Le torture di Abu Ghraib
"Chiunque avrebbe potuto compiere atti così atroci"
Quando sono venute alla luce le notizie degli abusi sui prigionieri del carcere di Abu Ghraib, in Iraq, molti si sono chiesti chi mai potesse compiere atti simili. Secondo alcuni psicologi dell'Università di Princeton, che hanno esaminato numerosi studi sull'argomento, la risposta è: "chiunque".
In un articolo pubblicato sul numero del 26 novembre 2004 della rivista "Science", Susan Fiske e colleghi sostengono che molte forme di comportamento, compresi atti di estrema malvagità, sono influenzati tanto dalla psicologia dell'individuo quanto dalle figure dei superiori, dalle pressioni dei compagni e da altre interazioni sociali.
"Se mi chiedete se un diciottenne qualsiasi avrebbe potuto torturare quei prigionieri, - commenta Fiske - la mia risposta è: 'Sì, avrebbe potuto farlo chiunque.'".
Fiske e colleghi hanno tratto le loro conclusioni da 25.000 studi riguardanti 8 milioni di partecipanti, che spiegano come fattori che spaziano dallo stress della guerra alle attese dei superiori possono combinarsi per spingere persone del tutto normali a commettere azioni apparentemente inspiegabili. "Le persone comuni - scrivono i ricercatori - possono esibire un comportamento incredibilmente distruttivo, se gli viene ordinato da un'autorità legittima".
Gli scienziati hanno fatto riferimento soprattutto ai celebri studi condotti da Stanley Milgram negli anni settanta. Milgram aveva dimostrato che normali volontari avrebbero somministrato consapevolmente scosse elettriche anche letali ad altre persone se gli fosse stato detto che si trattava di una parte necessaria di un esperimento. "I subordinati non solo fanno quello che gli viene ordinato di fare, - conclude Fiske - ma anche quello che credono che i loro superiori desiderano, in base a una supposizione soggettiva degli obiettivi finali".
Susan T. Fiske et al., "Why Ordinary People Torture Enemy Prisoners", Science 306: 1482-1483 (26 novembre 2004).
© 1999 - 2004 Le Scienze S.p.A.
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