mercoledì 27 ottobre 2004

sinistra
Domenico Jervolino ed Etienne Balibar

una segnalazione di Roberto Altamura

Liberazione, 26 ottobre 2004

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Un intervento del filosofo francese (Etienne BALIBAR) sui temi del potere e della nonviolenza
Lenin e Gandhi: un incontro mancato.


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Comunismo e nonviolenza Due rivoluzioni incompiute
di Domenico Jervolino, direttore di Alternative


Vorrei sottolineare alcuni aspetti dell'importante contributo di Etienne Balibar che viene pubblicato nelle due pagine seguenti [cfr QUI. Ndr], sia pure in una redazione che l'Autore considera ancora provvisoria. Intanto il confronto fra Lenin e Gandhi viene istituito a livello politico, fra due strategie rivoluzionarie che hanno segnato il destino di milioni di uomini e donne, nel secolo che è da poco finito e che hanno mostrato entrambe contraddizioni e difficoltà. Le due strategie hanno registrato, almeno a livello delle costruzioni statuali che sono state prodotte dai due grandi protagonisti, un esito assai diverso rispetto alle loro aspettative. Al crollo dell'Unione sovietica e del socialismo reale, corrisponde infatti un subcontinente indiano che si è diviso, sulla base di una partizione confessionale che Gandhi ad ogni costo voleva evitare e che ha comportato la guerra fra i due stati più importanti, India e Pakistan, dotatisi entrambi di armi atomiche. In un certo senso le due rivoluzioni escono entrambe sconfitte dal secolo scorso e devono fare i conti con la permanente tragicità della politica. L'assassinio di Gandhi e la morte di Lenin con successiva mummificazione ad opera dello stalinismo assumono allora un valore altamente simbolico. Se l'eredità dei due grandi rivoluzionari lascia ai posteri il compito di un bilancio storico rigoroso sulle rispettive eredità, non di meno Balibar non si limita a questa esigenza di comprensione storica, ma mi pare che lasci intravedere anche una prospettiva. Forse quell'incontro mancato fra comunismo e nonviolenza potrebbe avvenire in futuro e dare vita ad una nuova stagione del pensiero politico e a una nuova fase storica. Egli parla, nella riflessione pubblicata su "Alternative" sull'idea di Gewalt, che in tedesco vuol dire sia violenza che potere (ambiguità densa di conseguenze), della necessità del mondo d'oggi di «civilizzare la politica», e nello stesso tempo di «civilizzare la rivoluzione». Ora civilizzare è appunto l'opposto della "barbarie". E qui echeggia nella nostra memoria una parola d'ordine famosa: "socialismo o barbarie". Che si potrebbe oggi, in un momento in cui la barbarie sembra trionfare sotto molteplici forme, completare con la formula convergente "politica o barbarie". Politica da riscoprire, da reinventare, politica dei soggetti in carne ed ossa, e quindi con la loro corporeità vivente, con la loro identità di genere ( non è stato soprattutto il movimento delle donne a dirci che bisognava buttare la guerra tra le anticaglie della preistoria?). Politica che, almeno per noi, mira a una democratizzazione radicale della vita quotidiana e dei mondi vitali, e diventa quindi la strada obbligata per un socialismo da riproporre e da riprogettare. Qui il discorso evidentemente sconfina con l'utopia concreta di cui ci hanno parlato nel Novecento voci spesso tragicamente isolate come quella di Bloch o di Benjamin. Balibar non è un pensatore utopico, ma un pensatore della politica. Ma forse siamo giunti a un momento della storia in cui i confini fra la politica, potere, utopia o, con altra parola, speranza incominciano a farsi fluidi e diventa una necessità vitale per la sopravvivenza stessa dell'umanità sul pianeta terra e della terra stessa come mondo abitabile per gli umani, varcare questi confini e aprire una nuova dialettica innovatrice e liberatrice. Dialettica significa ancora di nuovo conflitto, lotta, ma tale che possa essere gestita in una fase non più barbara, anti-barbara della storia, non con la soppressione fisica dell'avversario, ma col riconoscimento reciproco dei soggetti. Non sarebbe forse questo un passaggio decisivo per un'idea di comunismo a misura della condizione umana e della sua finitudine?