ricevuto da Barbara Calvetta
Dal 23 ottobre al 23 gennaio 2005
Museo di Capodimonte, Via Miano, 2.
Orari: martedì-domenica, 9-19.
Ingresso: intero €10, ridotto €5
Informazioni: tel. 081-2294478
A quasi vent’anni dalla grande rassegna su “Caravaggio e il suo tempo”, ospitata proprio nelle sale del Museo di Capodimonte nel maggio 1985, questa mostra intende ricostruire il percorso artistico dell’ultimo Caravaggio, presentando, per la prima volta insieme in Italia, oltre venti capolavori dei suoi ultimi anni di attività, tra i quali la celebre Flagellazione, per la cappella de Franchis in San Domenico Maggiore a Napoli, oggi al Museo di Capodimonte, la Crocifissione di Sant’Andrea del Museum of Art di Cleveland, la Salomè con la testa del Battista della National Gallery di Londra e, per la prima volta a Napoli dopo il recente restauro, l’opera Martirio di Sant’Orsola (Sant’Orsola confitta dal tiranno) dipinta per il principe Marcantonio Doria e ora di proprietà di Banca Intesa. (L.L.)
RIVOLUZIONO’ LA STORIA DELL’ARTE CREANDO UN NUOVO STILE, RICCO DI SUGGESTIONI, CON QUELLE LUCI IMPROVVISE CHE SEMBRANO USCIRE DAL NULLA DEL BUIO.
Bello, con gli occhi scuri e i capelli neri, veloce e sanguigno, passionale e imprevedibile. È questa l'impressione che si ha di Michelangelo Merisi, il divino Caravaggio, ammirando quel ritratto su carta che intorno al 1621, perciò dopo la sua morte, fece Ottavio Leoni; quello stesso ritratto che per anni ci siamo passati di mano in mano, riprodotto com'era sulle banconote da 100 mila lire. In quell'immagine gli occhi un po' gonfi, i baffi e la barba alla D'artagnan, il colletto bianco alto dietro il collo, danno l'idea perfetta della sua leggenda. Una leggenda raccontata nei suoi ultimi anni, dal 1606 al 1610, nella mostra che si è da poco inaugurata a Napoli.
Morto giovane, a soli 39 anni,osannato in vita, per lo più dimenticato tra Sette e Ottocento, diventato un mito negli ultimi venti anni, il Caravaggio trascorse buona parte del periodo preso in considerazione dalla mostra proprio a Napoli.
Sparì dalle scene mondane e artistiche di Roma dopo un delitto : il 28 maggio 1607, infatti, uccise Ranuccio Tomassoni sul campo della pallacorda : già le cronache dell'epoca indicavano le cause di questa morte in una disputa cui, forse suo malgrado, Caravaggio era stato coinvolto dal giovane Ranuccio, che pare fosse piuttosto impulsivo e svelto di spada,appartenente a una importante famiglia romana che aveva avuto un ruolo di primo piano nell'esercito pontificio e che aveva, in un fratello di Ranuccio, il "caporione" del quartiere di Campo Marzio. Per alcuni storici quella notte Caravaggio fuggì da Roma; per altri si nascose in città e nascosto rimase per tutta l'estate fino a che partì alla volta di Napoli, dove si fermò nove mesi. Se ne andò a Malta, Vi rimase un anno , ne fuggì dopo altri guai giudiziari, si spostò in Sicilia e infine, nell'ottobre del 1609, tornò nuovamente a Napoli. Vi rimase fino a luglio del 1610 quando si imbarcò con il sogno di tornare a Roma. In quegli anni realizzò tredici pale d'altare e oltre dieci tele. Tra queste, preludio alla sua stessa morte, un'opera sconvolgente, modernissima, il "Davide con la testa di Golia", tenuta per i capelli dal ragazzo, di un realismo sorprendente, che dà la sgradevole sensazione, a chi la guarda, di essere appena stata spiccata; ma non è certo questo il motivo per cui l'immagine colpisce, considerando anche il fatto che la storia dell'arte è piena dell'immagine del Davide e Golia o della Giuditta e Oloferne. Il motivo per cui colpisce tanto quel volto è un altro; ed è il fatto, sconcertante, che si tratti del volto del pittore stesso : che gli artisti inserissero ritratti di loro stessi o di contemporanei in scene storiche, bibliche o mitologiche, in quei secoli era pieno, basta pensare a un Perugino o un Raffaello: Ma qui il Caravaggio, il pittore che deborda dal Barocco e irrompe nella modernità, non si ritrae nei panni di un eroe, di un dio, di un vincente; ma, in un episodio biblico, nei panni del cattivo; il suo volto non è riflesso nella pelle di San Bartolomeo martirizzato, come fece del suo volto Michelangelo nella Cappella Sistina. Ma si ritrae con gli occhi vitrei, con la bocca aperta che lascia intravedere dei denti anneriti e distanti l'uno dall'altro e con la fronte segnata dal sangue. La sensazione che se ne trae è quella di trovarsi di fronte all'anima di Caravaggio, imprigionata nell'esilio dalla condanna per omicidio: Diversa e lontana, quest'immagine, da quella eseguita sedici anni prima, che ritrae un Caravaggio, allora ventiduenne, come un giovane Bacco: fresca immagine e molto più classica della prima, anche se il "Bachino malato" di questo dipinto è pallido e ha la pelle giallognola.
Nato probabilmente a Milano nel 1571, Michelangelo Merisi deve il soprannome con cui è diventato noto in tutto il mondo ed è diventato uno stile, al paese d'origine della famiglia del padre, Caravaggio appunto, che si trova a una quarantina di chilometri da Milano. Cresce dunque nella capitale lombarda; ma è Roma che raggiunse la sua piena maturità; Roma, la città della madre, Costanza Colonna, figlia di Marcantonio Colonna, dove si trasferì a ventuno anni, ormai orfano, nel maggio del 1592: Qui si forma, prende corpo ed esplode la potente forza innovativa del pittore : in quel chiari scuri, in quella luce che erompe improvvisa, sciabolando parte della scena, sottolineandola, mostrandola in tutta la sua drammatica verità. La verità di uomini e donne che, dietro e oltre la cornice biblica, mitologica, raccontano la loro storia di esseri umani, con un vissuto emotivo. Psicologico, sentimentale, quotidiano: Quegli uomini e quello donne che si possono vedere girando per la mostra di Napoli,anche se, in confronto, per esempio, a quella organizzata nel 1951 da Roberto Longhi che lanciò Caravaggio nell'empireo degli illustri "recuperi" del Novecento, questa è decisamente più piccola: Girando per le sale, sembra di entrare nelle scene di una Napoli che forse non c'è più, ma che forse a ben vedere è ancora lì, nei vicoli e tra palazzi fatiscenti; una Napoli - o una Malta, una Siracusa, una Messina, una Palermo - che Caravaggio osservava ogni giorno, in quegli anni tristi e bui cercava di illuminare con i lampi di luce improvvisi e accecanti della sua arte. Guardiamole quelle immagini : i piedi sporchi, callosi, le vesti lacere, le corde rotte, le prigioni. La povertà, i volti scavati, le espressioni che rivelano rabbia, ingordigia, amore, tristezza, angoscia. UMANITA'. Tantissima Umanità. In tutto una ventina di opere esposte al Capodimonte che affascinano e coinvolgono proprio per questa dimensione "familiare", per questa capacità, seduttiva, di entrare nella storia e nella vita di ognuno. Perché quell'espressione l'hanno vista o provata tutti, almeno una volta; e quel dolore tutti sanno cos'è. Anche se in pochi hanno saputo raccontarlo come ha fatto lui, quell'uomo con gli occhi scuri e i capelli neri, veloce e sanguigno, passionale e imprevedibile.
LA MOSTRA
Realizzata in collaborazione con la National Gallery di Londra, l'altro luogo espositivo in cui farà tappa, la mostra espone una ventina di capolavori del maestro lombardo, realizzati tra 1606 e 1610: quegli anni li trascorse in esilio tra napoli, Malta, siracusa, Messina e Palermo.
MUSEO CAPODIMONTE - Via Milano, 2 - fino al 23 gennaio 2005
- Orari dalle ore 9.30 alle 19,30, chiuso il lunedì
- Prezzo del biglietto 10 Euro con visita anche al Museo;
- 7.50 Euro con visita solo alla mostra
- In una sala viene proiettato il documentario di Mario Martone "Caravaggio. L'ultimo tempo 1606-1610" (durata 20 minuti)