Corriere della Sera 31.12.03
La proposta francese di vietare il velo islamico nelle scuole pubbliche ha suscitato un'ondata di critiche in molte comunità musulmane e in diversi Paesi occidentali...
di Massimo Nava
PARIGI - La proposta francese di vietare il velo islamico nelle scuole pubbliche ha suscitato un'ondata di critiche in molte comunità musulmane e in diversi Paesi occidentali, Stati Uniti in testa, per una volta in sintonia nel denunciare un attentato alle libertà individuali e alla libertà religiosa e la tentazione, tipicamente francese, di ricorrere a un divieto dal sapore giacobino e anticlericale.
Per inciso, proprio ieri lo sceicco Mohammed Sayed Tantawi, una delle massime autorità dell’Islam sunnita, ha detto che il velo è un obbligo solo nei Paesi musulmani e che quindi la Francia ha diritto di vietarlo. Anche il dibattito apertosi in Francia risente di riserve e critiche che trapassano comunità e schieramenti politici. I «crociati» della laicità dello Stato avrebbero voluto un proibizionismo più marcato, le componenti liberal temono una reazione confessionale e quindi un'ostentazione provocatoria. Molti osservatori notano che il velo, più che coprire il capo delle allieve musulmane, è la foglia di fico su problemi che la Francia stenta ad affrontare: disagio delle periferie, fallimento dell'integrazione, crescente populismo xenofobo. Per comprendere meglio, qualche precisazione è d'obbligo. Non è vero che la Francia ha deciso di vietare il velo islamico, anche se questo è il messaggio percepito dall'opinione pubblica. Si tratta di una proposta avanzata dal presidente della Repubblica, Jacques Chirac, sulla base di una vasta indagine condotta da una commissione di saggi in rappresentanza di tutte le componenti culturali e religiose. La commissione non si è limitata a discutere di veli e crocefissi, ma ha evidenziato il nuovo paesaggio s pirituale di una società davvero multiculturale: ha indicato una strada di tolleranza e apertura, non di oscurantismo e repressione. Per esempio proponendo l'insegnamento della storia delle religioni nelle scuole e la possibilità di alimenti differenziati nelle mense. La proposta francese non si riferisce al solo velo islamico, ma a tutti i simboli religiosi esibiti con evidente ostentazione o finalità di proselitismo. Una legge, ancora da scrivere e approvare, restringe comunque il campo alla scuola pubblica secondaria, dove l'esigenza di una regola condivisa era particolarmente avvertita. Basti ricordare il dibattito lacerante, nella stessa comunità musulmana, fra allieve che considerano il velo un diritto, per ragioni di pudore e tradizioni religiose, e allieve che l o denunciano come un'imposizione di padri e fratelli fondamentalisti. E' probabile, come sostengono i critici, che una legge sia la risposta sbagliata e provochi effetti peggiori, ma nel processo alle intenzioni della Francia dovrebbe essere considerata almeno un'attenuante la volontà di garantire, con la liberté dell'individuo, anche l' égalité delle opportunità e la fraternité della convivenza civile, quindi la garanzia di un'offerta neutra e laica del servizio pubblico e soprattutto dell'istruzione. Negli ultimi mesi, la Francia è stata accusata di aver rotto il fronte occidentale per la guerra all'Iraq e di qualche eccesso di benevolenza nei confronti del mondo islamico, magari con l'opportunismo di tenersi buoni i musulmani di casa propria, la più grande comunità in Europa. Nello stesso tempo, il Paese si è trovato all'indice per manifestazioni endemiche di antisemitismo e xenofobia, fenomeni aggravati da tendenze nuove, come l'islamofobia che fa crescere l'estrema destra e l'antisemitismo di giovan i immigrati musulmani, soprattutto nelle scuole delle periferie. Oggi la difesa della laicità dello Stato, cornice di un Paese che da secoli è terra d'accoglienza per tutti, fa gridare all'attentato alle libertà individuali. In particolare dei musulmani, che trovano avvocati anche fra coloro che spesso denunciano l'oscurantismo del Corano e il rischio di estinzione della cultura occidentale. La legge sui simboli religiosi è probabilmente il riflesso della crisi d'identità di un Paese che s'interroga sulle proprie ambizioni, ma è strano che sia anche occasione di processi, come se un Paese sbagliasse a voler difendere i valori fondamentali della propria storia. Alla ricerca di se stessa, all'interno e sulla scena internazionale, la Francia si aggrappa alla storia passata (la Rivoluzione) e recente (de Gaulle). Può essere che questa scelta risulti anacronistica, come l'illuminismo e la «Vecchia Europa», ma i «giacobini» francesi continuano a credere che laicità e libertà non siano principi antitetici bensì pilastri di una moderna democrazia. E' questo il messaggio che la Francia lancia anche al mondo islamico, forse in modo meno traumatico delle libertà esportate con campagne militari.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
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