martedì 25 novembre 2003

l'articolo di Achille Bonito Oliva su Paul Klee,
citato al lunedì

La Repubblica, lunedì 24.11.03
I nazisti contro klee
Un'esposizione a Francoforte
portare lo sguardo fuori dalle apparenze
L'arte non duplica ma rende visibile
Raccolti dipinti e disegni del 1933. Dopo un'irruzione nel suo studio, l'artista fu allontanato dalla Germania e costretto a tornare in Svizzera
di ACHILLE BONITO OLIVA


(molte immagini delle opere di Paul Klee possono essere viste QUI)

Funzionari del partito nazista fanno irruzione nello studio di Paul Klee a Dessau. Questi, alcuni mesi dopo, allontanato anche dall'Accademia di belle arti di Dusseldorf, torna a Berna. Tutto nel 1933, il primo anno dell'era nazista. Di questo annus horribilis, in cui Klee produce 245 disegni ed una serie di dipinti, rende conto una mostra itinerante: cento disegni e un gruppo di quadri (da Berna a Monaco, ora alla Schiran Kunsthalle di Francoforte e, dopo, ad Amburgo). Testimone del risentimento iconografico contro la demagogia militaristica, la retorica nazionalista e l'orgoglio teutonico.
La sopraffazione attiva del linguaggio di un'"arte degenerata" che, nello stordimento del procedimento creativo e l'abbassamento automatico delle tecniche compositive mantiene memoria del momento storico. L'arte si fa storia dell'istante. La pronta censura del regime si piega. Gli heideggeriani erratici percorsi di Klee prendono di contropiede l'immaginario collettivo dei funzionari di partito: un paradosso visivo che parte dalla terra e vi resta ancorato attraverso un linguaggio fertile e autoreferenziale: terra spirituale. Allo statico naturalismo di ritorno l'artista contrappone la natura dinamica dell'arte capace, tra astrazione e figurazione, di rendere invisibile anche il visibile e viceversa.
Progetto e casualità creativa si intrecciano simultaneamente nell´opera pittorica e grafica di Klee, portato a bilanciare con la complessità dell'arte l'insufficienza di una realtà schematica e riduttiva. L'arte procura stordimento e nello stesso tempo conoscenza, una perdita di senso e anche un suo accrescimento, tramite il disorientamento di una pratica che, per definizione, tende a ribaltare la comunicazione sociale, posta normalmente sotto il segno dello scambio unilaterale ed economico.
Una diversa economia regge il sistema dell´immagine di Klee alimentata da una strutturale ambiguità che aggira la superbia logocentrica del linguaggio comune, per approdare nel luogo di intrecciate relazioni, in cui i segni si dispongono lungo accordi e fughe istantanei. Se incontrollabile è l'impulso che sale lungo la schiena dell'artista, controllabile è invece la perizia manuale necessaria a rendere lampante ed esplicita la forza dell'immagine.
Il linguaggio è una riserva da cui attingere a piene mani, senza altre riserve se non quelle che internamente il linguaggio stesso preserva e protegge. Non è possibile lottare contro di esse, anzi l'artista organizza un progettato abbandono che nasce da una disciplina interiore, capace, come dichiara egli stesso, di duplicare il mondo perché «l'arte non ripete le cose visibili, ma rende visibile». KIee si abbandona ai flussi dell'immaginario in una posizione obliqua di fronte al linguaggio, di perdita cosciente, adatta ad accogliere lo spostamento nomade dei suoi segni. Klee conosce molto bene la natura del linguaggio e non ha mai tentato di domarla, semmai di assecondarla secondo procedimenti che implicano l'idea di progetto e di scelta. Il risultato invece viene lasciato ai suoi esiti liberi, fuori da qualsiasi attesa o preveggenza. Non è infatti l'artista ad essere preveggente, ma il linguaggio che cova dentro di sé immagini e risultati inusitati. Se l'inconscio e il caso sono valori che arricchiscono l'opera e le restituiscono quel carattere di complessità necessaria per racchiudere il senso della realtà, allora egli ha sviluppato una strategia adatta a comprendere dentro il manufatto artistico le istanze incontrollate espresse da quei due valori, attraverso l'assunzione di una disciplina interiore, vicina alla filosofica capacità di introspezione della cultura orientale.
Una costante dell'opera di Klee è la pratica superficialista del linguaggio. Lo spazio non possiede o descrive profondità alcuna, si dà come supporto bidimensionale che non conosce sprofondamenti o inabissamenti. Questi semmai sono il portato di una condizione psicologica e fantastica che precede il lavoro dell'arte, movimenti che assecondano la messa in opera dell'immagine.
Anche il colore entra nel gioco della composizione a incrementare l'intensità di un'opera che nasce anche da una consapevolezza culturale. Klee sa che il linguaggio possiede una sua biologia interna, una sedimentazione di orientamento che permette disposizioni molteplici. Una intensa energia interna sì irradia dall'opera, costruita secondo reticoli filiformi che ne dispongono la potenzialità lungo rotte aperte a molti incroci e collisioni.
Klee è assolutamente cosciente della natura specifica del linguaggio visivo, dei suoi elementi costitutivi che non possono fingere una diversa identità. Semmai il carattere del linguaggio visivo permette di formulare alcune consonanze esistenziali, quali per esempio la capacità di osservazione dell'artista e il suo contemporaneo senso di distacco e non attaccamento alle cose. Così la irriducibile mancanza di profondità del linguaggio visivo, la sua natura superficialista portata all'evidenziamento, è in consonanza con il tipo di rapporto che l'artista ha con le cose, con la sua mancanza di preferenza verso un oggetto più che verso un altro.
La riduzione grafica degli elementi visivi è il segno ulteriore di una scarnificazione dello stato sensibile dell'artista, della sua capacità di portare il suo sguardo fuori dalla fascinazione della materia, fuori dal facile erotismo delle apparenze. Un minuzioso senso di osservazione, da entomologo, assiste il rapporto di contemplazione di Klee con il mondo, fatto di rallentamento analitico e minuzioso e anche di accelerazione sentimentale e palpitante.
L'Annunciazione del Segno avviene dunque silenziosamente e progressivamente, come svelamento lento governato dalla adesione dell'artista al proprio immaginario: egli si abbandona con un movimento ancorato alla perizia paziente della mano e della mente alla automazione psichica, alla pratica creativa dell'immagine. Le trame del profondo trovano una adesione nella trama del linguaggio visivo e l'approdo a un Segno: il lampo dell'Angelus Novus che attraversa il cielo, condensante lo Spazio e il Tempo, per annunciare il labirinto dell'arte, dove la vita e la morte si intrecciano nel movimento della forma.