giovedì 7 agosto 2003

Luigi Lo Cascio, il protagonista maschile di Buongiorno, notte di Marco Bellocchio

Repubblica 7.08.03
Dal Nicola del film-fenomeno diretto da Giordana al brigatista del caso Moro di Bellocchio: ritratto dell´attore del momento
La meglio gioventù appassionata come me
Incantesimo E´ la magia del cinema che mi fa apparire più alto e più bello
di MARIA PIA FUSCO

ROMA - Luigi Lo Cascio è al telefono da Sofia. Interpreta l´ispettore Arnaldi che indaga nel mistero dei delitti di un serial killer che uccide protetto da una maschera. Il film è Occhi di cristallo dal libro "L´impagliatore" di Luca Di Fulvio, regia di Eros Puglielli ("Tutta la conoscenza del mondo"), prodotto da Cattleya con RaiCinema. «Non è il tipico poliziotto che avanza con la logica, c´è una partecipazione personale forte», dice. «Le modalità dei delitti fanno affiorare sentimenti e memorie che lo riguardano. Non avevo fatto un personaggio così, mi è piaciuta la sceneggiatura ed è stato determinante l´incontro con Puglielli, ha così tanta passione dentro che è impossibile non farsi coinvolgere».
Che effetto fa ritrovarsi tra gli attori più rappresentativi della sua generazione dopo soli quattro anni di cinema?
«Non ci penso, per me è già un regalo il momento del lavoro, lo faccio sempre con grande entusiasmo, lo stesso degli inizi a teatro. Forse il mio vantaggio è quello di essere arrivato tardi al cinema, che considero comunque parte della mia attività di attore».
E tutto grazie a zio Luigi Burruano?
«È vero, io studiavo, ero seriamente intenzionato a diventare psichiatra, ma in famiglia c'era zio Luigi che faceva teatro e la sua passione mi ha contagiato, ho cominciato a recitare in vari gruppi, poi mi sono iscritto all´Accademia. Ed è stato mio zio a segnalarmi a Giordana, lo ha portato a teatro a Palermo dove recitavo Shakespeare. La fortuna è stata che, dopo I cento passi, Piccioni, con Luce dei miei occhi, mi ha aiutato a dimostrare di essere un attore in grado di fare ruoli diversi, capace di cambiare. Anche di fare il gay in Il più bel giorno della mia vita, in cui ho cercato di evitare i cliché, ho puntato sulla storia d´amore, difficile come tutte le storie d´amore».
Lei sarà a Venezia con Buongiorno, notte di Bellocchio. Che aspettative ha?
«Un premio l´ho già avuto, lavorare con Bellocchio. E con un personaggio complesso, ambiguo. Il film parte dalla realtà storica del rapimento di Moro, ma poi scivola nell´invenzione, si immagina la scissione - soprattutto nel personaggio di Maya Sansa, la protagonista - tra il carceriere e la persona che dialoga con il prigioniero. Io sono Mariano, il terrorista psicologicamente più determinato, ma anche lui si rende conto di trovarsi dentro la gabbia delle sue scelte, come se si scambiassero le posizioni tra carceriere e carcerato».

Tra poco sarà a Locarno con il film di Alessandro Piva...
«Non ho ancora visto Mio cognato, una dark comedy, un grottesco, il rapporto tra i due cognati, Sergio Rubini e io, supera l´elemento naturalistico. Siamo diversissimi, lui vitale, turbolento, imprevedibile, io semplice, piccolo borghese, bene educato. Ma quando mi trascina nella Bari notturna, in quartieri malfamati e oscuri come un inferno in cui sono un pesce fuor d´acqua, sono affascinato, provo quasi un desiderio di emulazione».
Che cosa le è rimasto dell´esperienza di La meglio gioventù?
«Il copione prima di tutto, la qualità letteraria dei dialoghi, è stato un piacere dire parole belle come quelle. L´immagine di Marco Tullio che, anche dopo quattro mesi, arrivava ogni mattina sul set entusiasta, sempre con un´idea nuova. Quanto a Nicola, non ho mai pensato al contesto politico che attraversava, ma solo all´essere umano, alla sua ricerca di libertà più per gli altri che per se stesso. Ho amato la sua curiosità, la voglia di conoscenza che ha nella vita e nel suo lavoro di psichiatra».
La sua vita è cambiata in questi ultimi anni?
«La notorietà mi è arrivata dopo i trent´anni, ero già abbastanza formato, non mi ha provocato grandi scossoni. Il cinema mi ha aiutato a innamorarmi di nuovo del mestiere dell´attore. E mi piace la vita girovaga, gli alberghi, gli aeroporti, i luoghi anonimi».
Ma ormai la riconoscono...
«Sarei ipocrita se dicessi che non mi fa piacere. Ma in genere succede che si avvicinano. Lei è quell´attore, quello che ha fatto.. Poi mi guardano... No, scusi, lei è meno carino, più piccolo, e se ne vanno. È la magia del cinema che mi fa apparire più alto e più bello».
Comunque è diventato più ricco...
«Per quello ci voleva poco. Senza fare la retorica dell´attore affamato che deve fare mille mestieri per mantenersi, è vero che per molti anni dovevo scegliere se comprare il giornale o il caffè. Nel teatro la gerarchia è molto forte, la differenza tra il primo attore è gli altri è abissale e con le centomila lire devi pagare vitto, alloggio e anche le tasse. Non sono ricco, ma con il cinema mi sembra di vivere nel lusso sfrenato».