La Stampa 15 Dicembre 2003
INCONTRO CON ABDELWAHAB MEDDEB, LO STUDIOSO FRANCO-TUNISINO DIRETTORE DELLA RIVISTA «DÉDALE»
L’illuminismo può guarire l’Islam
di Francesca Paci
TORINO. SAMUEL Huntington: chi era costui? «I fondamentalisti hanno sfidato l’Occidente trent’anni prima che il luminare americano teorizzasse lo scontro delle civiltà». Parola dello studioso franco-tunisino Abdelwahab Meddeb, che a Parigi dirige la rivista internazionale "Dédale" e insegna letteratura comparata all'università di Paris X-Nanterre, in Italia per presentare il suo ultimo saggio "La malattia dell’Islam" (Bollati Boringhieri). La tesi della contrapposizione culturale però, non esaurisce le forze in campo. «C’è un secondo conflitto che lacera dall’interno il mondo musulmano, laici contro radicali. La posta in palio è l’interpretazione del Corano e il controllo di un miliardo di persone». Ieri, nella Striscia di Gaza, 20 mila palestinesi hanno ricordato il sedicesimo anniversario del movimento di resistenza islamica Hamas invocando la Jihad, la guerra santa. Altri sognano la pace disegnata a Ginevra.
L’Islam è malato d’integralismo, diagnostica Maddeb. «L’unico antidoto è l’Illuminismo, che ha guarito già il Cattolicesimo dall’intolleranza religiosa». Sembra facile. La comunità del Profeta Maometto comprende il premio Nobel per la pace Shirin Ebadi e l’imam di Fuengirola Mohamed Kamal Mostafa, autore del decalogo su come picchiare la moglie indomita. «La chiave di volta è la contraddizione. L’Islam dell’età dell’oro sapeva produrre civiltà talmente elevata da assorbire le sacre scritture. Innovazione e tradizione in gioco dialettico fino alla sintesi dei filosofi Averroé e Avicenna» E oggi? «I nostri giovani sono istruiti ma non hanno cultura. Le università del Cairo, Casablanca, Algeri, non producono scienza dal XVII secolo e la tecnica appresa dai ragazzi negli atenei occidentali diventa nelle loro mani un’arma di vendetta». Come l’attentato dell’11 settembre alle Torri Gemelle di New York.
La Francia assorbe il colpo dei figli ribelli delle banlieu che rivendicano la liberté dell’orgoglio musulmano e rende legge la laicità dello Stato. Una misura saggia, secondo Maddeb. Ma fuori tempo massimo. «Il rischio della deriva dogmatica accompagna la storia dell’Islam dall’inizio, come l’antigiudaismo. Sapevate che già ai tempi del Profeta gli ebrei renitenti al nuovo messaggio venivano emarginati? Fino alla nascita d’Israele la corrente umanista ha sempre avuto la meglio. Nel 1948 è cambiato tutto: l’Islam radicale ha coniugato la frustrazione del mondo arabo per l’espropriazione della propria terra con la peggior lezione del nazismo europeo. Da allora la situazione è rovinata». Un’ipotesi audace: l’Islam avrebbe riscattato dunque la cattiva coscienza antisemita dell’Occidente? Il professore scuote preoccupato i folti capelli tagliati a Parigi, cortissimi sulla nuca e scalati intorno al volto: «L’Islam ha dichiarato guerra al resto del mondo perché protettore del suo nemico sionista. L’attuale caccia all’ebreo avviene nel nome di Allah». Una prospettiva ribaltata rispetto a quella degli attivisti filopalestinesi che una settimana fa sul sito israeliano di Indymedia apparentavano il premier Ariel Sharon ad Adolf Hitler.
La malattia dell’Islam è contagiosa, ammonisce Abdelwahab Meddeb. Dall’Europa al Medio Oriente. «In Israele cresce una corrente ortodossa che va in direzione opposta alla grande cultura ebraica del passato ed apre le porte all’integralismo». Non ci sono molte alternative: «Un nuovo Illuminismo internazionale o l’allargamento dello scontro delle civiltà».
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