martedì 18 novembre 2003

ancora sul libro di Lidia Ravera su Erika

La Gazzetta del Sud martedì 18 novembre 2003
Lidia Ravera scrive ad Erika. Quando il sabato sera esaurisce tutto il futuro
di Candida Curzi


Lidia Ravera Il freddo dentro Rizzoli pagine 175 - euro 13,50


Lidia Ravera, la ragazza degli anni '70, che firmò il manifesto degli adolescenti di allora, «Porci con le ali» , scrive a Erika, la ragazzina di Novi Ligure, che con il suo fidanzato Omar ha ammazzato mamma e fratellino a coltellate. Perché se oggi «Erika ha bisogno di silenzio, noi abbiamo bisogno di risposte, o almeno di continuare a porci delle domande, a riflettere, a pensare, perché Erika è un caso estremo, ma il freddo che è dentro di lei, potrebbe essersi insinuato anche in altri corpi giovani, in altre anime. Come una malattia. E la colpa potrebbe essere anche nostra». Il libro è una lunga lettera e insieme la cronaca di un'indagine appassionata per capire chi è Erika, chi erano i suoi familiari, gli amici, la scuola, il paese, il contesto, insomma, dove una ragazzina di 16 anni, è diventata un'assassina, feroce e inconsapevole allo stesso tempo. Come negli incubi peggiori. Lidia Ravera, che oltre che scrittrice è madre di due ragazzi ormai grandi, racconta a Erika che avrebbe voluto incontrarla, parlarle, almeno guardarla negli occhi. Ma «il silenzio attorno a te è diventato un progetto educativo», così si è dovuta accontentare di leggersi i tomi di perizie psichiatriche, interrogatori, intercettazioni, le cronache dei giornali, andare a parlare con il preside della scuola dove Erika studiava, la gente di Novi Ligure che conosceva la sua famiglia, il colonnello dei carabinieri del Ris che ha analizzato la scena del delitto. E, sfogliando carte e fotografie, raccontandole, interrogarsi su come era stata adolescente lei e i ragazzi degli anni '70, che sono i genitori degli adolescenti di oggi. Alla ricerca del guasto, del punto dove il meccanismo si è rotto. Gli indizi, disseminati nel racconto, sono stati. A cominciare dall'ostinata normalità di Erika e della sua famiglia, nella loro villetta a schiera con giardinetto, le giornate scandite da scuola e palestra, la mamma che sembra una sorella, l'estate al mare, l'inverno a sciare... fino al «Quiz show», guardato con papà prima che lui uscisse e Erika desse il via libera ad Omar per aiutarla a compiere la strage. Droga? Al Sert di Novi Ligure dicono che no, Erika e Omar non li avevano mai sentiti nominare, non erano consumatori abituali, «forse qualche spinello come quasi tutti, qualche tiro di coca». La scuola? Macché, anche lì «solo il 6, come molti» . Normale, anzi «impiegatizio». Anche il sesso: tutti i giorni, dalle 15.30 alle 19, Erika va a casa di Omar. «Studiate!» dice Susy Di Nardo alla figlia; la madre di Omar prepara la merenda; i due ragazzi, nella stanza di lui, fanno l'amore, a volte litigano e poi fanno la pace, e, da due mesi prima, cominciano a parlare di come fare per stare sempre insieme: se mamma e papà Di Nardo morissero, loro potrebbero vivere lì, al posto loro, nella villetta a schiera, magari adottare il fratellino. Si potrebbe mettere il veleno per topi nel minestrone... ma come si farebbe ad accusare del delitto due rapinatori albanesi? meglio i coltelli. Così parlano dell'amore e del futuro questi due ragazzi. Noi, ricorda Ravera, facevamo l'amore di nascosto e ce ne andavamo da casa a 18 anni; pensavamo di doverlo costruire il nostro futuro, volevamo addirittura cambiare il mondo. «Voi generazione di orecchie tappate dalle cuffiette stereofoniche, di tatuaggi nascosti, di ombelichi esposti, generazione di "per sempre" figli, di consumatori silenziosi, di tranquilli a casa, generazione di tolleranza mille e screzi zero, con mamme e papà sempre tesi a giustificarvi...» avete fretta, la volete subito l'eredità, la libertà. Il futuro è domani, sabato sera, le vacanze. «Senza futuro, mi dicono, si vive benissimo. Anzi meglio. Visto che in ogni progetto è contenuta almeno una bugia. D'accordo, ma senza futuro che fine fa la speranza?» si chiede la Ravera. E chiude il libro con una frase scritta da Erika in un tema poche ore prima del massacro: «La mia famiglia è magica e immensa». Lasciando spalancato il baratro di incomprensibilità.