venerdì 27 giugno 2003

cosa fa la SPI? patobiografia con Synaptica (sic!)

La Repubblica Salute 26.6.03
Conosci la personalità
e curi i mali del corpo
Lo psicoanalista Fabrizio Franchi spiega cos’è la "patobiografia"
di Claudia Spadazzi

Da qualche tempo gli psicoanalisti nutrono un interesse crescente per il corpo e per le patologie somatiche. Per capire cosa c’è dietro questa nuova tendenza, in tempi in cui del termine psicosomatica si fa un gran abuso, abbiamo interpellato il professor Fabrizio Franchi, coordinatore del gruppo Synaptica.
Cosa significa per Synaptica occuparsi di questo ambito?
«Fra i numerosi autori che si sono interessati a questo problema, il gruppo Synaptica fa riferimento in particolare al lavoro condotto da Luis Chiozza, a Buenos Aires, nell’Istituto da lui diretto. Nel corso di una rielaborazione di questo modello, alcuni analisti appartenenti alla Società Psicoanalitica Italiana, hanno costituito il gruppo Synaptica, avendo consolidato una lunga esperienza come medici in diversi ambiti specialistici (pediatria, ginecologia, medicina interna, neurologia, terapia del dolore). Negli ultimi dieci anni, abbiamo seguito numerosi pazienti affetti da patologie organiche diverse, avvalendoci del metodo della patobiografia».
In cosa consiste questo metodo?
«E’ un modello che ha l’intento di integrare l’anamnesi medica con l’indagine sulla personalità e sulla storia familiare del paziente, ricavata adoperando un vertice psicoanalitico. Prevede una serie di consultazioni con il paziente ed un lavoro parallelo dell’équipe nel quale vengono confrontati contemporaneamente l’anamnesi medica, la storia familiare e le sue derive transgenerazionali, gli elementi della personalità del paziente ed il loro dispiegarsi in relazione all’insorgenza della malattia».
Quale può essere per un malato, il vantaggio di una serie di colloqui di questo tipo?
«Accanto ai trattamenti medici appropriati, acquisire la capacità di dare senso all’evento "malattia", mette l’individuo nelle migliori condizioni per recuperare energie riparative».
Ma per un malato, magari grave, non è un carico eccessivo trovarsi a dover fronteggiare i propri conflitti interni?
«L’ipotesi del gruppo è che nella condizione di malattia l’energia sia imprigionata nel processo patologico. Questo intervento si propone di rendere nuovamente disponibili le energie vitali del paziente, sottraendo al dominio della malattia investimenti di tipo autodistruttivo».
Quali sono le malattie che possono essere oggetto di questo tipo di intervento?
«Alcune malattie classicamente riconosciute come psicosomatiche anche dalla medicina ufficiale sono ad esempio l’ulcera gastrica, la rettocolite ulcerosa, l’asma bronchiale, alcune malattie dermatologiche, più recentemente anche alcune patologie autoimmunitarie. Tuttavia il nostro punto di vista è diverso: l’unità psichesoma si manifesta in ogni aspetto della vita, nella salute e nella malattia: in questo senso qualsiasi quadro patologico deve essere considerato psicosomatico».
Questi concetti non sono in controtendenza rispetto al progresso della medicina?
«La scienza medica evolve verso la specializzazione esasperata e la tecnologizzazione, in modo tale da dimenticare l’interezza dell’essere umano. Eppure già Platone scriveva: "come non si deve cominciare a sanare gli occhi senza tenere conto del capo, né il capo senza il corpo, non si provi a sanare il capo senza tenere conto dell’anima". Anzi, questa sarebbe proprio la ragione per cui tante malattie la fanno franca ai medici greci, perché essi trascurano quel tutto che è malato, e che dunque non può guarire in una parte».
Però molti scienziati sono ostili, o almeno scettici, rispetto all’ipotesi psicosomatica.
«Spesso si tratta di persone con maggiore dimestichezza con i loro laboratori che con il mondo interno. Si potrebbe magari consigliare loro un po’ di psicoanalisi...».
La Patobiografia prevede che il paziente incontri un membro del gruppo per un numero limitato di colloqui, in genere quattro o cinque. Il materiale emerso viene collettivamente discusso dal gruppo degli psicoanalisti, in altrettanti incontri. La rielaborazione del senso che la malattia riveste nel contesto della storia del paziente viene restituita al soggetto nel corso di un colloquio conclusivo.