giovedì 6 novembre 2003

ancora sui crocifissi

La Repubblica giovedì 6.11.03
Crocifissi tra la fede e lo Stato laico
di CORRADO AUGIAS


Caro Augias, la questione dei crocifissi nelle aule è scoppiata a livello nazionale, si è cominciato a discuterne! Era uno dei tanti tabù che questa italietta con la i minuscola doveva ancora trovare il coraggio di affrontare. Ho sempre sostenuto la laicità dello Stato; ma non l'ho mai vista nelle scuole. Persino all'università (mi sono laureato l'anno scorso) le aule del Palazzo Liviano (sede di Lettere e filosofia a Padova) hanno un enorme crocifisso con i bracci di un metro per un metro, sopra ogni cattedra. Questa mia lettera vuol essere un grido a favore della rimozione dei crocifissi dai luoghi pubblici. Sono pieno di ammirazione per la Francia, che da cent'anni ritiene scontata la sua laicità. Ma che tristezza sentire parole laiche solo da Rifondazione e Radicali, e che si sia arrivati a questa sentenza per un integralista musulmano! Com'è piccola la nostra Italia!
Claudio Chiancone, Padova

Caro Augias, dovremmo ringraziare il signor Adel Smith per aver dimostrato quanto poco siamo cambiati dai secoli (cosiddetti) bui. Crociate per un simbolo che a quanto pare nessuno si accorge che c'è fino a quando non si vuole toglierlo. Sono atea e insegnante elementare. I miei due figli non sono battezzati, abbiamo voluto lasciarli liberi di scegliere, in qualsiasi momento della vita. La religione secondo me è una cosa intima e delicata. Il "popolo italiano" così poco omogeneo, solidale, coerente a quanto pare ha ancora bisogno di un simbolo per ritrovarsi. Che tristezza. Tolleranza, pace, fratellanza. Parole, parole, parole. Povero Cristo, povero fratello!
Paola Borsio

A seguito delle polemiche sul crocifisso è arrivata una tale quantità di lettere che il solo elenco dei mittenti riempirebbe la rubrica. Per la maggior parte sono del tenore delle due che pubblico. Un dato che, trattandosi di nostri lettori, potrebbe non rispecchiare la generalità degli italiani. L'aspetto più triste mi sembra francamente che quel provvedimento sia scaturito dalla provocazione di un uomo impresentabile come Adel Smith. L'aspetto più umiliante è che in Italia si faccia un tale baccano per problemi che altrove in Europa sono stati risolti alla fine del XVIII secolo. L'aspetto più irritante è che lo stesso Smith potrà a buon diritto chiederci dall'alto di che condanniamo il fanatismo talibano o le leggi religiose contro le adultere in Nigeria.

Anche se le circostanze sono diverse, resta infatti il principio che ogni commistione tra fedi religiose e regole statali è, di per sé, portatore di confusione e di intolleranza. L'aspetto più preoccupante è che un simbolo religioso sia imposto per decreto. Se fossi cattolico credo che vorrei conservare quella croce all'interno della mia coscienza e della mia chiesa, mai chiederei che venisse imposta ad altri per forza di legge. Il documento di un gruppo di associazioni cristiane per la laicità (numerose quelle cattoliche) pochi giorni fa sottolineava (Le Monde, 21 ottobre) come il laicismo sia condizione indispensabile per la crescita del sentimento religioso. Se non si crede alla Francia, soccorre l'esempio degli Stati Uniti, paese nel quale lo Stato non può far entrare manifestazioni e simboli di una qualunque fede nei luoghi pubblici e dove il sentimento religioso è radicato e in aumento.