lunedì 11 ottobre 2004

Cina

Corriere della Sera 11.10.04
LE AUTORITA’
I ribelli gentili che non conoscono Mao
Internet, rock e sogni: i teenager di Pechino sono lontani anni luce dal comunismo dei loro padri
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
Fabio Cavalera

PECHINO - Ci sono tanti possibili modi di interpretare il successo economico della Cina, le contraddizioni del suo sistema e le trasformazioni negli stili di vita legate al ritmo forsennato dello sviluppo. Ma uno dei più efficaci e dei meno battuti dagli osservatori internazionali - impegnati a considerare i numeri relativi alle performance industriali - è quello che guarda ai giovani.
Sono loro, questo immenso esercito di ragazzi, di adolescenti, di universitari, persino di precoci lavoratori della terra che si spostano nelle metropoli alla ricerca di integrazioni salariali dopo la stagione dei raccolti (dal 1997 sono stati circa cento milioni i migranti interni), sono loro che ormai costituiscono uno degli ingranaggi più importanti nel motore della innovazione.
È una massa che preme sui vecchi equilibri della società, che sa essere creativa e alla quale non piace l'omologazione generata dal maoismo. Una massa che è nata quando il Grande Timoniere era già morto (1976) e che ha accompagnato negli ultimi venti anni le tappe della politica di apertura graduale del regime alla economia capitalista. Una massa che non ha conosciuto le durezze, le violenze fisiche e ideologiche della rivoluzione culturale. Una massa che crede nella modernizzazione, nella ricchezza, nel successo e non è comunista. Che ama il cinema e la musica. Dentro questa massa si sta formando la classe dirigente del domani, quella che sostituirà Hu Jintao, il leader che sta governando la svolta. Se Hu Jintao è la quarta generazione della Cina formatasi nel 1949, una quarta generazione ancora divisa nel partito fra conservatori e riformatori, quella dei ragazzi cresciuti dal 1976 in poi è la quinta generazione che sta diventando adulta con miti, obiettivi, speranze, delusioni tutte diverse dal passato.
Pechino non é l'immagine della Cina. Troppe sono le differenze sociali e di educazione da una città all'altra, da una provincia all'altra. Ma nella settimana appena conclusa della festa nazionale per il cinquantacinquesimo anniversario della Repubblica Popolare (sei giorni di fermo totale del Paese inventati per incentivare le spese e lo shopping), la capitale è stata presa dall'assalto frenetico di intere famiglie da ogni provincia o distretto e si è come trasformata in uno specchio nel quale sono sfilate le facce, le problematiche, le idee che oggi scuotono l'anima dei giovani cinesi. Di chi cerca il successo, di chi lo ha trovato e di chi ha perso la bussola o teme di perderla. Il volto di una Cina che ha scoperto il consumismo dei McDonald's e dei grandi centri commerciali, oppure che si rifugia nella tranquillità di una comodissima libreria all'Oriental Plaza dove sfogli riviste e pubblicazioni bevendo un caffè o un tè, oppure che si culla nel divertimento dei locali alla moda (che aprono al ritmo di uno alla settimana). Una Cina giovane che sta pure sperimentando la malattia trasmessa dall'ansia di rispondere alla sfida della competizione e alle attese di chi (i genitori, i parenti, le autorità) ti chiede di sfondare e scommette su di te per cercare una rivincita sociale o affermare un nuovo ruolo. E' l'altra parte, quella nascosta, della vitalità della gioventù cinese.
Secondo il centro psicologico dell'Università di Pechino almeno due ragazzi su dieci soffrono di lievi crisi depressive ma quattro su cento ne soffrono in maniera grave. E' la Cina che ama le auto e i vestiti, che ama Internet, i computer e i videogame. Shen Qiyun, direttrice del Comitato per la riforma della educazione, sostiene che in un anno sono stati venduti 30 milioni di giochi elettronici perlopiù a diciottenni e a ventenni. Una tendenza che sta preoccupando la Lega giovanile comunista al punto da costringerla il 26 settembre scorso a emettere una sorta di classifica dei videogame: quelli accettabili e quelli no. Li ha divisi in cinque categorie (violenza, sesso, terrore, morale, cultura) e ogni categoria a sua volta in gradi di intensità. Dal meno pericoloso al più pericoloso. Ha spiegato Shen Qiyun: «I giovani hanno il diritto di passare il loro tempo libero con i videogame, è impossibile vietarlo possiamo però consigliarli su che cosa è giusto e che cosa è sbagliato».
Ecco dunque una Cina giovane dai mille volti che contrastano ma che alla fine si integrano nell'esprimere un forte desiderio di libertà e di moderazione, di apertura e di solido realismo. Per cominciare il volto che appare un po' eccentrico e controcorrente ma che in verità è già orientato alla mediazione con le regole imposte dalle autorità. Il volto della cultura underground. Se nei primi giorni di ottobre - mentre in piazza Tiananmen sventolavano le bandiere rosse davanti al ritratto di Mao - andavi al parco internazionale delle sculture alla periferia ti imbattevi nei metallari, nei punk, nei rockettari partiti anche dalle zone più estreme del Celeste Impero. Come la piccola Yu in gonnella corta stile leopardo e capigliatura rossa, che se ne stava in una tenda montata ai bordi di un marciapiede. E ce ne erano tante altre di tende canadesi, distribuite lungo una siepe al «Midi festival», il festival dei musicisti alternativi. I padri degli alternativi (saranno stati diecimila nel parco) erano guardie rosse e un tempo sarebbero inorriditi all'idea di trovarsi figli con giubbotti in pelle nera, jeans rattoppati, capelli colorati, accovacciati a scambiarsi cd delle migliori band inglesi o americane degli anni Settanta, Ottanta, Novanta.
Eppure la cultura underground ha messo radici. Sono i giovani che hanno ribaltato la scala dei valori. Uniscono il sentimento della ribellione, una ribellione moderata, a una gentilezza di fondo che è tipica cinese.
Non c'è proprio nulla di aggressivo in questi ragazzi. C'è lo smarrimento di chi cerca una strada nuova. E lo capisci quando vedi che vendono per dieci renmimbi, poco più di un dollaro, un euro, asciugamani con gli sguardi di Mao e di Saddam Hussein. E non sai se lo fanno per celebrare o per schernire. Lo chiedi e ti rispondono: decidi tu, sventolalo o pulisciti. C'era stampato in ideogramma sull'asciugamano: rock your life . Un invito a rendere più elettrica la tua vita. Hanno un punto di riferimento in complessi tipo i Primavera e Autunno o i Recycle o gli Handsome Black o gli Ak 47 o i Ming Jie i quali cantano «Non ce ne frega niente di niente, vogliamo essere soltanto noi». Un po' come Vasco Rossi in Italia. Frequentano i loro locali, della periferia pechinese, il «Nameless Highland» il più gettonato. Suonano, bevono birra, improvvisano mercatini dell'usato di dischi e film. I video di Charlie Chaplin, Mastroianni, Fellini, poi l'horror, l'amore romantico, la guerra, il west selvaggio.
Non sono ragazzi emarginati questi underground cinesi. Vogliono essere diversi, si coprono di piercing, dicono di rifiutare l'omologazione.
Però si autocensurano. Sanno qual è il limite oltre il quale non bisogna andare, non possono andare, non intendono andare. E le autorità tollerano. C'è una sorta di compromesso accettabile per le due parti. Li chiamano linglei , un tempo significava teppista ora più semplicemente sta per alternativo. Molti studiano, la stragrande maggioranza è alle superiori. Sono punk o metallari romantici e sognatori. Anche loro parte - piccola, gentile e risoluta - di una generazione che sta cambiando i lineamenti della Cina. E che colgono al volo l'opportunità di una grande Festa Nazionale per divertirsi, o suonare, o cantare, anziché ricordare i padri fondatori di una Repubblica Popolare che non c'è più.

(1-continua)

Corriere della Sera 11.10.09
Quinta generazione

POCHI GIOVANI Sono relativamente pochi i giovani nella Repubblica popolare: su 1,3 miliardi di abitanti, quelli al di sotto dei 18 anni sono il 28%. In India sono a esempio il 41%
MOLTI MASCHI
La politica di controllo delle nascite e l’aborto legale (anche se è proibito effettuarlo in base al sesso) fa sì che i maschi siano più delle femmine: sotto i 15 anni 1,13 per ogni femmina
PIU’ MODERNI
Anche in Cina sono i giovani a usare le nuove tecnologie: su 87 milioni di internauti, una ventina hanno meno di 18 anni. Gli stessi che hanno comprato 30 milioni di videogame