La Gazzetta del Sud 22.6.03
Alla ventottenne attrice non basta il successo di «La meglio gioventù» di Marco Tullio Giordana
Maya Sansa, la nascita di una star
Ora è sul set del nuovo film di Marco Bellocchio sul caso Moro
Giovanni Bogani
FIRENZE – Ha gli occhi attenti, scuri di un cerbiatto in fuga. Ha le sopracciglia nere che sanno di Mediterraneo, di Italia. Ha Londra negli occhi, nel passato prossimo. Anni passati a studiare teatro, a imparare l'inglese, che parla come l'italiano. Ha un esordio fulminante, in tasca: con «La balia» di Marco Bellocchio, dove la sua bellezza bruciante e generosa appariva, per la prima volta, davanti agli occhi del pubblico italiano. Ha una manciata di film, adesso, che scandiscono il suo ritorno, la sua conferma. Maya Sansa, ventotto anni a settembre, è fra le protagoniste di «La meglio gioventù», il film-fiume – sei ore – di Marco Tullio Giordana, uscito nelle sale italiane, dopo aver vinto a Cannes la sezione «Un certain regard» e dopo aver inaugurato il Taormina Bnl FilmFest. È un film che potrebbe essere la grande sorpresa dell'anno. Uno di quei film che innescano fenomeni di passione. La storia italiana recente raccontata in 360 minuti di cinema ad alta densità di emozione. Qualcosa che potrebbe assomigliare a «Novecento» di Bertolucci o a «Heimat», la bellissima avventura cinematografica sulla storia tedesca. Ma Maya ha negli occhi altri tre film: uno dei quali con Marco Bellocchio, il regista che l'ha scoperta nel 1999. E ha anche, nel passato recente, l'avventura di un film praticamente mai uscito, anche se all'estero sta avendo successo: «Benzina» di Monica Stambrini. Perché in Italia una storia omosessuale al femminile ancora viene guardata male e non trova spazio, solidarietà, rispetto. Ma andiamo con ordine. E il presente è la felicità di questo piccolo lungo film, «La meglio gioventù». Nato per la televisione, poi felicemente trasmigrato al cinema, e addirittura vincitore a Cannes.
– Maya, prima di tutto, che cosa ti aveva affascinato del progetto di Marco Tullio Giordana? «Io sono affascinata dai film-fiume: "Heimat", il film sulla storia tedesca, lo considero un capolavoro. C'è un momento, al cinema, passato il quale potresti rimanere sulla poltrona un giorno intero, e quando esci fuori dici: peccato, è già finito. Perché sei riuscito a entrare dentro un mondo, vivi il mondo dei film».
– Della storia che cosa ti piaceva? «Il rispetto enorme per tutti i personaggi: ognuno viene compreso nelle sue difficoltà. E mi sembra un risultato di grande maturità, guardare è la nostra storia senza scrivere i buoni e i cattivi alla lavagna. Anche il mio personaggio, Mirella, è uno che osserva, che cerca di posare lo sguardo sugli altri, ma senza giudicarli».
– «La meglio gioventù» è un esempio di tv di qualità. Perché il resto della tv non è così buono? «Per pigrizia. Per desiderio di sedurre le folle, di ipnotizzarle. Per l'uso di scorciatoie per far ridere e per far piangere. E poi, per i ritmi pazzeschi di lavoro. A volte si girano quaranta scene in un solo giorno: ma come si fa a lavorare così?».
– Per un film fortunato, uno che non ha avuto fortuna. «Benzina» di Monica Stambrini, dal romanzo di Elena Stancanelli, interpretato da te e da Regina Orioli, quasi non ha avuto distribuzione. Perché? «È una brutta storia: perché il film è stato venduto all'estero, lo hanno visto i miei amici a Londra, per esempio, e lo hanno amato. Ma in Italia, niente. Anzi: al festival di Torino lo hanno attaccato per i baci che ci scambiamo io e Regina nel film. Baci che, premetto, sono castissimi. Ma evidentemente, mentre al cinema l'omosessualità maschile è quasi di moda, una storia di omosessualità femminile sconvolge ancora tutti, provoca reazioni violente. Ci sono molte più barriere da superare per l'omosessualità femminile che per quella maschile».
– Altri due film ti vedono protagonista. Uno è quello di Fiorella Infascelli, «Il vestito da sposa», dove reciti insieme a Piera Degli Esposti... «È un film drammatico, in cui io sono una donna che vive una vita tranquilla, in campagna, fino a quando un evento improvviso stravolge l'esistenza di tutti i personaggi. Un altro film drammatico, me ne rendo conto. Ma che cosa ci devo fare? A me piacerebbe moltissimo fare una commedia, anzi: se qualcuno sta leggendo e ha scritto una commedia, mi piacerebbe leggerla... Il fatto è che in Italia, questa Italia che adoro, e dove sono ritornata dopo anni a Londra, vedono ancora la donna nel cinema o come figura tragica o come caricatura sexy. La commedia brillante, sottile, fatta di humour, dov'è?».
– L'altro film che hai appena finito di girare ti vede di nuovo con il regista che ti ha scoperta: Marco Bellocchio. «Sì. E non è che ci siamo sentiti in continuazione, in questi tre anni: così, sono rimasta stupita, e felice, quando Marco mi ha chiamata di nuovo. Il film si chiama "Buongiorno notte", e racconta – come sai – del rapimento e dell'omicidio di Aldo Moro. Di più, Bellocchio mi ha ordinato di non dire». Bellocchio, infatti, ha finito di girare il suo film su Moro nella più inaccessibile segretezza. Non un'intervista, non una visita sul set, non una fotografia. Chissà se è Maya Sansa a interpretare Anna, cioè Anna Laura Braghetti, la cosiddetta «vivandiera» del covo di via Montalcini dove fu tenuto Aldo Moro. E chissà come sarà, questo secondo film su Moro, dopo «Piazza delle cinque lune» di Renzo Martinelli, thriller controverso, fantapolitica e azione pura. Questo film, che potrebbe andare a Venezia, sarà diverso per sensibilità, stile, respiro. Un viaggio quasi intimista nelle psicologie, nei gesti quotidiani, nei pensieri, nelle paure dei carcerieri di Moro. E qui, la sensibilità, l'intuito, la ricchezza espressiva di Maya Sansa giocheranno un ruolo importantissimo. Disse Bellocchio mentre rinifiva il copione: «Voglio scavare nel groviglio di sentimenti che si cela in un gruppo di giovani che ha compiuto azioni gravi come un sequestro di persona in nome di un'ideologia, di una fede». Lei dovrà raccontare, con gli occhi bellissimi, questo sgomento, questo disorientamento, questo esser presa in un gioco più grande di lei. Il titolo del film di Bellocchio è preso in prestito a una poesia di Emily Dickinson: «Buongiorno notte / sto tornando a casa / Il giorno si è stancato di me / Come potrei io di lui?». Ed è ovviamente una riflessione personale del regista, che da giovane, cioè negli anni di piombo, militò nell'Unione dei comunisti marxisti-leninisti, sposandone l'infatuazione maoista. Un'autocritica tardiva, forse, per chi come lui sognava di vivere l'alba di una rivoluzione che non è mai arrivata. Se Maya è Anna, è il cuore di questo film, efficiente carceriera di Moro, fidanzata di Prospero Gallinari, leader Br, e dall'altro insospettabile ragazza chiamata a recitare la normalità del quotidiano: un ufficio al ministero, un lavoro, dei colleghi. Una doppia vita da mettere in scena: e Maya, che già di vite ne ha vissute due, una a Londra e una a Roma, vivrà in questi fotogrammi l'esame più duro. A ventotto anni, giocherà la partita più difficile, ed entusiasmante, della sua carriera. Roberto Herlitka, viso dolente tagliato dalle rughe, sarà Moro; Mario Moretti, il capo dei brigatisti rossi, sullo schermo avrà il viso intenso e vitale di Luigi Lo Cascio.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»