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L'ASSOCIAZIONE CULTURALE
martedì 18 novembre 2003
il Concordato preventivo: lo stato dell'arte
da clorofilla.it
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Concordato preventivo, dubbi accademici sulle modifiche. E' il caso, ma non solo, di talune prestazioni mediche, dove la necessità di subordinare la prestazione della cura alla disponibilità del paziente a essere identificato urta contro fondamentali principi di deontologia professionale. Il direttore del Dipartimento di Scienze economiche dell'università di Bari spiega perché l’eliminazione dell’obbligo di fatturare avrebbe consentito di affrontare finalmente alcuni gravi inconvenienti in alcuni settori delle professioni e dei servizi particolarmente sensibili
Il Fondo. "Curare" la Finanziaria è (ancora) possibile
di Ernesto Longobardi
(l'originale dell'articolo qui riprodotto si può raggiungere cliccando QUI
Roma - Il decretone, cioè il decreto legge 269/2003 che contiene gran parte della manovra finanziaria per il 2004, nell’originario testo, cioè quello pubblicato sulla GU – che fino alla conversione rimane in vigore - prevedeva per i soggetti che aderiranno al nuovo istituto del concordato fiscale preventivo, la sospensione dell’obbligo di “emissione dello scontrino fiscale e della ricevuta fiscale, …, nonché della fattura a favore di soggetti non esercenti attività di impresa o di lavoro autonomo” (art. 33, comma 2, lettera b, e comma 9).
Con il maxi-emendamento approvato al Senato, sul quale è stato posto il voto di fiducia, l’art.33, istitutivo del concordato preventivo, è stato integralmente sostituito. La disposizione che abbiamo richiamato viene modificata in due punti (art. 33, comma 3, lettera b e comma 13): la sospensione dell’obbligo di emissione viene limitata a scontrini e ricevute, escludendo le fatture emesse nei confronti di “privati” non soggetti IVA; viene mantenuto l’obbligo di emissione nel caso di richiesta da parte del cliente. Mentre su questo secondo aspetto non si può che concordare (e si ritiene che l’omissione di tale previsione nel testo originario sia da ascrivere a puro errore materiale), la seconda modifica ha destato notevoli perplessità, sia tra le organizzazioni di categoria sia a livello tecnico: si possono vedere, in particolare l’intervento di chi scrive apparso su Il Sole-24 ore del 1 novembre 2003 (pag. 19) e quello di Felicioni e Ripa su ItaliaOggi del 5 novembre 2003 (p. 28).
La modifica crea infatti una ingiustificabile frattura nella platea dei soggetti che effettuano operazioni nei confronti dei consumatori finali, che è quella cui in primis si rivolge il nuovo istituto del concordato: commercianti e artigiani da una parte, professionisti ed artisti dall’altra. Ma c’è molto di più. La sospensione dall’obbligo di emissione della fattura consentiva di affrontare finalmente, anche se limitatamente al mondo dei concordatari, alcuni gravi inconvenienti dell’attuale assetto della normativa sugli obblighi di certificazione: in primo luogo quelli che affliggono alcuni settori delle professioni e dei servizi particolarmente sensibili, dove l’obbligo di identificazione nominativa del destinatario della prestazione urta contro i diritti alla riservatezza garantiti dal nostro ordinamento.
In tale ambito, il caso delle prestazioni mediche presenta aspetti di particolare rilevanza e delicatezza. L’obbligo al segreto e alla riservatezza assurge in questo caso al rango di fondamentale principio deontologico, sancito, nel caso italiano, dagli articoli 9 e 10 del Codice. Ma si deve ricordare anche l’art. 3, “dovere del medico è la tutela della vita, della salute fisica e psichica…”: potrebbe il medico subordinare la cura alla disponibilità del paziente ad essere identificato per ottemperare ad un obbligo di natura fiscale?
Il paradosso, nel caso dei medici, è che l’obbligo di emissione della fattura non è neppure uno strumento di presidio del gettito IVA in quanto, come noto, “le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie” sono operazioni esenti (art. 10, n. 18, DPR 633/1972, che istituisce e disciplina l’imposta sul valore aggiunto). Tant’è che per la quasi totalità delle operazioni esenti è prevista (art. 36 bis del 633) la dispensa dall’obbligo di fatturazione, con l’unica condizione di una semplice comunicazione da parte del contribuente all’ufficio. Strano a dirsi, tuttavia, le prestazioni mediche sono escluse da tale possibilità (insieme alle cessioni di oro! L’accostamento può far piacere alla professione!).
Si è persa dunque, con l’emendamento al concordato, la possibilità di porre un rimedio ad una situazione del tutto irragionevole, consentendo al medico di non emettere fattura nel caso il paziente non la richieda. Si potrà forse rimediare nell’ambito degli aggiustamenti al concordato che dovrebbero essere approvati già con la legge finanziaria. Se così non sarà, si dovranno prendere iniziative decise per un provvedimento di modifica dell’attuale normativa sulla fatturazione (articoli 21, 22, 36 bis del DPR 633).
* Professore Ordinario di Scienza delle Finanze all'Università di Roma