giovedì 11 novembre 2004

pericolosità dei farmaci antidepressivi

una segnalazione di Loredana Riccio

Repubblica Salute 11.11.04

Depressione come uscirne
Cresce il "male oscuro"
Dubbi sull'efficacia dei farmaci
Le autorità britanniche e Usa sconsigliano la prescrizione a bambini e adolescenti perché è stato rilevato un aumento del rischio di suicidio
di Francesco Bottaccioli *

Il 14 settembre scorso la FDA, l'ente governativo americano di controllo su alimenti e farmaci, ha deciso di evidenziare sul foglietto illustrativo che nei ragazzi sotto i 18 anni "l'uso di antidepressivi può aumentare il rischio di suicidio e di idee di suicidio". L'omologo ente britannic0 alcune settimane prima, aveva invece preso una decisione drastica: solo un farmaco, la fluoxetina, ha una documentazione tale per essere usato nei giovani sotto i 18 anni. Tutti gli altri, la paroxetina, la sertralina, il citalopram, la fluvoxamina non sono meglio del placebo, anzi potrebbe incrementare il rischio di suicidio o di idee suicide.
Recentemente su The Lancet un gruppo della Università di Londra ha dimostrato che le aziende produttrici non pubblicano tutti i dati a loro disposizione, dai quali emerge un quadro molto più preoccupante di quello presentato dalle aziende.
Piccoli pazienti
Formalmente tutta questa agitazione riguarda l'uso dei farmaci nei bambini e negli adolescenti, ma in realtà c'è una generale rinnovata attenzione sulla sicurezza, sull'efficacia, nonché sulla trasparenza delle procedure che hanno autorizzato i farmaci antidepressivi cosiddetti serotonergici.
Eppure è indubbio che questi farmaci della fine degli anni '80 (il Prozac, la famosa "pillola blu" è del 1988) abbiano rappresentato un progresso, riducendo gli effetti collaterali. Questo ha consentito una larga diffusione delle prescrizioni, che nel mondo hanno un mercato di 17 miliardi di dollari.
Diffusione favorita da una teoria scientifica di moda negli anni '90, secondo la quale la depressione è una malattia riducibile a una carenza cerebrale di neurotrasmettitori e di uno in particolare, la serotonina.
È un po' come nel diabete dove il medico prescrive insulina perché il pancreas è diventato incapace di produrla.
Teoria che l'esperienza ha dimostrato falsa in molti aspetti. È infatti vero che la serotonina svolge un ruolo chiave nei circuiti cerebrali alla base della depressione, ma non è come l'insulina e la depressione non è come il diabete.
Le pillole
Se infatti la depressione fosse riducibile a una carenza di serotonina, i farmaci che aumentano il neurotrasmettitore dovrebbero curarla. In realtà, secondo Helen S. Mayberg, psichiatra dell'Università di Toronto e autrice del capitolo sulla depressione dell'appena uscito Textbook of Biological Psychiatry (a cura di J. Panksepp), la depressione è una malattia cronica, con elevati tassi di ricadute. In questo summa della psichiatria biologica, quindi al di sopra d'ogni sospetto di psicologismo, si legge anche che "gli antidepressivi non curano la depressione, come è evidente dalle elevate ricadute e dalle interruzioni del trattamento".
I farmaci sono solo una parte della cura, scrivono, nel citato testo, Pedro Delgado e Paul Zarkowski dell'Università di Cleveland, "riducono i sintomi, come il cortisone nell'infiammazione".
La cura della parola
È ormai infatti assodato che la psicoterapia, con la sua capacità di portare la persona a ricostruire e ricordare gli eventi che hanno instaurato il cosiddetto "blocco emotivo" oppure di modificare i comportamenti che portano alla depressione, ha effetti positivi non solo sulle condizioni del paziente ma documentati anche da immagini cerebrali; che il controllo dello stress e l'attività fisica rappresentano un valido strumento antidepressivo; che una accurata indagine su eventuali carenze vitaminiche e nutrizionali, con una conseguente prescrizione dietetica, dovrebbe essere parte integrante di ogni trattamento antidepressivo; che dalle cosidette medicine non convenzionali possono venire altri validi aiuti perfettamente integrabili nei trattamenti antidepressivi standard.
All'interno di questo modello integrato, i terapeuti hanno così una molteplicità di strumenti per aiutare una persona che, non dimentichiamolo, è colpita nella sua interezza: psiche, cervello e corpo

* Società italiana di Psiconeuroendo e crinoimmunologia, Scuola di medicina integrata www.simaiss.it