lunedì 12 gennaio 2004

a Berlino
la commemorazione di Rosa Luxemburg

Corriere della Sera 12.1.04
Alla commemorazione della fondatrice del partito comunista tedesco, presenti anche l’ultimo leader della Ddr e Bertinotti
Garofani rossi e nostalgia: Berlino in coda per la Luxemburg
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE


BERLINO - «Die Toten mahnen uns», i morti ci ammoniscono, è scritto sull’immenso menhir di granito che sovrasta il memoriale. Sarà per questo, perché prendono alla lettera quelle parole, che centomila berlinesi (secondo gli organizzatori, ma per la polizia erano 25 mila) tornano qui spontaneamente tutti gli anni? O è perché dentro quel cerchio di pietra, è seppellita una delle poche memorie condivise dalla città senza ombre? Accade ogni inverno, al cimitero di Friedrichsfelde, nel cuore della ex Berlino Est. Nessuno li organizza, nessuno li invita. Ma a commemorare Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, i due fondatori del Partito comunista tedesco trucidati dalle squadre criminali della destra (chiamata dai socialdemocratici allora al governo) e gettati nella Spre il 15 gennaio del 1919, i centomila non mancano mai. Da quando, con la caduta del Muro e la fine del regime di Honecker, è finito anche il plumbeo rito della dittatura, questo è l’appuntamento del cuore di un popolo composito. Museo in marcia di ogni nostalgia marxista, è vero, denso di cariatidi e sopravvissuti. Ma non soltanto questo. Folla di ogni età e ogni impegno: anarchici e autonomi, giovani no-global e maturi pensionati, intellettuali socialdemocratici e immigrati clandestini, rocchettari e studenti dell’Ovest, gli stessi che in questi giorni girano nudi per le vie del centro, protestando contro i tagli ai fondi per l’Università.
E’ una di quelle mattine berlinesi prive di colore e gonfie di pioggia che non vuol diventare nevischio. Una banda di fiati alterna marcette a l’Internazionale. Gli altoparlanti diffondono musica classica. Il primo atto vede protagonisti i leader della Pds, il partito erede della Sed di Honecker, insieme ai loro ospiti stranieri, giunti a Berlino per tenere a battesimo il neocomunismo europeo.
C’è Gregor Gysi, stella di una breve stagione, ex senatore all’Economia del governo berlinese, un comunista che piaceva agli imprenditori, prima di tornare a far l’avvocato: «Dopo tante condanne del socialismo - dice - questa forte presenza è anche un modo per ricordare che, insieme a pagine oscure, ci furono persone, le quali pagarono con la vita il loro impegno per la giustizia sociale. Il socialismo aveva ideali forti e questo appuntamento annuale vuole dimostrarlo». «Rosa e Karl sono di tutti, non appartengono a nessuno», spiega Lothar Bisky, l’altra icona, quella ortodossa, della Pds.
Certo, anche Gysi e perfino Bisky avrebbero sicuramente preferito che, proprio accanto a Rosa Luxemburg, non fosse seppellito anche Walter Ulbricht, il dittatore che volle il Muro e inflisse il suo tallone di ferro ai tedeschi dell’Est. Sarà solo per ragioni di spazio, ma i garofani rossi piovono a migliaia anche sulla targa col suo nome.
Fausto Bertinotti guarda con compiaciuta sorpresa il serpente di donne e uomini, che girano disciplinati intorno al cerchio del memoriale, depongono il loro fiore e si allontanano: «In questo Paese, e non soltanto nel popolo della sinistra, la memoria è un elemento fondamentale dell’esistenza individuale. Ed è difficile trovare un’immagine più pulita e indiscutibile, priva di ogni elemento negativo, di quella di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht». Il Bertinotti politico riprende subito il sopravvento: «Ma il percorso della memoria esprime anche un grande bisogno di futuro, di fronte alle incertezze prodotte dalla rivoluzione capitalistica conservatrice, che chiamiamo globalizzazione».
Sulla scalinata di granito, la nostalgia segue con i suoi eterni volti di pietra, le ambizioni movimentiste di Bertinotti, Gysi, Rita Gagliardi e compagni. Ecco avanzarsi, appena uscito dalle patrie galere, il faccione di Egon Krenz, l’ultimo leader della Ddr, quello che si vide letteralmente crollare il Muro addosso. Fa capolino anche Markus Wolf, l’ex uomo senza volto, la spia che ispirò Le Carré e rovinò, stupidamente come poi ammise, la carriera a Willy Brandt.
Pochi chilometri più in là, sulla ex Stalin Allee oggi ribattezzata Frankfurter, ha inizio il secondo atto. Il grande corteo si snoda lungo la strada più monumentale di Berlino, in direzione di Friedrichsfelde. E la memoria stinge nella protesta. E’ una sintesi di tutte le ansie, che attraversano il Paese in questo inverno dello scontento, mentre il governo socialdemocratico disbosca, pezzo dopo pezzo, il leggendario Stato sociale tedesco. «Soldi per l’educazione, non per le armi», dice un cartello. In verità, il cancelliere, in questa fase, di denari ne ha pochi o punti per l’uno e per l’altro scopo.