mercoledì 19 novembre 2003

l'intervista ad Andrea Masini e l'articolo sulla legge Fini sulla droga
di Simona Maggiorelli

ricevuto da Alessio Ancillai

AVVENIMENTI PRIMOPIANO 6.11.03
Il nuovo diktat: punire anche chi usa le droghe leggere. Per le associazioni va in fumo il lavoro fatto in questi dieci anni
di Simona Maggiorelli


Spaccati di storie da Roma e Milano, due città dove, in controtendenza con il dato nazionale, si muore ancora molto, troppo, per droga. In un quadro di tagli alla sa ‘ nazionale, fra sbrigativi provvedimenti dei governi di centrodestra delle Regioni Lazio e Lombardia, dove il fenomeno di tossicodipendenze si fa sempre più complesso, stratificato, trasversale. Qui. come del resto in molte altre città italiane, non si tratta più soltanto del buco di “ero” di persone emarginate, disperate. Si parla di massicci consumi di cocaina, di uso e abuso di psicostimolanti e alcool da parte di persone socialmente inserite, i cosiddetti “normali”, all’inseguimento di ritmi di lavoro sempre più forsennati, affogati da precarietà, ansia da prestazione e miraggi di carriera. Ma anche - e la faccenda si fa in questo caso davvero delicata - di ragazzini sedotti a pensare di poter risolvere ogni problema per via chimica da facili promesse di spacciatori, dal prezzo in rapido calo di pasticche e polvere, ma anche dal tacito esempio di molti genitori che ricorrono agli psicofarmaci. Da diversi anni le illusioni e le solitudini dei paradisi artificiali vanno ben oltre la comune “canna dal blando effetto sedativo e che, senza avere gli effetti devastanti delle droghe sintetiche e pesanti. nel codice giovanile è al fondo simbolo di socializzazione, un invito a mollare gli ormeggi nel rapporto con l’altro.Una realtà complessa che la controriforma Fini sulla droga sembra del tutto ignorare calando l’asso demagogico di una sbrigativa equiparazione cannabis, coca, eroina: sbandierando una scientificamente infondata tesi che il fumo provocherebbe la schizofrenia: ricorrendo al pugno di ferro della sanzione, del carcere, non tanto e non solo per chi produce. importa o spaccia. ma anche per il singolo consumatore, magari giovanissimo e in difficoltà, per il quale il carcere non rappresenterebbe certo una buona terapia. Tanto per richiamare alcuni dati diffusi dal ministero degli Interni, il 30.4 per cento dei detenuti è tossicodipendente e su 208 istituti di pena. solo 98 permettono ai Sert di curare questi malati. contraddicendo il dettato costituzionale che garantisce a tutti i cittadini, liberi o detenuti, uguale diritto alle cure. Parola dell’ex ministro della Salute Umberto Veronesi. «Il vicepremier Fini punta il dito e criminalizza l’uso delle sostanze - dice Massimo Oldrini della Lila di Milano - ma il fatto è che non si fa nulla per prevenire, cercano perfino di smantellare le politiche di riduzione del danno che associazioni di volontariato e Sert praticano nei quartieri, nelle zone di periferia, nelle area a rischio». Un servizio di distribuzioni di sir di opuscoli informativi sui da ga, di preservativi e altro mater battere la diffusione dell’Hiv, tentativo, per quanto possibile. i ragazzi che “si fanno”, di tirarli dentro un rapporto, di avviarli verso percorsi di cura. Un lavoro capillare sul territorio, riconosciuto in sede Europea e che ha contribuito a far calare il rischio di infezione da Hiv fra i tossicodipendenti, dal 67,4 per cento del 1993, al 37,1 percento del dicembre 2002. «Si fa presto a dire abbattiamo Rozzano, si fa presto a additare e stigmatizzare le zone più degradate della città e dell’hinterland, quando non si fa nulla per migliorare la situazione, ma anzi si tagliano i finanziamenti alla prevenzione, si accorpano e si indeboliscono i Sert, prefigurando in sostituzione Sert privati, in un clima generale di gran de incertezza e di progressiva precarizzazione degli operatori pubblici del settore». denuncia un dipendente Asl di Milano, coordinatore di più unità mobili di strada nel milanese e che preferisce restare anonimo perché, come la gran parte dei dipendenti dei Sert, sarebbe soggetto a sanzioni per aver parlato senza ufficiale autorizzazione.

«È una realtà purtroppo macroscopica quel la dell’indebolimento dei servizi pubblici», commenta Don Gino Rigoldi di Comunità Nuova, fondata nel 1973 a Milano con un gruppo di volontari che si occupavano dei ragazzi in uscita dall’Istituto penale “Beccaria” e poi via, via sempre più impegnata ad ampio raggio in percorsi e comunità di recupero dalle tossicodipendenze. «Con la scusa che non ci sono soldi - spiega - si spingono medici e operatori verso situazioni di precariato, si tolgono finanziamenti, risorse a progetti di pronto intervento e alla messa a punto di nuove strategie. In questo modo chiunque ha buon gioco nell’attacca re i Seri, nel dire che non funzionano». «La criminalizzazione e I ‘avviamento coatto verso programmi di disintossicazione - aggiunge Oldrini - sono inutili. Per uscire dal le dipendenze, bisogna decidere di farlo e questa motivazione non la si può imporre per decreto». In questo quadro, la domanda viene spontanea: cosa significherebbe per Milano l’applicazione della legge Fini? «In tanto un effetto immediato - risponde Oldrini - vorrebbe dire alzare il livello di repressione, togliere sempre di più dalla vista ciò che è brutto con conseguenze disastrose. Lo si è visto già con la prostituzione. Costringere chi fa la vita verso l’hinterland, verso campi e zone disabitate ha provocato un aumento esponenziale di casi di violenza. Molte prostitute sono state trovate morte sul posto di lavoro. Potrebbe accadere lo stesso con i consumatori di eroina, difficile che qualcuno possa lanciare l’allarme in zone così isolate. » Diverso scenario, situazione non meno a rischio. Scendiamo nel Lazio, clic insieme al la Campania detiene un triste primato di de cessi per droga. Rispettivamente più 5,4 e più 6,3 per cento nel 2002. rispetto all’anno precedente. Una situazione di gravissima su cui il governo regionale di Storace ha pensato di intervenire con circolari e prescrizioni di restringi mento. Forse dettata da eccesso di zelo, l’iniziativa autonoma della direttrice del dipartimento sociale del Lazio, Elda Melaragno, che per via burocratica lo scorso giugno ha cercato di disciplinare l’uso del metadone. Non importa quali siano le prescrizioni mediche, il metadone nei Sert laziali potrà essere dato in do se giornaliera e non settimanale: i tossicodipendenti. non importa quali siano i loro impegni di lavoro, dovranno recarsi di persona al Seri. ogni giorno. «È una circolare illegittima. non è con note burocratiche estemporanee che si possono aggirare le leggi nazionali», commenta Massimo Barra, uomo del centrodestra, presidente della rete della Croce Rossa europea sull’Aids e storico fondatore di Villa Maraini, fondazione della Croce Rossa e unico istituto che dal ‘76 a Roma offre un servizio 24 ore su 24. «La circolare è stata contestata da un coro di vo ci di operatori (li schieramenti politici differenti - precisa Giulia Rodano responsabile Ds della sanità per il Lazio - ma nella regio ne sono ancora molte le zone di emergenza. In tutto il Lazio ci sono 70 progetti che non partono. molti servizi, sia pubblici che con la partecipazione dei privati, sono a rischio di chiusura e i Seri versano in una grave emergenza determinata dalla mancanza di organico, aggravata dal blocco totale delle assunzioni e dai contratti a tempo determinato». Alcune sedi storiche di Sert sono sotto sfratto, sospesi nell’attesa incerta di esse re accorpati ad altri servizi. In altri, come il Seri di Ostia, per ragioni di risparmio economico ma anche, si direbbe, per confusione mentale di chi li gestisce, funzionano da “punto dì riferimento” per un numero molto grande e diverso di soggetti con esigenze le più disparate: immigrati, drogati, poveri, handicappati, malati di mente. Il Governo evidentemente non distingue. Esemplare anche il caso del Sert di Roma E. in via Fornovo: «L’edificio è stato venduto per ripianare alcuni debiti della Asl - ci racconta un medico che ci lavora da vari anni e che accetta di parlare a patto di restare anonimo - Il trasferimento del Sert è certo ma non sappiamo dove siamo destinati. Il nostro di stretto di tossicodipendenze verrà probabilmente soppresso». Perché tanto accanimento? «Il nostro lavoro non è mai stato apprezzato: la nostra impostazione è soprattutto medica, ci occupiamo di extracomunitari, di controlli su malattie infettive, ma il via vai dì immigrati che entrano ed escono dal nostro Sert non è giudicato bello da vedere in questo quartiere “bene” di Roma. Altra specialità è la psichiatria, facciamo doppie dia gnosi, ci occupiamo dei tossicodipendenti anche dal punto di vista della concomitanza con malattie mentali E nel quartiere nessun caso di droga fra i residenti? «Molti, soprattutto legati alta cocaina, alla concomitanza fra eroina e cocaina, ma il fenomeno probabilmente è più esteso di quanto non appaia al nostro osservatorio. Non tutti vengono da noi». Come medici, psichiatri. operatori sanitari del Sert dove sarete ricollocati? «Sul piano personale è proprio questo il fatto più pesante, non lo sappiamo, nessuno finora si è preso la briga di avvertirci».
RISPARMI STUPEFACENTI
Meno investimenti in prevenzione e nella riduzione del danno. Nelle regioni di destra la “punizione”sta già producendo disastri

LO PSICHIATRA
“Il carcere? Un delitto”

“L’assunzione di una sostanza stupefacente - spiega lo psichiatra Andrea Masini, primario del Centro diurno di Via Vaiano a Roma - non può in nessun caso causare una schizofrenia. Può accadere semmai evidenzi una patologia che c’era gi e che comunque sarebbe prima o poi venuta fuori”.
Nel Centro diurno vi occupate di pazienti psicotici. Capitano mai ragazzi che fumano spinelli?
È un fatto frequentissimo. I ragazzi schizofrenici spesso hanno avuto esperienze con il fumo. Come i ragazzi normali. Qua si tutti i giovani, oggi, hanno provato uno spinello.
Considera la cannabis tossica?
In un certo senso sì, perché modifica temporaneamente i processi mentali e di pensiero. La droga leggera lo fa in modo leggero. Ma insomma non mi sentirei di consigliarne l’uso.
Un’alterazione che provocano anche certi psicofarmaci...
Quando prescriviamo gli psicofarmaci facciamo la stessa operazione che fa un ragazzo che assume sostanze. Dietro c’è la cultura della droga. L’idea che un farmaco, un oggetto esterno, possa magicamente e rapidamente, senza alcuno sforzo, restituirci quello che abbiamo perduto in termini di affetti, di pensiero, di emozioni. E non esiste nessuna possibilità di restituire queste cose con dei farmaci.
Come deterrente alla droga serve il carcere?
Mandare un ragazzo giovane in carcere è un vero e proprio delitto. E criminalizzare le droghe leggere non fa altro che favorirne l’uso.