lunedì 1 novembre 2004

assassini in famiglia

La Repubblica edizione di Torino 1.11.04
L'INTERVISTA
Bogetto: aggressività senza limiti
"Mostri in famiglia perché ammazzare non è più un tabù"

«Ormai più del cinquanta per cento dei delitti maturano in famiglia». Filippo Bogetto, 57 anni, professore ordinario di psichiatria all´Università di Torino: «Ci stiamo chiedendo il motivo di questo fenomeno nuovo e drammatico».
Che risposte vi date?
«Quando cade un tabù non è infrequente un seguito di imitazione. Si dice "capita", quindi è normale, quindi "è permesso". È il crollo dei freni inibitori».
Anche il movente dei delitti familiari è cambiato?
«No, i motivi restano sempre gli stessi: tradimenti, abbandoni, liti con le vecchie famiglie d´origine e questioni economiche. È il modo di comportarsi che è diverso».
Perché sono caduti i freni ?
«Perché è così in tutti i campi della nostra società. Manca qualsiasi inibizione comportamentale, quindi si passa più facilmente all´atto».
Uccidere un persona con cui si è vissuto può essere facile?
«Diciamo che adesso il comportamento delinquenziale è diventato un´opzione. Come quell´impiegato modello che non avendo più soldi si è messo a fare rapine».
La normalizzazione del male: ma perché particolarmente in famiglia?
«Sono cambiati i ruoli. Nulla è più acquisito. Oggi un padre torna a casa e non è più sicuro di niente. Per fortuna le donne sono più libere, meno disposte a sopportare, ma adattarsi ai cambiamenti è difficile. Ogni giorno bisogna ricostruirsi».
Chi diventa un assassino?
«Se si escludono i casi di patologie psichiatriche, che sono nettamente la minoranza, non c´è un segno distintivo. Se non la rabbia accumulata e la frustrazione. L'assassino non è un uomo che impazzisce improvvisamente. La violenza non è condotta dalla follia, è una caratteristica comune a tutti gli uomini. Il punto è come si gestisce l´aggressività».
(n.z.)