lunedì 15 settembre 2003

***la lettera di Marco Bellocchio in prima pagina sulla Repubblica del 15.9.03

(segnalato da Simona Facchini - l'articolo di Mario Pirani, a cui questa lettera si riferisce - è disponibile in questo blog, qui sotto, alla data del 12.9)

La Repubblica 15.9.03 PRIMA PAGINA
IL CORAGGIO DI ANDARE OLTRE LA STORIA

Un film sceglie un punto di vista uno sguardo: può anche omettere
Ma sulle Br ho un'idea precisa in "Buongiorno notte": si dice che infatti sono "folli e stupide"
di MARCO BELLOCCHIO

Il successo di un film nelle sale non fa giustizia delle critiche, certo. Sono due circostanze distinte, camminano su strade separate. "Buongiorno, notte" gode dell´attenzione del pubblico, e - insieme - suscita apprezzamenti e critiche che mi sembrano, in questo caso, aver rotto i fronti tradizionali. Contro "L'ora di religione" il mondo cattolico si schierò in modo omogeneo, compatto. Sul film che narra degli ultimi giorni di Aldo Moro destra centro e sinistra politiche hanno reagito in modo non scontato né prevedibile: i blocchi, mi pare, sono scomparsi. Si è detto: è un film indulgente coi terroristi. La premessa è: a cinema politico, giudizio politico. Non nego che il mio film sia politico, tuttavia non ho inteso sposare alcuna tesi. Mi sono orientato leggendo, ricordando. Poi - con un salto nel vuoto, a rischio - ho seguito il mio istinto. Capisco che a Mario Pirani interessi fare delle riflessioni di tipo politico sulla linea della fermezza. Ho un´opinione personale al riguardo, e sebbene non credo che conti molto la espongo: anche in situazioni disperate metterei al primo posto il valore della vita di un uomo.
Ho letto che i terroristi dovrebbero nascondersi, sparire: sparire forse come topi? Farsi frati? Erano e sono esseri umani: non sono io chi deve dare un giudizio sulla sincerità dei loro racconti sui fatti di allora, né sulle loro parole di adesso. Mi sono ispirato a un libro con grande libertà. Sento che Adriana Faranda dice: ha capito di noi cose che noi stessi non avevamo capito [cfr l'intervista dell'Unità a Adriana Faranda, più sotto in questo blog. ndr]. Non posso sapere se sia vero, trovo però qualcosa che accomuna le parole dei terroristi (Faranda, Braghetti, Morucci) e quelle di Giovanni Moro [c.s. ndr]: la non aderenza alla verità storica restituisce una verità più profonda. Moro ha detto, più o meno: non importa se i dettagli sono attendibili, la figura di mio padre somiglia all´uomo che era, anzi "per infedeltà" l'approfondisce. È questo, il punto: l'elaborazione artistica deve riconoscersi la libertà di rappresentare. Si è anche detto, poi: è un film indulgente con Moro. Non tiene conto del clima di quegli anni, del fatto per esempio che una parte del Paese plaudì apertamente all'omicidio. Non mi sembra: nell'economia del film c'è la televisione, un personaggio molto rilevante, una presenza costante nel covo che ha la funzione di mescolare la realtà storica con la finzione cinematografica. La tv restituisce forte la realtà: dai volti pallidi e impotenti dei politici dell'epoca, per esempio, Pirani desume un mio giudizio sulla storia. Poi: un film sceglie un punto di vista, uno sguardo. Può omettere anche molto della cronaca. Andreotti dice che il Vaticano era pronto a pagare il riscatto. Ho letto nei testi su cui ho lavorato per la sceneggiatura che i brigatisti dicono che avrebbero rifiutato il denaro. C'era un´offerta di 50 miliardi che sarebbe passata dal Vaticano. In una prima stesura del film c´era una scena in cui il Mariano che somiglia a Moretti dice: «Non possiamo monetizzare la trattativa». Volevano un riconoscimento politico, non i soldi. Nel film di tutto questo resta appena traccia, l'idea da molti studiosi argomentata che Andreotti abbia suggerito al Santo Padre la versione «liberatelo senza condizioni» è rimasta nella scena in cui il papa riceve un foglietto. Quand'anche ci fosse stata la possibilità di pagare un riscatto, credo, non sarebbe stata quella la via per la salvezza di Moro. Ho fatto un film: chi va a vederlo credo cerchi e forse trovi un'emozione, un coinvolgimento. Non un ragionamento storico politico. Ho sentito dire che mi sarei rassegnato, invecchiando, a un revisionismo buonista: non butto più mia madre in un burrone, sto dalla parte del padre. Non mi sento affatto un riconciliato, invece. Non credo che il problema sia perdonare, o riscrivere la storia dicendo che non c'erano né buoni né cattivi. Ho un'idea molto precisa, piuttosto: nel film delle Br si dice "folli e stupide", è una definizione in cui credo. Moro, nella sua moderazione democristiana, aveva una percezione della realtà molto più nitida, concreta, umana della loro. Ero nettamente contro le Br allora, lo sono oggi che il terrorismo è fuori dalla storia. Non per questo ho scelto il partito dei padri che vanno eternamente assolti e subiti: certo non credo più come forse a 25 anni che buttare la madre da un burrone possa essere la soluzione, ma credo in una dimensione di rifiuto che preveda il rispetto della legalità. Questo, molto in scala ridotta, vale anche per quello strano premio che mi hanno assegnato a Venezia. Rispetto le regole del concorso, non ho buttato il premio in Laguna. Mi sono riconosciuto la libertà di un rifiuto, però. In questo caso, neanche di un gran rifiuto: solo la libertà di festeggiare a Roma il film con tanti amici, la sera della premiazione. Senza offendere nessuno.