lunedì 15 dicembre 2003

storie dell'uomo
l'imposizione del cristianesimo a Milano

Corriere della Sera 15.12.03
LE FEDI IL CRISTIANESIMO DI AMBROGIO DOVETTE IMPORSI IN UN CONTESTO DI TRANSIZIONE, RICCO DI SPINTE CONTRADDITTORIE
Culti egizi, paganesimo, eresia ariana: qui c’era un puzzle religioso
di Gian Guido Vecchi


«Non da molto tempo la Chiesa milanese aveva introdotto questa pratica consolante e incoraggiante, di cantare affratellati, all’unisono delle voci e dei cuori, con grande fervore. Era passato un anno esatto, o non molto più, da quando Giustina, madre del giovane imperatore Valentiniano, aveva cominciato a perseguitare il tuo campione Ambrogio, istigata dall’eresia in cui l’avevano sedotta gli ariani...». La cronaca migliore delle tensioni religiose nella Milano del IV secolo la offre il più grande genio e scrittore della cristianità. È nelle "Confessioni" che Agostino, appena arrivato a Milano per essere battezzato con l’amico Alipio e il figlio Adeodato («frutto del mio peccato», scrive, salvo aggiungere con orgoglio e amore paterno: «Era appena quindicenne, e superava per intelligenza molti importanti e dotti personaggi...»), descrive lo stato d’animo della cristianità «ortodossa» alle prese con l’eresia, «vigilava la folla dei fedeli ogni notte in chiesa, pronta a morire con il suo vescovo, il tuo servo». Periodo ricco e convulso, il quarto secolo. Nell’anno 313, con l’Editto di Milano, Costantino aveva riconosciuto il cristianesimo come uno dei culti ammessi, i concili di Nicea (325) e Costantinopoli (381) avevano definito i capisaldi del Credo distinguendo l’ortodossia dalle credenze «eretiche» e nel 380, infine, l’editto di Tessalonica aveva fatto del cristianesimo la sola religione dell’Impero. Ma le eresie restavano più che mai vivaci, specie in una città ancora più cosmopolita di quanto non sia oggi, un crogiuolo di popoli e tradizioni, dallo gnosticismo al culto egiziano di Iside, «regina dagli innumerevoli nomi».
Lo stesso Agostino aveva aderito in gioventù al manicheismo. Ma è l’arianesimo a preoccupare più di tutti il vescovo Ambrogio. Ario negava la «consustanzialità» di Padre e Figlio che si sarebbe definita una volta per tutte a Nicea. Ma l’arianesimo prospera e a Milano il momento di massima tensione comincia giusto nel 386, l’anno prima del battesimo di Agostino. La corte imperiale, filo-ariana, insedia un vescovo ariano ed esige una basilica per il culto, i soldati arrivano a circondare la basilica Portiana. Dietro tutto questo c’è una questione essenzialmente politica, oltre che religiosa: gli ariani sono tutt’uno con la corte, Ambrogio rivendica con forza l’indipendenza della Chiesa dal potere imperiale in materia di culto.
Dopo il battesimo, nella notte di Pasqua tra il 24 e il 25 aprile 387, Agostino farà ritorno in Africa. L’inizio del quinto secolo vede la nascita di capolavori che fondano il pensiero cristiano, dalle "Confessioni" (400) al "De Trinitate" (400-416) e il "De Civitate Dei" (413-426). La lotta alle eresie si fa serrata - ariani, manichei, domatisti, pelagiani. Negli occhi c’è sempre l’esperienza milanese, i fedeli che custodivano l’ortodossia pregando nelle chiese, «là mia madre, ancella tua, che per il suo zelo era in prima fila nelle veglie, viveva di preghiere. Noi stessi, sebbene freddi ancora del calore del tuo spirito, ci sentivamo tuttavia eccitati dall’ansia attonita della città».

Corriere della Sera 15.12.03
L’incontro lento tra un pastore e un innovatore
di Armando Torno


L’incontro tra Ambrogio e Agostino dobbiamo immaginarcelo lento, meditato. Per due anni, tra il 384 e il 386, il futuro autore delle "Confessioni" ascoltò le prediche al popolo di questo vescovo dal corpo gracile e dallo spirito indomabile. Al battesimo del 387 ci arrivò costruendo la sua fede ogni giorno, cercando di lasciarsi alle spalle i turbolenti scolari di Cartagine, le illusioni del sapere dell’Accademia che aveva toccato con mano a Roma (Cicerone e Carneade non cercavano la verità ma il più probabile), la poca moralità dei manichei e infine la retorica. Agostino tornò alla fede della fanciullezza, ma con l’energia che gli ha insegnato Ambrogio. Ambrogio offre ad Agostino una fede forte, sebbene la cultura del discepolo sia ancora permeata dal materialismo manicheo. Crede, ma non conosce la pace intellettuale. È ad esempio convinto che Dio sia spirito, ma non riesce a concepirlo in tal modo; avverte l’importanza della libertà, ma non capisce come sia possibile. Il suo camminò si illuminerà leggendo le "Enneadi" di Plotino. Nel VII libro delle "Confessioni" egli ci racconta la discesa nel suo intimo: «Entrai e vidi con gli occhi dell’anima, qualunque fossero, vidi al di sopra di essi e al di sopra della mia intelligenza una luce immutabile». Capì anche che ogni sostanza, in quanto tale, è buona e che il male altro non è che la privazione del bene: per questo non può essere un primo principio. Intuì infine - e questa è la forza che gli dà Ambrogio - che tutte queste considerazioni possono anche diventare superbia. Il vescovo di Milano gli aveva anche instillato il bisogno di accordare gli atti dell’esistenza con le risorse della fede. Ci sarà poi un momento in cui la sua vita si confonderà con le opere, mentre quella di Ambrogio sarà un modello pastorale. Agostino è un oceano di idee, di contaminazioni, di suggerimenti per tutta la storia che verrà; quando Ambrogio lo convertì non c’era ancora una teologia latina vera e propria, dopo Agostino saranno necessari secoli per interpretarla, applicarla, viverla. Senza Agostino la filosofia occidentale sarebbe più povera di idee intorno al tempo, al male, all’utopia. Insomma, avrebbe parlato diversamente di Dio. Petrarca e Lutero, il giansenismo di Pascal e molte intuizioni rinascimentali (Platone si lesse sovente passando dalle sue pagine), solo per fare clamorosi esempi, sarebbero diversi senza Agostino. Infine, le riflessioni di Heidegger sull’essere e la temporalità prendono le mosse da lui, da questo santo che capì l’importanza di cambiarne la concezione. La vera sconfitta del paganesimo sarebbe passata appunto attraverso una diversa visione del tempo. Impossibile valutare a fondo la sua opera. L’editrice Città Nuova di Roma il prossimo anno terminerà di pubblicare tutto quanto Agostino ci ha lasciato, sia nel testo originale latino sia - per la prima volta - in traduzione italiana: saranno circa 50 mila pagine. Chi avrà la pazienza di sfogliarle, si accorgerà che anche una semplice lettura dei titoli dei paragrafi equivale a un ripasso della civiltà occidentale.