sabato 12 luglio 2003

«patologie della normalità», sul rapporto Eures a Roma

La Stampa VivereRoma 12 Luglio 2003
Ricerca Eures
Nel Lazio nel corso del 2002 i delitti consumati tra le mura domestiche sono stati 24 . Nel 23% dei casi il movente è rappresentato dalle liti o dissapori accumulati nel tempo che sfociano nel raptus e nella violenza.
LICIA PASTORE

Roma, secondo la recente ricerca pubblicata dall'Eures è la seconda provincia in Italia per numero di omicidi domestici che crescono in tutto il Paese. La prima è Torino con 19 vittime pari all'8% del totale contro le 15 di Roma che sono il 6.3%. Nel Lazio nel corso del 2002 gli omicidi consumati in famiglia sono stati 24. Si parla di omicidi domestici quando le persone coinvolte hanno o un grado di parentela o più semplicemente un legame affettivo condiviso non necessariamente sotto lo stesso tetto.
La ricerca presentata offre una descrizione anche dei moventi che spingono a questi gesti estremi. Il 23% è rappresentato dalle liti o dissapori che evidenziano in genere rapporti difficili che maturano nella quotidianità e sono generalmente riconducibili a relazioni violente. Tra le aree indagate sono emersi 8 casi dell'area del centro Italia che sono attribuiti al cosiddetto raptus. Ci si può in parte consolare ricordando che solo nel 2000 Roma era in testa alla classifica. «Questo tipo di delitto, riconducibile al raptus è uno dei nodi centrali su cui abbiamo ragionato - spiega Fabio Piacenti presidente dell'Eures - un terreno grigio tra normalità e follia». Ma cosa si intende per normalità? «Si parla molto oggi delle patologie della normalità. - aggiunge Fabio Piacenti - sta venendo fuori sempre più forte l'esigenza di comprendere attraverso lo studio e l'approfondimento di carattere scientifico il problema, è un po' la frontiera principale per orientarsi nelle nuove strategie della prevenzione». All'Eures attraverso un originale approccio di analisi si sono chiesti come si è trasformato il fenomeno dell'omicidio anche nelle città. «Dobbiamo ragionare su come intervenire - continua Piacenti - nel momento giusto individuando i segnali deboli che il dialogo, l'ascolto e la presenza di una rete di protezione possono riuscire a cogliere».
Ma cosa può funzionare da bussola in questo contesto poco conosciuto? Mancando segnali evidenti tutto risulta più difficile. «Noi abbiamo tentato di introdurre una nuova classificazione qualitativa che aiuti a rileggere quali sono i contesti che predispongono e fanno da riferimento agli omicidi introducendo categorie come quella dell'omicidio in prossimità».