcuni dei quali ricercatori, uniti dall'amore per la scienza e dalla convinzione che essa debba essere messa alla portata di tutti, in particolare dei più giovani. Vale la pena ricordare che, solo alcuni mesi fa, le stesse persone - tutti volontari con pochi mezzi e privi di pregiudizi ideologici - si aggiravano fra istituzioni e imprese a chiedere una mano, incassando anche numerosi «ci dispiace». È nell'ordine delle cose ma, alla luce dei risultati, a loro e a chi ha creduto in questa scommessa oggi Bergamo deve un grazie sincero.
Non c'è stato incontro, mostra, proposta che non abbia registrato il «tutto esaurito». Ottocento persone all'inaugurazione nella ex chiesa di Sant'Agostino, altrettante per la conferenza sulla clonazione; ovunque sale piene: tantissimi i giovani alle lezioni di genetica e di astrofisica. Ma il riscontro più incredibile si è registrato ieri sera, quando ha dovuto intervenire la polizia per dissuadere le centinaia di persone rimaste fuori dai saloni del Centro Congressi, desiderose di assistere al convegno con Mauro Ceruti, Massimo Cacciari e il cardinale Martino. E non è finita: già questa mattina, alla Fiera Nuova, sono previsti mille studenti delle superiori a lezione da Boncinelli e Beppe Remuzzi che cercheranno di spiegare loro il mestiere di scienziato. E per tutta la settimana continueranno mostre e concerti.
Qual è la lezione che ci arriva da BergamoScienza? Anzitutto l'interesse del grande pubblico per temi ritenuti, evidentemente a torto, esclusiva degli specialisti. Un sintomo confortante che, dopo gli anni delle ideologie e delle disillusioni, e nonostante il bombardamento mass mediatico che propone modelli frivoli e fiction pervase di sentimentalismo, la cosiddetta gente non ha ancora perso, anzi ha acuito, l'interesse per la realtà così come essa si pone. C'è un estremo bisogno di realtà, di conoscere come stanno veramente le cose, e forse è per questo che gli scienziati che la indagano con serietà e rigore raccolgono oggi il massimo della stima e della credibilità. La seconda lezione è che si può parlare di energia nucleare e di clonazione senza steccati e senza dogmatismi, da uomini aperti, in modo che nessuno si metta in cattedra a dettare agli altri cosa sia giusto pensare e cosa si debba fare. Vale in primo luogo per chi, forte di principi assoluti, pone sempre e comunque barriere insormontabili alla ricerca; ma vale anche per gli stessi scienziati i quali, prendendo a prestito un'immagine utilizzata ieri, devono avere chiara la consapevolezza di essere esploratori mandati in avanscoperta dalla «tribù degli uomini» per indagare i misteri dell'universo e dell'io, senza pretendere di essere gli unici depositari della verità. La scienza, è stato ripetuto più volte in questi giorni, non è un assoluto, ma un prodotto storico. Ed è vero quanto ha sostenuto Cacciari: siamo da tempo usciti dal positivismo ottocentesco ed è la consapevolezza dei suoi limiti che oggi interessa alla scienza. L'urgenza, allora, non è ripetere all'infinito i rischi che le nuove scoperte possono rappresentare, bensì «la cura dello scienziato in quanto tale, l'apertura di un dialogo profondamente umano sulla sua angoscia e sulla sua inquietudine».
La terza lezione riguarda la nostra città. Un'avventura come BergamoScienza dimostra che chi è portatore di idee nuove che sappiano incidere, fino a diventare un modello culturale, trova il consenso di tutti. Perché se centinaia di ragazzi si accalcano ad ascoltare le conferenze di Cavalli Sforza, Simons, Redi, Galli, Mullis e recepiscono la sfida e lo spirito critico di don Verzè il futuro è garantito.

Corriere della Sera 11.10.04
«Professione scienziato. Per restare sempre giovani»
Oggi i ricercatori incontrano mille studenti. Remuzzi: «Si mantiene la capacità di stupirsi». Boncinelli: «È il mestiere più bello del mondo»
DAL NOSTRO INVIATO

BERGAMO - Pronti a giurare che fare lo scienziato è il mestiere più bello del mondo. A impegnarsi per suscitare entusiasmi, muovere curiosità. Far provare un brivido d’avventura per territori scientifici immensi, che aspettano solo di essere conquistati. Saranno invitati a sentirsi pionieri i mille ragazzi che questa mattina andranno al Palatenda per ascoltare Giuseppe Remuzzi, medico e direttore dell’Istituto Mario Negri di Bergamo, e Edoardo Boncinelli, fisico, biologo, che ha scoperto una famiglia di geni che controllano il corretto sviluppo del corpo. Chi meglio di loro, per appassionare i giovani? E cosa meglio di un festival come questo che oggi chiude con i dibattiti, ma prosegue in settimana con mostre e laboratori, per convincerli che «per diventare scienziati basta lasciarsi incuriosire dalla realtà, farsi stupire dalla natura, dalle cose piccole o grandi che evocano un sentimento di bellezza», come ripete Marco Bersanelli, astrofisico?
Boncinelli ne è convinto: «Non c’è mestiere più bello, che dia altrettanta libertà e consenta di porsi domande affascinanti sull’universo, la terra, il corpo, il linguaggio. Lo scienziato ha l’impressione di riuscire ad aumentare il nostro patrimonio di conoscenze». Rincara Remuzzi: «Si attivano tutte le facoltà intellettuali e non si è mai arrivati: più si studia più si aprono scenari nuovi. Si deve restare sempre un po’ ingenui, pronti a stupirsi, giovani insomma. E poi questo è un mondo aperto: non ci sono barriere, se si è bravi, tutti lo riconoscono».
Perché i giovani sono allergici alla scienza? Risponde Boncinelli: «Forse perché si è data l’impressione, sbagliata, che non ci sia più niente da scoprire. Questo non è vero per la fisica, figuriamoci per la biologia, dove c’è ancora tutto da fare». E poi c’è il vecchio stereotipo dello scienziato chiuso in laboratorio, isolato da tutto: «Invece si è sempre a contatto con le persone, in giro per il mondo», spiega Remuzzi.
Certo, a vedere le centinaia di persone che ieri non sono riuscite a entrare per ascoltare il dibattito con Massimo Cacciari (sono arrivati anche polizia e carabinieri a regolamentare l’accesso) e considerando che sabato sono state «diecimila le persone che hanno frequentato convegni, mostre e dibattiti», come assicura Matteo Salvi, direttore del centro congressi di Bergamo, sembrerebbe quasi che non ci fosse bisogno di quest’opera di convinzione. E invece questi sono miracoli che avvengono solo in occasione di festival simili. La realtà è meno trionfale: «Ogni anno in Italia abbiamo 280 mila laureati e seimila ricercatori in materie scientifiche in meno rispetto al resto d’Europa - spiega Gianvito Martino, presidente di Sinapsi -; queste iniziative servono per rendere la scienza più fruibile». La realtà è anche un po’ triste: «Questa mattina - anticipa Remuzzi -, dovrò anche parlare della mia collaboratrice molto in gamba che è costretta a lasciare perché la borsa di studio non le basta». Solo un accenno, magari: ci sono mille ragazzi da convincere: «Basterebbe che solo due diventassero scienziati e sarebbe già un successo», parola di Boncinelli.