mercoledì 27 ottobre 2004

Costituzione della Repubblica
la questione del crocifisso nelle scuole

Repubblica 27.10.04
Ieri la prima riunione della Corte Costituzionale dopo un ricorso. L'Avvocato dello Stato: il simbolo dell'alleanza con la Chiesa
Crocifisso a scuola, battaglia in Consulta
Simbolo religioso in classe: i giudici supremi chiamati a decidere
Accanto al Nazareno la sigla dell'unione che raggruppa agnostici, atei e razionalisti
di MARCO POLITI

ROMA - Non c'è il crocifisso nell'aula più importante d'Italia, dove alle nove e mezzo di mattina si riuniscono i quindici giudici della Corte Costituzionale in toga nera e gorgiere bianche per deliberare se il simbolo cristiano debba o no fissare i ragazzi sui banchi di scuola.
In Germania i giudici supremi hanno già deciso dieci anni fa che altro sono simboli, edifici e atti di culto nelle pubbliche piazze, altro è l'esposizione dell'emblema di una sola religione nelle aule dove si svolge l'insegnamento della scuola dell´obbligo. Perché lì gli studenti per volontà dello Stato e «senza possibilità di scampo... sono a confronto con questo simbolo e sono costretti a imparare sotto la croce». Dunque non è possibile imporre il crocifisso.
Sotto lo sguardo attento del presidente Valerio Onida, l'avvocato dello Stato Antonio Palatiello (in rappresentanza del presidente del Consiglio) dà una motivazione opposta. L'articolo 7 della Costituzione - afferma - quello che ha introdotto nella nostra carta fondamentale i Patti Lateranensi, ha forgiato una Speciale Alleanza. Un patto speciale tra Stato e Chiesa, che lo Stato non può abrogare unilateralmente ma soltanto tramite riforma costituzionale. Un patto che, nella revisione dell'84, impegna entrambe le parti alla «reciproca collaborazione per la promozione dell´uomo e il bene comune del Paese». Cos'è il crocifisso allora, argomenta Palatiello? «L´emblema della nostra speciale alleanza». Chiesa e Stato, scandisce, procedono a forze congiunte. Chiedere di togliere il segno cristiano, sarebbe come mettere in dubbio il patto. No. «Non bisogna vergognarsi del vessillo cattolico!».
Alle spalle dei giudici una Madonna con Bambino sembra ascoltare con dolcezza. Pareva attenta anche quando il costituzionalista Massimo Luciani ha argomentato pacatamente che sarebbe un po' penoso e «offensivo» voler privare il crocifisso della sua potenza evocativa, riducendolo a semplice icona di storia nazionale o metafora genericamente universale. E il crocifisso che parla a San Francesco? E quello dei mistici che gronda «sangue caldo e gorgogliante» può essere sterilizzato e privato della sua vitalità religiosa? «Nessuna guerra di religione», sottolinea determinato Luciani, ma nemmeno - fa capire - nuove sante e improprie alleanze che nulla hanno a che fare con la Costituzione italiana. C'è un principio supremo di laicità a cui riferirsi, che non significa neutralità dinanzi al fatto religioso, ma doverosa equidistanza nei confronti di ciascuna confessione. E impossibilità di privilegio nei confronti di una sola.
La Corte deve decidere nei prossimi mesi. C'è chi sussurra già entro novembre. Sarà lo stesso presidente Onida a stendere la sentenza. Intanto c'è da decidere sull'ammissibilità del ricorso e poi sul merito. Tutto ha avuto origine da una sentenza del Tar del Veneto, quando una madre «libera pensatrice», la finlandese Soile Lautsi, ha impugnato una delibera del consiglio d'istituto della scuola media «Vittorino da Feltre» di Abano Terme, che stabiliva di «lasciare esposti i simboli religiosi... anche per incentivare una maggiore educazione all'integrazione religiosa e al rispetto delle libertà di idee e di pensiero per tutti». Dieci a favore, due contrari, un astenuto. Peccato che i simboli religiosi non erano al plurale, ma uno solo. La signora Lautsi ha fatto ricorso nel nome del principio di imparzialità e laicità dello Stato. Il Tar del Veneto ha trovato fondata la richiesta, spiegando che il crocifisso ha un chiaro significato confessionale.
E inoltre, mentre per l'insegnamento religioso studenti e genitori hanno libertà di scelta se avvalersene o meno, la presenza obbligatoria del simbolo finisce per delineare una «disciplina di favore» ingiustificabile.

Repubblica 27.10.04 (stessa pagina)
IL CASO
La protesta del magistrato civile e "agnostico" Luigi Tosti
Camerino, il giudice arriva in aula e appende al muro il simbolo ateo

ROMA - Ieri mattina, quando è arrivato in tribunale, il giudice Luigi Tosti ha tirato fuori dalla cartella una targhetta con il simbolo degli atei e l´ha messa accanto al crocifisso nell´aula delle udienze. «C´era già un chiodo», spiega. Camerino è piccola, l´aula della cause civili è più piccola ancora, ma da ieri è l´unica sede giudiziaria in Italia che esibisce accanto al simbolo del Nazareno una sigla che non sarebbe dispiaciuta a Voltaire. Un muro squarciato dal logo dell´unione che raggruppa Atei, Agnostici e Razionalisti. La Uaar ha già al suo attivo la campagna dello sbattezzo.
Altri simboli potranno seguire nei prossimi giorni, poiché il magistrato è tollerante, e il primo potrebbe essere la Stella di Davide «perché sono simpatizzante della religione ebraica a causa della persecuzione millenaria subita da quel popolo». E potrebbe seguire anche la Mezzaluna. La convivenza pacifica sulla parete - questo il ragionamento - potrebbe magari stimolare la riconciliazione dopo millenni di lotte fratricide.
Prima di mettersi all´opera il giudice Tosti, da uomo di legge, ha vergato una lettera al ministro di Giustzia Castelli per ricordargli di avere atteso un anno perché il suo ministero rimuovesse i crocifissi dal tribunale di Camerino: «Non esistendo alcuna norma di legge, salvo una circolare dell´Era Fascista, che accordi un siffatto privilegio alla religione cattolica». Anche il Tar delle Marche, sostiene il giudice, latita. Un suo ricorso non ha finora sortito effetti, perché il tribunale amministrativo si è guardato bene dal fissare udienza per discutere la causa nel merito. «Un atteggiamento che malignamente qualcuno potrebbe definire pilatesco», commenta Tosti, aggiungendo ironico che forse qualcuno sta aspettando che vada in pensione (accadrà fra nove mesi!) e allora si potrà dichiarare che non v´è più materia del contendere.
Luigi Tosti, socio dell´Uaar, per aiutare il ministro a comprendere il suo disagio di fronte al crocifisso gli ha fatto un piccolo riassunto di orrori cattolici, che partono dalle crociate e passando per torture e roghi di «ebrei, streghe, omosessuali e scienziati» arrivano al «criminale rapimento» del ragazzo Edgardo Mortara da parte di un sacerdote cattolico. Per questo motivo, conclude, «è estremamente improponibile la tesi di chi volesse impormi il Crocifisso come simbolo di civiltà».
Oggi la prova del fuoco. «Se rimuoveranno il simbolo ateo - risponde il giudice - sospenderò le udienze e mi autodenuncerò per interruzione di pubblico servizio».
(m. pol.)


Repubblica 27.10.04 (stessa pagina)
La donna che fece ricorso
"Qui in Italia la religione è opprimente"
Atea. Io sono atea e penso di vivere in uno Stato laico

ROMA - Lautsi Soile, classe 1957, è una signora finlandese che nel 1986 ha scelto l´Italia per amore. Si è sposata con un medico di Abano, Massimo Albertin, e ha avuto due figli che ora studiano alle superiori. Per amore del «libero pensiero» la signora ha messo in moto la slavina che ha portato il caso del crocifisso alla Corte Costituzionale. Sostenuta dall´Unione atei agnostici razionalisti (Uaar) di cui sono soci entrambi.
Signora Soile, perché il ripudio del simbolo cristiano?
«Ritengo di vivere in uno Stato laico e non sotto una religione di Stato».
Ne porta il peso?
«In Finlandia io sono stata battezzata. Comunque la mia famiglia non era religiosa e io non sono mai entrata in una chiesa fino all´età scolastica».
Andando a scuola cosa è successo?
«Da noi c´è la religione di Stato e quindi chi è battezzato - e io lo ero - doveva obbligatoriamente seguire l´ora di religione e andare a messa per le feste comandate: Natale, Pasqua e così via».
E dopo?
«Da maggiorenne mi sono sentita libera. Io sono atea e in Finlandia non ho mai avvertito la religione come qualcosa di opprimente. Adesso hanno anche cambiato le norme. Ora i battezzati scelgono se frequentare o no l´insegnamento religioso».
Finchè è arrivata in Italia.
«E mi sono detta: che bello qui non c´è una religione di Stato».
Invece?
«Mi sono accorta che in Italia la pressione religiosa è forte, il Vaticano influenza la politica, nei giornali si scrive «Città del Vaticano» ma poi fa parte delle vicende interne italiane. Io penso invece che debba esserci una vera separazione. Anche la televisione subisce l´influenza del Vaticano e poi le gite scolastiche, dove si va sempre in chiesa e i preti che parlando di religione... non ho mai conosciuto un cattolico che non abbia tentato di fare il missionario».
La religione cattolica è troppo influente?
«Per carità, il Papa deve essere libero di dichiarare ciò che vuole. Quello che io domando è perché la gente deve ripetere ciò che lui dice?».
Così ha deciso di fare istanza per togliere il crocifisso dall´aula dei suoi figli?
«A dir la verità, mio marito aveva già provato alle elementari».
Risposta negativa. Ma non vi siete arresi.
«Se mi provocano, reagisco. Alle medie abbiamo riproposto la questione. Mio figlio maggiore, Dataico, faceva la terza media, il più piccolo - Sami - faceva la prima».
E´ il 2002. Al rifiuto del consiglio d´istituto vi rivolgete al Tar e da lì, con ordinanza del 14 gennaio 2004, la questione approda alla Corte Costituzionale. I suoi figli come stanno vivendo questa battaglia?
«Molto bene. Sono combattivi, sereni e tranquilli».
(m. pol.)