sabato 20 settembre 2003

Sergio Zavoli, dopo la sua bella lettera a Marco Bellocchio apparsa sul Resto del Carlino

(la lettera a Marco Bellocchio di Sergio Zavoli sul Resto del Carlino, «La grazia di inventare il vero» è reperibile in questo blog cercando alla data dell'8.9.03)

Il Giornale di Brescia 20.9.03

Sergio Zavoli, ottant’anni con le antenne alla tv del futuro
Il giornalista Sergio Zavoli, che sta per compiere 80 anni


ROMA - Sta per compiere 80 anni, è un’icona del giornalismo tv, ha rivoluzionato il modo e lo stile di condurre le inchieste: Sergio Zavoli, una vita spesa nella Rai, non è ottimista sulle prospettive dell’informazione televisiva e, in un’intervista all’Ansa, parla di tv pubblica, di audience e pubblicità, del fenomeno Murdoch, fino al caso-Bellocchio che ha scosso la Mostra del Cinema di Venezia. In sostanza, afferma il giornalista, è sempre più difficile fare una buona tv e anche la Rai, affetta da instabilità cronica, deve tener conto dei cambiamenti e della velocità con cui avvengono: «Penso, credo controcorrente, ma rispetto a tutto il sistema e non solo alla Rai, che non si valuti il vero fattore della novità, cioè l’ingresso di Murdoch, con tutta la sua imponente "mercanzia", nel nostro mercato mediatico. A una velocità impressionante egli sta costruendo un sistema che gode di mezzi e contingenze speciali. Non capisco bene come, a destra, si concepisca il vantaggio da poterne trarre, ma temo che la sinistra sia ancora lontana dall’averlo addirittura immaginato. Bisogna diffidare della velocità dei fenomeni, a meno di non saperli interpretare e governare.
(...)
Il nome di Zavoli è legato indissolubilmente alle inchieste televisive: fra tutte resta memorabile quella sul caso Moro («La notte della Repubblica», edita poi in volume) con una toccante intervista a Germano Maccari: il brigatista parlò fra le lacrime del rapimento, della prigionia e della morte di Moro. E sono di pochi giorni fa le polemiche sul film di Marco Bellocchio «Buongiorno, notte», che ha mancato il Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia. Zavoli lo ha visto e lo giudica in questi termini: «Nel rispetto più elementare e più fermo dei diritti d’un artista di svolgere il proprio lavoro, verso una libera creatività, temo solo che il potersi esentare dal "vero" possa trasformare l’ interpretazione nell’unica superstite "verità". Ciò vale soprattutto per i giovani che non hanno vissuto quella storia e ne deducono l’attendibilità, per giunta suggestiva, dalla trasposizione immaginativa. Ciò mi ha fatto avvertire una vaga perdita di fiducia nel mio lavoro, sentendomi attardato dall’aver voluto e voler cercare di capire, rispetto a chi, potendone prescindere, finisce per fissare, paradossalmente, la sola possibile storia ». (d. sim.)