Psichiatria, Psicologia e Neurologia
Torturatori in Iraq: uomini o mostri?
Il Pensiero Scientifico Editore
Gli atti di tortura perpetrati dai militari Usa nella prigione irachena di Abu Graib alcuni mesi fa che tante proteste e disgusto hanno suscitato nell’opinione pubblica mondiale sono un esempio del potere del contesto sociale secondo un team di psicologi dell’Università di Princeton nel New Jersey.
I ricercatori spiegano che le persone coinvolte non possono essere semplicisticamente liquidate come ‘mele marce’: si tratta di uomini e donne comuni influenzati da complesse forze sociali.
“La gente ama descrivere il comportamento altrui in termini di personalità unica, ma il contesto sociale conta più di quanto si creda”, spiega Susan T. Fiske, che insegna Psicologia a Princeton. “In breve, individui normali, sotto l’influenza di complesse forze sociali, possono commettere azioni malvagie”, spiega il team della Fiske sulla rivista Science.
Precedenti ricerche avevano dimostrato che praticamente tutti diventano molto aggressivi in certe condizioni, specialmente se sottoposti a grave stress: i soldati ad Abu Graib non fanno eccezione: impauriti dalla guerra, circondati dall’odio, inadatti al lavoro assegnato loro e mal supervisionati dai loro superiori.
Altra costante emersa da vari studi è che gli individui si uniformano ai loro pari e obbediscono alle figure autorevoli, anche in circostanze estreme. Nel famoso Stanford Prison Study, per esempio, un gruppo di studenti di college sono stati assegnati randomicamente al ruolo di guardie o prigionieri e diventarono in breve tempo torturatori e vittime. Le guardie tendevano a conformarsi al comportamento delle altre guardie. Negli studi Milgram, nell’ambito dei quali ad un gruppo di individui è stato assegnato il compito di ‘punire’ altri individui con degli shock elettrici, è stato dimostrato che uomini e donne sono capaci di indicibile crudeltà se credono di essere legittimati da un’autorità superiore.
Ciononostante la maggior parte delle persone rifiutano di credere che sarebbero mai capaci di commettere atti così estremi o di fare del male ad altri esseri umani: “Tutti dicono io non lo farei, ma non possono avere tutti ragione. Gli studi dimostrano che le persone sono capaci di fare tutto. Abbiamo tutti bisogno di vivere in gruppi sociali e questo può spingerci ai comportamenti più efferati e malvagi”, aggiunge la Fiske.
Le persone che ricoprono posizioni di potere devono sapere che hanno un controllo sul contesto sociale. Che creano l’atmosfera, la cultura, il background dei loro sottoposti e li influenzano. E da grandi poteri derivano grandi responsabilità, come tutti i lettori de “L’Uomo Ragno” ben sanno.
Bibliografia. Science 26, november 2004
Corriere della Sera 30.11.04
La prima volta che l'Icrc si esprime in termini così forti
«Torture sui detenuti a Guantanamo»
Nel rapporto la Croce Rossa denuncia «l’uso intenzionale da parte dei militari Usa della coercizione fisica e psicologica»
ROMA - Abusi a Guantanamo. Questa volta lo dice la Croce Rossa. New York Times e Financial Times aprono le loro edizioni on-line con il medesimo articolo a firma di Neil A. Lewis dal titolo «La croce rossa denuncia abusi a Guantanamo». Non si tratta di una notizia vecchia, sebbene ormai la frequenza delle denunce di abusi su detenuti può indurre a confusione, bensì di un rapporto confidenziale dell’Icrc (Comitato internazionale della Croce rossa) indirizzato al governo di Washington nel quale si denuncia l’uso intenzionale da parte dei militari americani della coercizione fisica e psicologica, «equivalente a tortura», sui detenuti di Guantanamo. Il rapporto, che si riferisce a una visita effettuata nel giugno 2004, è stato consegnato ai legali della Casa Bianca, al Pentagono e al Dipartimento di stato e ai comandi del centro di detenzioni di Guantanamo. Il Nyt è riuscito ad ottenere un memorandum, basato sul rapporto, che ne riporta ampi stralci.
E’ la prima volta che la Croce Rossa, che ha effettuato visite a Guantanamo fin dal gennaio 2002, si esprime in termini così forti sul trattamento dei prigionieri. Gli inviati dell’Icrc hanno verificato un sistema volto a fiaccare la volontà dei prigionieri di Guantanamo, ora circa 550, e di renderli completamente dipendenti dai loro «inquisitori» tramite «azioni umilianti, isolamento, temperature estreme, posizioni fisiche obbligate». I metodi utilizzati sono stati definiti via via più «repressivi e raffinati» che nelle visite precedenti. Interrogato sulle denunce contenute nel rapporto, un portavoce del Pentagono ha risposto: «Gli Stati uniti svolgono un’operazione di detenzione inoffensiva, umana e professionale, atta a procurare importanti informazioni nella lotta al terrorismo».
La prima volta che l'Icrc si esprime in termini così forti
«Torture sui detenuti a Guantanamo»
Nel rapporto la Croce Rossa denuncia «l’uso intenzionale da parte dei militari Usa della coercizione fisica e psicologica»
ROMA - Abusi a Guantanamo. Questa volta lo dice la Croce Rossa. New York Times e Financial Times aprono le loro edizioni on-line con il medesimo articolo a firma di Neil A. Lewis dal titolo «La croce rossa denuncia abusi a Guantanamo». Non si tratta di una notizia vecchia, sebbene ormai la frequenza delle denunce di abusi su detenuti può indurre a confusione, bensì di un rapporto confidenziale dell’Icrc (Comitato internazionale della Croce rossa) indirizzato al governo di Washington nel quale si denuncia l’uso intenzionale da parte dei militari americani della coercizione fisica e psicologica, «equivalente a tortura», sui detenuti di Guantanamo. Il rapporto, che si riferisce a una visita effettuata nel giugno 2004, è stato consegnato ai legali della Casa Bianca, al Pentagono e al Dipartimento di stato e ai comandi del centro di detenzioni di Guantanamo. Il Nyt è riuscito ad ottenere un memorandum, basato sul rapporto, che ne riporta ampi stralci.
E’ la prima volta che la Croce Rossa, che ha effettuato visite a Guantanamo fin dal gennaio 2002, si esprime in termini così forti sul trattamento dei prigionieri. Gli inviati dell’Icrc hanno verificato un sistema volto a fiaccare la volontà dei prigionieri di Guantanamo, ora circa 550, e di renderli completamente dipendenti dai loro «inquisitori» tramite «azioni umilianti, isolamento, temperature estreme, posizioni fisiche obbligate». I metodi utilizzati sono stati definiti via via più «repressivi e raffinati» che nelle visite precedenti. Interrogato sulle denunce contenute nel rapporto, un portavoce del Pentagono ha risposto: «Gli Stati uniti svolgono un’operazione di detenzione inoffensiva, umana e professionale, atta a procurare importanti informazioni nella lotta al terrorismo».