martedì 2 dicembre 2003

Stefano Pallanti (lo ricordate?):
«è vero, sono pericolosi, ma sì agli psicofarmaci ai bambini»

kataweb Salute
Adolescenti depressi, come aiutarli?
di Stefano Pallanti

(docente di Psichiatria all'Università di Firenze, direttore dell’Istituto di Neuroscienze di Firenze, e visiting associate professor alla Mount Sinai Hospital School of Medicine di New York)


Mio figlio ha sedici anni, e da circa un anno è cambiato. Molto cambiato. Era un ragazzo un po' timido ma con pochi amici assai fidati ed affezionati. A scuola se la cavava bene e con noi era affettuoso ed attento. Poi è cambiato. All’inizio andava ancora a scuola ma con fatica evidentemente crescente e con un rendimento peggiore. La notte ore e ore attaccato ad Internet oppure con la sua musica. Sempre più cupa. Adesso sono due mesi che non va più neanche a scuola: dice che non ce la fa. I medici mi dicono che è depresso. Siamo andati da uno specialista: soffre di depressione, una malattia vera e propria. Lo capisco adesso. Me l’hanno spiegato, senza drammi ma con una lacerante pena. Ha iniziato una psicoterapia e ci va due volte la settimana. Sono già tre mesi, ma le cose vanno peggio; oramai e l’ultima cosa che fa. Non esce e si fa negare al telefono quando qualche amico ancora lo cerca; sempre meno perché poi i ragazzi fanno presto a cancellarti dal giro. Di recente il medico mi ha anche proposto di iniziare una cura con farmaci antidepressivi. Ma è così giovane ed io sono perplessa. Ma davvero la depressione è una malattia da curare con le medicine anche in un adolescente? Grazie.

Stare vicino a chi soffre non è mai facile. Certamente essere il genitore di un adolescente che soffra di depressione è tra le esperienze più dure. E soprattutto volere bene ed assistere frustrati a questo penoso distacco dalla vita e continuare a voler bene, nonostante la rabbia per l’impotenza e la pena della sofferenza condivisa, è una delle prove più difficile alle quali si possa sottostare. Sono situazioni che spesso minano l’intera struttura della famiglia, sia quando coinvolgano tutti i componenti sia quando qualcuno se ne tragga fuori non condividendo il carico di infelicità.
Il nostro amore non serve, ed è necessario affidarsi a terapeuti esperti (anche se ci sembra di lasciargli un po’ del nostro ruolo) che ci diano indicazioni chiare. Ed è certamente complicato avere idee chiare. Anche a causa delle molte informazioni non fondate e non documentate che comunque ci rimbalzano intorno. La televisione in genere, e specialmente i “chat-show”, non ci rendono un gran servizio.
Esiste comunque una consistente letteratura controllata che incoraggia ad intraprendere cure farmacologiche.
Perché se si dovesse dare una risposta chiara e stringata, questa è SI.
Sì, la depressione, quando sia così grave come sembra dalla descrizione della sua lettera, è davvero una malattia, e dopo aver provato con una psicoterapia per tre mesi si deve, anche se si tratta di un adolescente, pensare ed intraprendere una cura con medicine.
E' anche vero che esistono differenze, sia per quanto riguarda il disturbo che la risposta alle cure tra la depressione nei bambini ed adolescenti e quella degli adulti.
Infatti già la diagnosi è più difficile, ed i sintomi vengono speso confusi con un “cambiamento di carattere” legato all’età. E poi il tono dell’umore più frequentemente è rabbioso che malinconico ed il comportamento è, conseguentemente, di rivolta o di ricerca di sensazioni rischiose. E talora questa ricerca del rischio malcela una inespressa disaffezione alla vita stessa: un'inconsapevole ricerca di morte. Altre volte, questa ricerca, queste idee sono esplicite. Su questo punto, la presenza di idee di morte ed i pensieri di suicidio, bisogna cercare di sapere il più possibile. Solo così si può prevenire il peggio. Spesso il giovane incontra prima le sostanze e lo sballo, piuttosto che qualcuno che lo ascolti.
Ma quando sia stabilita la diagnosi è anche giusto provare con interventi psicoterapeutici, che spesso coinvolgono anche i familiari.
Le linee guida per la cura della depressione negli adolescenti sono improntate ad una ragionevole cautela. E’ vero infatti che gli studi sino qui compiuti hanno documentato un'efficacia che è certamente inferiore a quella che si ha con gli adulti.
E molte sono ancora le cose che non si conoscono ancora. Ad esempio sino quando continuare la cura quando sia stata efficace, oppure quali siano gli effetti a lunghissimo termine sullo sviluppo di un sistema nervoso ancora in crescita.
Riassumendo, il punto attuale è questo: gli studi controllati con farmaci per la depressione nei bambini ed adolescente ci sono già, e sono abbastanza convincenti da fare sì che le linee guida delle maggiori associazioni scientifiche, in Usa come in Australia, abbiano recentemente posto le cure farmacologiche della depressione negli adolescenti in prima linea.
Ma poiché alcuni aspetti relativi agli effetti di queste cure restano da chiarire, emergono voci contrastanti. Maggiormente sulla stampa non specializzata piuttosto che su quella più propriamente scientifica. Ma gli stessi organismi ministeriali USA hanno predisposto misure che impongono, per ogni nuovo farmaco antidepressivo, la sua verifica ed efficacia anche in bambini ed adolescenti.
Ci son voluti questi provvedimenti poiché l’industria, al contrario di quello che si dice, non era molto incline ad impegnarsi in questo tipo di ricerca poiché potenzialmente rischiosa in termini di immagine. Sì, perché ogni volta che un farmaco viene, dopo prove sicure, approvato per l’uso nei giovanissimi, immediatamente, e ad orologeria, si scatena una campagna di stampa contraria.
Sicchè le industrie si son dette: meglio starne fuori. Ma il problema è troppo serio: il suicidio in USA (dove i dati sono accessibili) è la terza causa di morte tra gli adolescenti!
E quindi, con molto senso di responsabilità, gli organismi governativi anziché fare lo struzzo, pretendono maggiore chiarezza al fine di poter effettivamente poter contare, anche per quanto riguarda i giovanissimi, su di un presidio di prevenzione del suicidio e di cura della depressione che, almeno negli adulti, è il più effiace: i farmaci antidepressivi.
Quindi SI all’uso dei farmaci nei giovanissimi, ma si raccolgano ancora altre informazioni.

La stessa azione a livello dell’ormone della crescita (GH ) non è del tutto chiarita.
E’ infatti in corso una ricerca che coinvolge i maggiori centri specializzati in USA e finanziata dal governo americano, per chiarire tutti questi aspetti.
In questa ricerca il farmaco impiegato è la fluoxetina, il più vecchio tra i nuovi serotoninergici, ed anche quello che nel tempo, più ha fornito prove documentate di efficacia a breve termine, già molto convalidanti, ed ha già ricevuto l’approvazione dalla Food and Drug Administration (FDA) e può essere prescritto per i bambini ed adolescenti in USA.
A suo tempo la fluoxetina era stata oggetto di attacchi e squalifiche legate ad una presunta azione di “assopimento della volontà”, la cosiddetta Sindrome avolizionale nei bambini.
Successivamente si è documentato che questa riduzione dell’attività volontaria talora riportata nel corso della cura di giovanissimi non comportava rischi ed era del tutto reversibile con la sospensione della cura.
Adesso altre ombre riguardano la paroxetina, altro serotoninergico per il quale è stato riportato un incremento delle idee autolesive, in alcuni casi di giovani pazienti depressi. Idee per altro, come abbiamo già detto, purtroppo già spontaneamente presenti in corso di depressione; e non è facile capire se venga prima l’una o l’altra cosa.
Bisogna dire che in Italia poi la situazioine è ancora più complessa, non ci sono farmaci approvati per la depressione dei bambini ed adolescenti, a parte la sertralina, che però è approvata per alcuni disturbi d’ansia.
Quindi la decisione di curare un adolescente depresso con farmaci richiede una condivisione, delle informazioni prima e della scelta poi, ampia e documentata.

Ma, ripeto, quando si sia di fronte ad una forma depressiva maggiore, con sofferenza soggettiva, scadimento delle prestazioni educative e ricreative, ritiro sociale, certamente da fare.
Un solido sostegno alla cura con medicine della depressione tra i giovanissimi, che ancora una volta va contro la corrente del pettegolezzo mediatico, viene da un recentissimo articolo pubblicato sugli Archives of General Psychiatry, la maggiore rivista scientifica di Psichiatria, (Olfson et al. Arch Gen Psych 2003 Oct; 60 (10):978-982. che ha documentato come in quelle aree del paese in cui sia cresciuta negli ultimi 10 anni la prescrizione di farmaci antidepressivi per la cura della depressione degli adolescenti, i tassi di suicidio si siano ridotti. E non è davvero poco. Da questo importante e complesso lavoro scaturisce l’indicazione all’uso degli antidepressivi negli adolescenti depressi, soprattutto se maschi e di famiglie con reddito modesto.
La notizia è rimbalzata anche sulla prime pagine del New York Times, ma da noi se ne è parlato poco, troppo poco.