martedì 18 novembre 2003

Oliviero Diliberto: l'intervento alla Camera
citato nell'incontro sul Novecento
alla Libreria Amore e Psiche

STRAGE DI NASIRIYAH
L'intervento di Oliviero Diliberto alla Camera
Ufficio stampa
Roma, 12 novembre 2003


Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo è un giorno tragico per l'Italia; è autenticamente un giorno di lutto nazionale. Siamo solidali con le Forze armate, ci inchiniamo di fronte alle vittime ed esprimiamo una solidarietà profonda e sincera alle famiglie, non solo alle famiglie di coloro che sono morti, ma anche a quelle degli altri militari italiani impegnati in Iraq, che da oggi vivranno in modo lacerante le ore ed i giorni.

Ma questa, signori del Governo, è l'unica cosa che ci accomuna. Perché questa grande angoscia, che è sicuramente di tutti, si accompagna ad una grande rabbia, ad una collera che non si placa.

Voi dovete rispondere al paese: in nome di che cosa sono morti i nostri soldati? Per quale motivo? Sotto quale bandiera? Perché erano lì, in un paese occupato, dopo una guerra illegittima dal punto di vista del diritto internazionale e in aperta violazione dell'articolo 11 della Costituzione?

Non è tempo di ipocrisie: sono stati mandati allo sbaraglio, dalla maggioranza e dal Governo. Da un Governo che gestisce la politica estera con una superficialità che fa davvero paura, una superficialità che mette tutto il Paese in pericolo.

Decenni di politica estera italiana, decenni di pace e di cooperazione nel bacino del Mediterraneo, nei confronti del mondo arabo, si sono dissolti! Pazienti tessiture di rapporti e di diplomazie, che avevano messo il nostro Paese al riparo dagli attentati e dal terrorismo, sono ormai solo un vago ricordo. I nostri soldati sono stati mandati allo sbaraglio, senza alcuna copertura politico-diplomatica, senza quell'indispensabile rete di intese e di rapporti necessari quando si sta in territorio di guerra.

Ricordate la missione in Libano? Difficilissima: decenni di guerra civile! Ma l'Italia ne uscì a testa alta, con un accresciuto peso internazionale, compiendo una vera missione di pace, perché vi era quella rete di rapporti, di diplomazie.

Oggi, tutto è cambiato! Oggi, la politica estera di questo Governo è quella delle cene nelle ville della costa Smeralda, delle canzoni di Apicella, delle pacche sulle spalle, degli ammiccamenti e della totale subalternità all'Amministrazione americana, a Bush!

Il nostro ruolo internazionale è pari a zero.

Nell'Iraq vi è il caos più totale, con il rischio dell'estensione del conflitto ad altre zone, come dimostrano le sanzioni decise dagli Usa nei confronti della Siria. Tutto è sfuggito al controllo. Nel frattempo, in Palestina, non vi è stato alcun passo in avanti e, anzi, prosegue la costruzione del muro della vergogna.

È il fallimento completo di una politica estera fondata sulla guerra e sulla cancellazione del diritto internazionale.

Purtroppo si sono verificate, oggi, le più fosche previsioni! Avevamo chiesto, disperatamente chiesto, di non mandare alcun uomo italiano in Iraq, come hanno fatto altri Paesi che non sono certo nemici degli Stati Uniti, come la Francia e la Germania. Avevamo chiesto, ben prima dell'attentato, molto prima dell'attentato, che il nostro contingente venisse ritirato. Invece, addirittura ne è stato prolungato il mandato.

Oggi, indipendentemente dalla immane tragedia che si è consumata a Nassiriyah, voi avete un solo dovere: riportare subito i nostri soldati, sani e salvi, in Italia! Non perché c'è stato l'attentato, ma perché questa guerra è un orrore infinito, un orrore inutile, che anzi alimenta le ragioni dei terroristi.

Voi, signori del Governo, siete politicamente, moralmente responsabili. Se il vostro fosse un Governo degno di questo nome, vi sareste presentati dimissionari in Parlamento! Ma non lo siete, perché non rappresentate l'Italia e la sua ansia di pace, di convivenza tra i popoli, il suo largo e convinto desiderio di serenità.

Voi, signori del Governo, vi dovreste soltanto vergognare