domenica 22 giugno 2003

Repubblica di Napoli: ancora sull'elettroshock (4)

La Repubblica, ed. di Napoli 22.6.03

I centri
(citato al seminario)
Delle 52 università italiane l'elettroshock si effettua all'ospedale San Raffaele di Milano (professor Enrico Smeraldi), all'università di Pisa (professor Giovanni Cassano) e nell'Ateneo romano della Sapienza (professor Paolo Pancheri)

Le polemiche sull´elettroshock rilanciano il dramma delle famiglie: "Li chiamano matti, ma nessuno ci aiuta davvero"
L´inferno dei malati invisibili
Un medico rompe il fronte del no: "Io ne ho fatti a migliaia"
Mastronardi: "Niente attacchi ipocriti, conosco molte cliniche private dove si pratica"
di Giantomaso De Matteis

«La fanno qui, la fanno altrove, dappertutto. A mio fratello gli hanno applicato più di una volta gli ellettrodi alla testa. Soffriva di crisi depressive. Da allora nemmeno mio padre è quello di prima». Più di un´applicazione per M., che adesso ha 30 anni e vive nel quartiere Arenella. Gliene fecero tre di elettroshock. La famiglia era stretta nella morsa della paura, per la storia di Carlo Rellini che ci morì, a soli 19 anni, dopo una scarica elettrica da 100 volts. A quella famiglia, dopo anni, un tribunale gli ha ridato giustizia, non più Carlo. Quello che invece non dà la sanità (anche privata) e le istituzioni alle famiglie che i «malati di mente» se li tiene tra le mura domestiche (perché a volte la vergogna è troppa), o nei pochi metri quadrati di una casa di cura (perché le «crisi» diventano insopportabili) è un lunga lista di attesa e un muro di indifferenza: schiaffi sonori per chi nell´inferno ci vive già. Li chiamano matti, diciamo che sono «disagiati». E se la legge Basaglia sbarrò le porte delle vecchie strutture e ne mise in libertà in Campania 566 (ai quali se ne sono aggiunti altri 211 di nuova utenza) la somma dei 777 nei «manicomi» ci vive ancora (oggi, denunciano familiari e associazioni si chiamano Sir, Strutture Intermedie residenziali). Per non parlare delle «case» private (e abusive), una quarantina in tutto, sparse tra il giuglianese e la zona flegrea, destinate agli anziani dove però ci ricoverano i «disagiati» (ricordate la San Vincenzo di Lettere? Su 330 degenti 300 erano malati di mente) e delle case di cura convenzionate, una quindicina per mille malati. Per finire agli ospedali psichiatrici giudiziari, quello napoletano di Sant´Eframo e quello di Aversa. Dove, racconta Franco Maranta componente Prc della commissione Sanità alla Regione, i degenti sono addirittura legati ai letti: «In 20 anni non è cambiato nulla». Altro che elettroshock. Già, dietro il trattamento elettroconvulsivante e il suo contestato ritorno dopo 30 anni non c´è solo chi come il professor Pasquale Mastronardi rompe il fronte del no e rivela a Repubblica: «In questi ho fatto migliaia di applicazioni, ma non chiedetemi i nomi delle cliniche private. Non c´è nulla di illegale, né di scandaloso: il Tec fa parte della terapia ufficiale, è una pratica corrente, di tutta tranquillità e avvalorata dalle più prestigiose riviste internazionali. Mi infastidisce che ci sia gente, anche colleghi, che sparano sentenze senza sapere». Ma dietro l´elettroshock c´è anche l´inferno di chi, come mamma Marisa, di figli disagiati ne ha tre: Aurelio, 33 anni, schizofrenico di tipo paranoico, Francesco di 20 e Barbara di 35. «La cosa che più mi ferisce? L´indifferenza delle istituzioni e l´insensibilità. Di fronte ad alcune mie richieste mi hanno addirittura denunciato». Non ce li porterà i figli, in quei centri («parcheggi dimenticati, luoghi di sopravvivenza dove ti senti impotente»). Figurarsi quando ci sei costretto a fare le odissee negli ospedali che «non scegli», come racconta Ivana. «Se non accetti la terapia ti sottopongono al Trattamento Sanitario Obbligatorio nella più vicina struttura dove c´è posto: ci trovi il girone delle vite spezzate». Quello che manca? «Un piano concreto e scelte prioritarie a fronte dei ritardi e della confusione», denuncia Franco Daniele, presidente onorario dell´Afasp (Associazione familiari e amici sofferenti psichici). «Servizi, strutture, personale specializzato e risorse». E invece? «Invece in violazione alla Finanziaria 2001 che prevedeva dei benefici a favore dei disagiati dopo la vendita del «Bianchi», la Regione ha dato la concessione gratuita dei beni al secondo Ateneo. Nonostante una sentenza del Tar». Dietro il calvario di questi «uomini» invisibili batte cassa il mercato degli psicofarmaci («Basta imbottirli di cocktail e molecole che calmano, correggono», osserva Maranta), terapie Vsn per depressi e Tec. E al clamore delle dispute tra le diverse scuole di psichiatria loro, gli «abbandonati», preferiscono il silenzio dei «nuovi» manicomi.

L'appello
Maranta alla Tufano: "Intervieni"

Francesco Maranta, componente della commissione regionale Sanità per Rifondazione comunista, ha scritto all´assessore Rosalba Tufano affinché il professor Muscettola, che ha utilizzato l´elettroshock per un giovane paziente. «Una delle terapie più nefaste che la psichiatria abbia mai potuto elaborare. È necessario – afferma Maranta – un incontro istituzionale in cui possano confrontarsi le voci più autorevoli del pensiero psichiatrico».

Il libro bianco
La situazione in Campania sull'assistenza pubblica e privata: destinato il 5% dell´intero bilancio della spesa sanitaria
La mappa della sofferenza "Fondi distribuiti male..."
I dati del 2002: in tutta la regione almeno tre i casi gravi ogni 10mila abitanti. Il caso del Progetto Obiettivo fermo da anni
di Patrizia Capua

Prima di questa indagine, si pensava che la cura della malattia mentale fosse il punto più debole della sanità in Campania. Sullo sfondo i drammi dei sofferenti psichici che devono fare i conti con le carenze delle strutture sul territorio, il senso di abbandono, le richieste inevase dei familiari. La pazzia in Campania si può quantificare in tre casi gravi ogni 10 mila abitanti.
Il Libro bianco datato gennaio 2002, fotografia dell´assistenza scattata dalla commissione regionale presieduta dallo psichiatra Franco Rotelli, per anni braccio destro di Franco Basaglia, costringe quanto meno ad una correzione di rotta. Anche se il Progetto Obiettivo dorme da almeno tre anni.
Le risorse per la salute mentale, personale e fondi, dunque sono più di quanto si creda. Per i finanziamenti c´è il 5 per cento dell´intero bilancio destinato alla spesa sanitaria. È ancora in corso, però, l´indagine sulle cliniche private, circa 12 in regione, una sorta di «mondo a parte», fuori controllo. Quelle dove è facile che capiti il medico pronto all´elettroshock. Contro questa «barbara» pratica Francesco Maranta, consigliere di Rifondazione, ha chiesto un incontro con l´assessore alla Sanità, Tufano. Emilio Lupo, portavoce di Psichiatria democratica campana lancia un appello per la «centralità dei diritti e la dignità della persona».
Risorse sì, ma male organizzate e anche distribuite in modo «asimmetrico». Nei 13 dipartimenti di salute mentale (uno per Asl) della Campania lavorano 3153 persone, pari a 1 per 1860 cittadini, altri 72 sono negli Spdc (servizi ospedalieri regionali e policlinici). «Male utilizzati» spiega Walter Di Munzio, primario psichiatra della Asl Salerno 1, Unità operativa di Nocera, che ha lavorato alla redazione del Libro bianco, «il rapporto operatore-abitante è stabilito dalla legge 34 in numero di uno per 1500. Dall´indagine risulta che nell´Asl Napoli 3 c´è un operatore ogni 5017 abitanti mentre a Salerno 3 o a Caserta 2 le distanze rispettano la media. Sul fronte dei servizi, quelli della Napoli 3 sono scadenti mentre la qualità migliora a Salerno, che ha ereditato il personale specializzato dei manicomi chiusi di Materdomini e Vittorio Emanuele III. La gestione della malattia mentale in una città come Napoli, presenta, secondo gli esperti, notevoli difficoltà.
I posti letto pubblici, invece sono pochi. Il Libro bianco ha censito tutte le strutture: centri di assistenza, ambulatori ospedalieri di diagnosi e cura, residenze, day hospital e centri diurni. In Campania i posti letto nelle 64 residenze (sir, create sulla scia della chiusura dei manicomi) sono 816, cioé 1,5 per ogni 10 mila abitanti, la metà della media nazionale. I posti letto nelle Asl sono appena 216 più 33 nei tre policlinici e hanno un tasso di saturazione del 90 per cento. Un ricovero non dura mai meno di un mese e mezzo.
Perciò sono importanti i 61 posti nei «centri di crisi» previsti nei Dipartimenti di salute mentale: grazie a queste strutture spesso si riesce ad evitare al paziente l´approdo in ospedale. «Pensavamo non ci fossero – osserva Di Munzio – invece il 36 per cento dei centri ne ha uno». Per l´attività di riabilitazione giocano un ruolo di rilievo anche i centri diurni: la Campania ne ha ben 819, e 107 day hospital. Bene anche le attività non obbligatorie: dalla cura dell´anoressia alla difesa dal mobbing.